Il viaggio del gas, dalla Russia alle nostre tasche

Ricostruire la filiera del gas, dall'approvvigionamento alla vendita, fornisce una chiave di lettura della guerra in Ucraina

Economia generiche

Quando ero piccolo il gas stava nelle bombole. Se non c’era quella di scorta, bisognava stare attenti a non rimanere senza. Nonna Elisa era una maga in questo. Sollevava il bombolone ed era come se avesse una bilancia incorporata. Sapeva esattamente quante polente e minestre mancavano alla fine. Mi ricordo come, trasportando quelle vuote e quelle piene, mi resi conto che anche il gas pesa. A parte questo non sapevo molto del gas. Ci sono troppe cose da cui dipende la nostra vita che non conosciamo fino a quando scopriamo amaramente che le diamo per scontate: la salute in primis, e molti beni materiali come l’acqua del rubinetto, l’aria pulita, l’elettricità, la connessione a internet e anche il gas. (nella foto un gasdotto in Alaska Foto di David Mark da Pixabay )

In Italia, circa il 50% del gas che consumiamo è per uso domestico, il resto industriale, e arriva a destinazione in seguito a una serie di passaggi di compravendita e distribuzione che vengono indicati come filiera del gas. Facciamo insieme il viaggio del gas. Prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico, il gas naturale si trova, in natura, allo stato fossile, insieme al petrolio e al carbone, o da solo in giacimenti esclusivi. Viene anche prodotto dai processi di decomposizione in corso in paludi, discariche e durante la digestione negli animali, uomo compreso. Infine, viene liberato nell’atmosfera anche dall’attività vulcanica. È formato da una miscela di idrocarburi gassosi, il cui componente principale è il metano.

La storia del suo utilizzo è molto antica. Dopo le prime notizie di Plutarco sulle esalazioni a Delfi nel VII secolo a.C., si passa ai cinesi che, nel IV secolo a.C., perforavano il suolo alla ricerca di gas naturale che usavano per far bollire l’acqua marina e ricavarne il sale. In un manoscritto dello storico cinese Chang Qu, datato 347 a.C., viene descritto uno strano gas che poteva essere usato per illuminare. I cinesi furono i pionieri nel trasporto di gas naturale dai giacimenti fino ai villaggi grazie a tubazioni costruite utilizzando canne di bambù.

Con un balzo passiamo al XVIII secolo quando inizia l’utilizzo per l’illuminazione delle strade in Inghilterra. In seguito, alla fine del 1800, Peter Desaga, l’assistente di laboratorio di Robert Bunsen, un chimico tedesco, inventa uno strumento (il becco di Bunsen) che permette la combustione controllata del gas naturale, mischiandolo con aria nelle giuste proporzioni, e ne apre l’utilizzo come fonte di calore in diverse applicazioni, dalla cottura dei cibi al riscaldamento di case e uffici.

La differenza principale tra gas naturale e petrolio è sostanzialmente la forma fisica. A parità di volume, a pressione e temperatura ambientali, il gas contiene mille volte meno calorie rispetto al petrolio. A differenza del petrolio che viaggia tranquillamente sulle navi, la principale difficoltà sino ad oggi riscontrata per l’utilizzo del gas naturale consiste nel trasporto. Una volta estratto dai giacimenti, viene immesso in grandi condutture, i gasdotti, che si diramano in strutture sempre più ridotte per raggiungere gli utenti finali. Spinto inizialmente dalla sua stessa pressione, deve però essere costantemente sospinto da stazioni di pompaggio inserite lungo il percorso. Infine, prima di essere immesso nelle condutture urbane, il gas, in natura inodore e incolore, viene deliberatamente miscelato con sostante («odorizzanti») appartenenti a due tipologie di composti chimici, il TBM o terziarbutilmercaptano, o il THT o tetraidrotiofene, al fine di rendere all’olfatto una sensazione di cattivo odore, indispensabile per evitare sacche di gas esplosivo.

L’alternativa alle tubature è l’utilizzo di navi per il trasporto di gas naturale liquefatto (metaniere), un sistema a costi produttivi e di gestione molto più alti, perché è necessario costruire impianti di liquefazione vicino ai giacimenti, rigassificatori nelle regioni di consumo ed eventuali gasdotti e stazioni di pompaggio.

