Il silenzio surreale della mattina dopo a Morazzone, nel borgo del tragico omicidio

La fotografia del borgo, e dei suoi abitanti prima dell'arrivo dei giornalisti, dove del delitto non c'era ancora traccia

Morazzone - Omicidio Morazzone

Nella cascina di via Cuffia, che prende il nome dalla storica frazione di Morazzone, nella mattina dopo il terribile omicidio il silenzio è surreale.  All’ora di pranzo, poi, in quella corte si scatenerà il delirio mediatico: ma ai primi cronisti che si presentano non sembra nemmeno di essere nel luogo di un delitto.

Quasi non ci si accorge infatti, tra le case che erano coloniche, che è successa tragedia cosi immane. Anzi, qualcuno nemmeno lo sa: all’inizio della via, chiediamo notizie a una signora anziana che si affaccia dal balcone, che ci risponde «No, ma cos’è successo? Qualcosa di brutto?». Non abbiamo il cuore di dirglielo noi, che è successa una cosa bruttissima. Lo saprà, poi, dai telegiornali.

Nemmeno il primo colpo d’occhio del cortile del delitto mostra segni di un tragedia così enorme: macchine parcheggiate, finestre chiuse addobbate per Natale. Solo arrivando al centro si nota, in fondo ad un portico, mezzo nascosto da una scala, il nastro e l’avviso della procura della Repubblica, che ha sigillato la porta dove è stato ritrovato il povero corpo del figlioletto.

I vicini, in quella casa di corte, sono diversi, ma non sempre c’è voglia di parlare.
A descrivere, per quel che possono, la situazione, ci prova una coppia di dirimpettai: «Abbiamo visto le luci blu delle sirene in cortile intorno a mezzanotte, ma di primo acchito abbiamo pensato al vicino che stava sopra di loro, che è malato – ci spiegano – E’ stato quando ne sono arrivate altre che abbiamo cominciato a preoccuparci, e abbiamo capito la situazione».

Del bambino non sanno molto: «Era qui da pochi giorni, quindi non possiamo dire nulla. Anche del padre sappiamo poco, semplicemente lo vedevamo. Sapevamo che era ai domiciliari per un’aggressione. In compenso conosciamo il nonno, che è una persona molto gentile, davvero per bene. Certo che una cosa del genere non doveva capitare, è incomprensibile accanirsi su un bambino, sul proprio figlio poi».

Tutto intorno cani che abbaiano nelle casette e quell’atmosfera di antico borgo ancora vivo, che non smette di essere abitato: un luogo tranquillo in un paese tranquillo, che da oggi in poi sarà ricordato per un omicidio tanto drammatico quanto efferato.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 02 Gennaio 2022
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