Metamorfosi urbana a Varese: alle nove fonti del Nifontano la sorgente della sanità varesina
La 43esima puntata della rubrica di Fausto Bonoldi conclude il "trittico degli ospedali" varesini
Ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, la rubrica “Metamorfosi urbana” vi racconta le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta, ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata“
Metamorfosi urbana, quarantatreesima puntata: alle nove fonti la sorgente della sanità varesina
Il 15 maggio del 1173, frate Alberto da Bregnano fondò al Nifontano l’ospizio che è considerato il primo ospedale varesino. La cura dei malati non era la missione esclusiva del ricovero aperto dal religioso appartenente all’ordine degli Umiliati, mossi dalla volontà di offrire un riparo a pellegrini e viandanti, ma l’assistenza sanitaria era implicita nel luogo scelto, le “nove fonti”, preziose per assicurare l’igiene. Del resto, nello stesso periodo, frate Alberto fondò un altro ospedale a Molina di Barasso (dove sorge tutt’ora l’edificio affiancato alla chiesa di Sant’Ambrogio) nei pressi del “fontanone”. Il “presidio ospedaliero”, dopo alterne vicende, cessò la propria funzione alla fine del Cinquecento, quando l’arcivescovo Carlo Borromeo ne dispose la fusione con l’ospedale di San Giovanni, che sorgeva nei pressi della basilica di San Vittore.
L’ospedale del Nifontano aveva al suo interno un oratorio dedicato ai due patroni, San Tommaso Becket, l’arcivescovo assassinato nella sua cattedrale di Canterbury per ordine del re d’Inghilterra Enrico II, di cui contrastava la politica antiecclesiastica, e San Giovanni Evangelista.
Nel 1754, i reggitori del Venerando ospedale dei poveri, sviluppo dell’antico ospedale di San Giovanni, al fine di tenere vivo il ricordo del capostipite dei nosocomi varesini, commissionarono, secondo quanto scrive lo storico Luigi Borri, a Giovanni Battista Ronchelli, il grande maestro di Cabiaglio, un affresco che rappresentasse i due santi.
L’opera, pur ammalorata, è rimasta al suo posto fino a quando, con l’apertura del viale Europa, gli edifici in cui aveva sede l’ospedale del Nifontano sono stati sottoposti a una radicale ristrutturazione. Secondo una ricerca compiuta dall’amico Giuseppe Terziroli, nel 2005 ciò che restava dell’affresco fu coperto da una mano di intonaco
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