COME ARRIVA IL GAS A DESTINAZIONE LA FILIERA DEL GAS

La filiera comprende tutte quelle attività che intercorrono fra il momento in cui il gas viene estratto ed il momento in cui accendiamo la nostra caldaia o il nostro fornello.

Approvvigionamento.

La prima fase della filiera è costituita dalla produzione (oppure estrazione sul territorio nazionale) e dall’importazione di gas naturale. Gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Transizione ecologica rivelano che, nel 2020, l’Italia ha importato circa 66 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui il 43% dalla Russia, (una dipendenza crescente, rispetto al 27% di 10 anni fa), seguita dall’Algeria (23%) e dalla Norvegia (11%). L’Eni è il cliente numero uno nel mondo della Gazprom russa. Nello specifico, le importazioni di gas entrano in Italia attraverso vari punti principali.

A Tarvisio giunge il Trans Austria gas pipeline (Tag), che attraversa l’Austria partendo dalla Slovacchia, la quale trasporta il gas dai gasdotti Progress e Soyuz che partono dalla Russia, passando per l’Ucraina. A Mazara del Vallo, in Sicilia, giunge il gas proveniente dall’Algeria con il gasdotto “Enrico Mattei” (Transmed) di 2475 km che attraversa la Tunisia. Il Greenstream con 520 km porta il gas libico a Gela, in Sicilia. Il terzo punto di entrata è il Passo del Gries in alta Formazza, tra l’Italia e la Svizzera, dove si trova il punto di interconnessione con la rete nazionale di Transitgas, il gasdotto proveniente da Norvegia e Olanda. All’inizio del 2021, si è aggiunto il Trans adriatic pipeline (Tap), che partendo dall’Azerbaijan e passando per la Turchia, la Grecia ed i Balcani, dopo 870 km, approda alla spiaggia di San Foca, a Melendugno nel Salento. Infine, ci sono i tre centri di rigassificazione del gas naturale liquefatto situati a Panigaglia, Rovigo (Cavarzese) e Livorno.

Trasporto

Il trasporto di gas naturale viene assicurato da Snam Rete Gas che detiene il 94% della Rete di Trasporto. La rete di trasporto è suddivisa in rete Nazionale (circa 8.800 km) e rete Regionale (oltre 22.600 km), che collega la rete nazionale ai centri di consumo (punti di consegna). Il passaggio dalla rete primaria a quella locale è accompagnato da un decremento della pressione del gas che passa da una pressione superiore ai 70 bar fino a quella di circa 1 bar o meno prevista per le utenze domestiche.

Stoccaggio e dispacciamento

Lo stoccaggio di scorte di gas naturale è l’attività che consente la gestione dei picchi di domanda sul mercato. Infatti, durante i periodi invernali, la domanda di gas per alimentare il riscaldamento nelle case aumenta considerevolmente in maniera imprevedibile. L’attività di dispacciamento consiste nell’organizzazione della rete in modo tale da garantire un equilibrio tra domanda ed offerta ed assicurare la fornitura a tutti i consumatori. Inoltre, l’attività di stoccaggio garantisce la disponibilità di quantità di gas strategico, con l’obiettivo di sopperire a eventuali interruzioni o riduzioni degli approvvigionamenti extra – UE, o di superare crisi temporanee del sistema gas.
I campi di stoccaggio vengono ricavati dai giacimenti prossimi all’esaurimento. Snam, attraverso la controllata Stogit, gestisce 9 impianti di stoccaggio (Brugherio, Bordolano, Cortemaggiore, Fiume Treste, Minerbio, Ripalta, Sabbioncello, Sergnano e Settala) che agiscono in sinergia con le altre infrastrutture di trasporto e rigassificazione, contribuendo alla sicurezza energetica del Paese.

Vendita all’ingrosso

L’attività di vendita all’ingrosso viene svolta dagli shipper, i quali acquistano il gas da importatori o da produttori nazionali e lo rivendono a clienti finali (industrie o centrali termoelettriche) oppure a società di vendita al dettaglio. Questa attività è stata liberalizzata ed oggi è tra le fasi più frammentate in termini di numerosità di operatori, della filiera del gas.

