“Unire i puntini”: serve uno sguardo globale per prendersi cura dell’autismo

Sembra una formula semplice ma presuppone che la persona autistica venga considerata nella sua globalità, compresa la complessità biologica sottostante. L'importanza del nuovo sguardo raccontato dalla dottoressa Cristina Panisi

convegno spazio blu autismo

Sono persone, da considerare nella loro globalità. Oltre ai comportamenti che caratterizzano l’autismo, c’è una sottostante complessità biologica da conoscere e rispettare. È questo il messaggio potente che esce dal seminario “La ricerca scommette sul cervello” ospitato al Salone Estense di Varese il 18 febbraio scorso. Studiosi, clinici, ricercatori si sono confrontati sugli scenari che emergono dalla evidenza scientifica. “Unire i puntini, cioè integrare le prospettive da cui i diversi ricercatori e clinici osservano l’autismo”.

SULL’AUTISMO C’E’ DISCREPANZA TRA LE CONOSCENZE SCIENTIFICHE E I MODELLI DI ASSISTENZA

Così ha sintetizzato efficacemente la dottoressa Cristina Panisi, Direttore medico-scientifico di Spazio Blu Varese ONLUS e pediatra, Ph.D in psicologia, neuroscienze e statistica medica e direttore scientifico dell’evento. «Per l’autismo, oggi assistiamo ad una profonda discrepanza tra la conoscenza scientifica e il modello di assistenza alle persone. C’è una frattura che va colmata quanto prima, innanzitutto sul piano culturale».

SAPER LEGGERE LA SOFFERENZA È IL PRIMO PASSO PER PRENDERSI CURA

Capire il comportamento di un bambino o di un adulto autistico vuol dire saperlo guardare nella sua complessità e in relazione all’ambiente, valutarne i cambiamenti repentini, le espressioni del volto, le posture, gli atti improvvisi«E’importante verificare se questi comportamenti siano reazioni a una condizione di malessere fisico – commenta Panisi – Essere informati sui possibili disturbi organici consente un’osservazione critica da parte degli educatori e dei medici. Saper leggere la sofferenza in chi abbiamo accanto è il primo passo del “prendersi cura”, sul piano psicopedagogico tanto quanto quello sanitario. Andare “oltre ciò che appare” non sempre è facile. Infatti, le peculiarità comportamentali delle persone autistiche possono fuorviare anche osservatori esperti, con alto rischio di prendere fischi per fiaschi e sottostimare frequenti e gravi problemi di salute. A questo errore diagnostico se ne sovrappone spesso un altro, cioè un eccessivo ricorso a psicofarmaci, prescrizione impropria se maschera sintomi di sottostanti malattie organiche. Considerata la centralità di questi temi, è importante includerli nei percorsi formativi, superando una tradizionale quanto insensata conflittualità tra la prospettiva biomedica e quella psicopedagogica».

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La dottoressa Panisi

LA STORIA DI LEO E DEI PUNTINI CHE HA UNITO ATTORNO A SE’

A unire i puntini di un percorso di cambiamento è Leo, un bambino preso in carico da Blu lefoto id=1282658] di Fondazione Sacra Famiglia. Il dolore di Leo – per anni inascoltato – è stato il fil rouge per costruire un modello di assistenza nel quale le competenze in ambito medico e psicoeducativo sono strettamente integrate, in un confronto interdisciplinare che mette al centro il diritto alla salute e la dignità della persona.

L’INTERVENTO PRECOCE CHE CORREGGE GLI SQUILIBRI METABOLICI E IMMUNOLOGICI

Il secondo elemento cruciale sottolineato durante il convegno è la precocità dell’intervento: «Le conoscenze riguardanti la plasticità del sistema nervoso nella vita fetale e nei primi due anni di vita spingono nella direzione di una correzione precoce degli squilibri metabolici e immunologici. Attualmente abbiamo conoscenze che potrebbero essere “messe a sistema” da domani. Queste azioni potrebbero attenuare, o addirittura prevenire, il disturbo del neurosviluppo. In ragione dell’alta e crescente prevalenza dell’autismo, il potenziamento delle strategie preventive rivolte alla gravidanza e ai bambini molto piccoli dovrebbe essere tra le priorità del nostro sistema sanitario».

LE FAMIGLIE CHIEDONO PERCORSI INNOVATIVI

Le famiglie sono sempre più consapevoli della complessità dei bisogni di salute dei propri figli. Per questo chiedono l’avvio di percorsi innovativi, basati sull’integrazione delle competenze e dei servizi. «Di contro, c’è una certa resistenza, un approccio consuetudinario che si fa fatica a scalfire. Il rischio della chiusura al cambiamento è duplice: oltre a trascurare fondamentali bisogni di salute, la mancanza di risposte spinge molte famiglie verso autogestioni non prive di rischi. Davanti ad uno scenario che deve cambiare velocemente – commenta la dottoressa Panisi –  occorre investire di più sulla formazione professionale, rinnovando i contenuti e allineandoli alle attuali conoscenze scientifiche».

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UN CORSO DI ALTA FORMAZIONE PROMOSSO DALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA E HOLOS IMPRESA SOCIALE

Proprio per raggiungere questo scopo, partirà a breve un Corso di Alta Formazione, promosso dall’Università Cattolica e Holos Impresa Sociale, in collaborazione con Fondazione Sacra Famiglia ONLUS e Fondazione Renato Piatti ONLUS.

La formazione è rivolta a tutte le figure – sanitarie, psicopedagogiche e neuroriabilitative – coinvolte nel percorso di diagnosi e assistenza delle persone nello spettro autistico, proponendo strumenti per realizzare una autentica interdisciplinarietà.

In altre parole, prima di focalizzarsi su “deficit di comunicazione” delle persone autistiche è importante che ciascuno, nella ricerca come nella pratica clinica, rifletta sul proprio desiderio di comunicare e interagire con gli altri. Le persone autistiche, prima di tutto, hanno bisogno di questo.

Per chi volesse approfondire il dibattito dell’incontro “La ricerca scommette sul cervello” può rivedere la registrazione di tutti i contributi sul canale Youtube https://www.youtube.com/watch?v=ALL7RUHQYns

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Alessandra Toni
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Pubblicato il 02 Marzo 2022
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