Metamorfosi urbana a Varese: come è nato (e cresciuto) l’ospedale di Circolo

La 42esima puntata della rubrica di Fausto Bonoldi racconta le trasformazioni del "nuovo ospedale"

metamorfosi urbana: nascita e crescita dell'Ospedale di Circolo

Ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, la rubrica “Metamorfosi urbana” vi racconta le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta,  ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata

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Metamorfosi urbana, quarantaduesima puntata: come è nato (e cresciuto) l’ospedale di Circolo

Un contributo di 5 milioni di lire dell’epoca, deliberato nel 1903 dalla Cassa di risparmio delle provincie lombarde, presieduta dal varesino ingegner Giuseppe Speroni, per migliorare la sanità regionale consentì alla città di Varese di dotarsi, nel 1910, di un moderno ospedale che sostituì l’antico Ospedale civico di piazza Giovine Italia-via Donizetti, di cui abbiamo scritto il 20 dicembre scorso.

Dal momento della costruzione, il primo edificio è stato alzato di due piani e ospita tutt’ora ambulatori e reparti dell’Asst (Azienda socio-sanitaria territoriale) Sette Laghi. Per la struttura del nosocomio fu preso a modello il Royal Victoria Hospital di Belfast.

Dal secondo decennio del Novecento prese avvio una costante espansione del nuovo ospedale sulla collina occupata dal parco di Villa Tamagno. Nato civico, vale a dire al servizio degli abitanti della città, l’ospedale divenne nel 1929 “di circolo”, quando fu destinato a ricoverare e a curare la popolazione di un ampio territorio che faceva riferimento a Varese, promossa due anni prima al rango di capoluogo di provincia.

Una svolta storica avvenne quindici anni fa: il 31 marzo 2007 fu inaugurato il nuovo monoblocco, sorto sulle macerie del padiglione “Macchi” e progettato a forma di “U”, come le “ville di delizia” del Settecento, dallo studio di architettura Enrico e Luca Villani per la società Tekne.

L’edificio, costruito con le più avanzate tecniche di edilizia sanitaria, è un volume compatto che, nonostante le dimensioni considerevoli, risulta rispettoso dell’ambiente circostante. Dei numerosi edifici sorti nel parco di Villa Tamagno, il secondo a cadere, dopo il padiglione intitolato ai grandi benefattori Emma Zonda e Silvio Macchi, progettato dagli ingegneri Aurelio Bianchi e Riccardo Bozzoli e operativo dal primo gennaio 1930, fu, il 28 febbraio del 2011, il padiglione ospedaliero, finanziato dalla famiglia Bassani, che dal 1965 aveva ospitato l’efficiente pronto soccorso diretto dal dottor Ermanno Montoli e il primo reparto di rianimazione istituito dal professor Emilio Bortoluzzi.

Sulle macerie del PS è stato edificato il primo “monoblocchino” a cui, in un prossimo futuro, se ne dovrebbe aggiungere un altro, un “day center” al quale saranno sacrificati l’edificio che in origine ospitava la clinica “Santa Maria” e quello del padiglione geriatrico. Quando fu inaugurata, il 14 dicembre 1963, alla presenza dell’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo, era la “modernissima clinica Santa Maria del Monte”, oggi è talmente ammalorata che occorrerebbero quattro milioni di euro solo per metterla a norma.

Una riflessione analoga hanno fatto i dirigenti sanitari per il padiglione geriatrico “Giuseppina e Achille Cattaneo”, costruito grazie alla donazione della famiglia proprietaria della Conciaria Cornelia e inaugurato il 17 giugno del 1960. Appare segnata anche la sorte del padiglione “Dansi-Boffi”, completato nel 1953 con la donazione di Armando e Laura Dansi ma sorto nel 1933 su progetto degli architetti Federico Talamona e Aurelio Bianchi.

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Pubblicato il 04 Gennaio 2022
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