Distribuzione

La distribuzione prevede la consegna del gas naturale ai clienti finali (punti di riconsegna). Si tratta quindi del tragitto tra il punto di consegna (fine della fase di trasporto, alta pressione) ed i clienti finali. La distribuzione è un’attività di servizio pubblico, gestita da 700 distributori, la cui concessione avviene tramite gara pubblica e regolata da un contratto di servizio.

Vendita al dettaglio

L’attività di vendita al dettaglio viene gestita dalle società di vendita o Trader. L’attività consiste nell’acquistare il gas dai grossisti e rivenderlo ai clienti finali. Prima della liberalizzazione la filiera del gas era caratterizzata dal monopolio verticalmente integrato di Eni. Dal 1° Gennaio 2002 il monopolio di Eni è stato soggetto al tetto massimo alle quote di mercato di produzione ed importazione di gas naturale imposto dal decreto legislativo 164/2000. Le società distributrici, compresa Eni, hanno separato l’attività di distribuzione da quella di vendita, affidando ciascuna attività ad una società diversa. Dal 1° gennaio 2003 i clienti domestici possono scegliere liberamente a quale società di vendita ed a quali condizioni comprare il gas. Il distributore locale, rimane lo stesso anche se si è deciso di cambiare società di vendita.

L’andamento del prezzo del gas

Il mercato del gas è articolato in diverse piattaforme. La maggior parte delle transazioni avvengono al Punto Virtuale di Scambio (PSV) gestito da Snam Rete Gas, grazie al quale gli operatori abilitati possono acquistare e vendere i quantitativi di gas naturale che vengono immessi nella rete nazionale. Analogamente all’energia elettrica anche il prezzo del gas nel mercato all’ingrosso è un indice del prezzo della materia prima gas che i fornitori possono proporre ai clienti finali: il suo andamento si ripercuote inevitabilmente sulle tariffe al metro cubo, sia su quelle del mercato tutelato sia del mercato libero. L’arbitraggio tra il costo di acquisizione minore dai contratti a lungo termine e il prezzo prevalente corrente permette forti attività speculative, non dissimili da quelle sui derivati finanziari. Ricordiamo che il prezzo della materia prima gas è solo una parte della bolletta, il cui prezzo finale dipende anche da altre componenti come la spesa per il trasporto del gas, per la gestione del contatore e infine le tasse.

La risposta alla domanda del “perché Putin abbia invaso l’Ucraina proprio adesso”, è da ricercare nelle dinamiche del mercato energetico mondiale. Dalla metà del 2014, fino all’inizio della pandemia globale nel 2020, il gas russo è stato venduto a meno di 10 dollari per milione di unità termiche britanniche metriche, spesso a meno di 5 dollari. Nel 2017, 2018 e 2019, il predominio della Russia sui clienti di gas in Europa occidentale era più debole e le sue risorse finanziarie per sopportare le perturbazioni del mercato erano state minori. Tuttavia, essendo il mercato del gas ciclico, i prezzi bassi degli anni 2010 hanno scoraggiato gli investimenti in nuove forniture, ponendo le condizioni per prezzi più alti negli anni 2020. Quando l’economia mondiale ha iniziato a riprendersi dalla prima pandemia, così ha fatto anche il prezzo del gas. Il costo del gas russo sui mercati spot ha superato i 10 dollari per milione di BTU metriche nel giugno 2021, poi 15 dollari, poi 20 dollari, fino ad arrivare, adesso, a circa 30 dollari. Tali prezzi più alti hanno permesso alla Russia di costruire enormi riserve di dollari, euro e oro. Le partecipazioni superano ora i 630 miliardi di dollari, che costituiscono una scorta impressionante per un Paese con un PIL di soli 1,5 trilioni di dollari. Nel 2022, il potere della Russia sui clienti del gas è all’apice e le sue risorse finanziarie sono enormi.

Le alternative

La Russia è il secondo esportatore mondiale di gas naturale (e il terzo di petrolio). L’Italia non è l’unica a dipendere dal gas russo. L’Europa ne dipende per circa il 40% delle importazioni di gas naturale, che perlopiù arriva tramite i gasdotti Yamal-Europe, che attraversa la Bielorussia e la Polonia fino alla Germania, e il Nord Stream 1, che va direttamente in Germania, e tramite l’Ucraina. La Germania dipende al 49% dal gas russo, poiché ha chiuso quasi tutte le sue centrali nucleari e mira a eliminare il carbone entro il 2030. Il nuovo gasdotto Nord Stream 2 di Gazprom che dalla Russia attraversa il Baltico per portare il gas alla Germania, riscaldando 26 milioni di case tedesche, è stato al centro delle relazioni diplomatiche della Germania con la Russia da quando è stato annunciato nel 2015. La costruzione del gasdotto, lungo 1.200 km, è stata completata l’anno scorso, ma il flusso di gas non è ancora stato avviato. Adesso, il futuro del progetto è a rischio, in quanto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha interrotto drasticamente l’approvazione del progetto, il 22 febbraio.

Come sostituire il gas russo? Secondo Paolo Scaroni, esperto del settore intervistato da Giovanni Minoli, ci sono varie opzioni che ci permetterebbero di riequilibrare il mix energetico. A breve, riattivando le piccole centrali spente e gli impianti a gasolio ridurremmo il fabbisogno di 10 miliardi di metri cubi; e si potrebbe immaginare di aumentare la produzione nazionale da 3 a 15 miliardi all’anno solo con i giacimenti già scoperti. Mentre a medio termine, potrebbe aiutare sostituire il gas nelle produzioni di acciaio con l’idrogeno, come previsto dai fondi del PNRR; aumentare la quota di GNL con altri 3 rigassificatori; raddoppiare il TAP e le forniture africane e gestire meglio lo stoccaggio con un sistema integrato europeo. Commenta l’ex AD di Eni: «La situazione di dipendenza che abbiamo dalla Russia è una costruzione fatta negli ultimi 30 anni dagli italiani con il loro voto, con il loro modo di esprimersi. Non hanno voluto il nucleare, non hanno voluto lo sfruttamento del nostro gas domestico, non hanno voluto i rigassificatori, dicono no anche alle rinnovabili. Ci siamo costruiti il problema da soli. Gli italiani devono capire che l’energia è un bene indispensabile per la libertà».

Possono queste strategie indebolire il potere negoziale russo? Improbabile.

La Cina: tra i due litiganti…

Gazprom già dal 2014 ha firmato un accordo di 30 anni e 400 miliardi di dollari per fornire direttamente fino a 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno alla Cina attraverso il gasdotto Power of Siberia, le cui consegne sono iniziate alla fine del 2019. Negli ultimi mesi, quando i flussi di Gazprom verso l’Europa sono stati limitati, le spedizioni verso la Cina erano regolarmente al di sopra dei volumi contrattuali giornalieri. All’inizio di febbraio, inoltre, la Russia ha raggiunto un nuovo accordo di gas con la Cina per forniture dirette di 25 anni di 10 miliardi di metri cubi all’anno dai giacimenti dell’Estremo Oriente. Infine, questa settimana, la Russia ha annunciato la firma del contratto di progettazione del gasdotto Soyuz Vostok che, attraverso la Mongolia, arriverà in Cina: un’infrastruttura che potrebbe trasportare fino a 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno verso il gigante asiatico. I cinesi hanno messo le mani avanti anche sul fronte del gas liquido. Nel 2021, la Cina ha conquistato il primo posto come maggiore importatore mondiale di gas naturale liquido e hanno prenotato la maggior parte della capacità di GNL del pianeta.

Il viaggio del gas è terminato. Ma non è l’unica cosa che sta per terminare. Il colmo è che gli esperti ritengono che entro pochi decenni questa preziosa risorsa sarà destinata ad esaurirsi perché, come per il petrolio, ne stiamo consumando in pochi decenni tutte le scorte accumulate nel corso dell’evoluzione geologica del pianeta che abitiamo.

“Il sole, che non è soggetto ai monopoli e non paga la bolletta, è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani”, Carlo Rubbia.

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Pubblicato il 04 Marzo 2022
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