Il 25 aprile a Gallarate, uno sguardo alla Liberazione e il pensiero all’Ucraina e alla pace
La celebrazione al cimitero e il corteo per le vie della città, con molte bandiere diverse. In molti interventi il tema della guerra. Ripulita subito la "pietra d'inciampo" sfregiata da una svastica
Anche a Gallarate, sullo sfondo del 25 aprile, non si può che vedere il tema enorme della guerra in Ucraina e della pace da conquistare. Un tema ritornato a più riprese, a fianco dello sgomento per l’atto vandalico che ha colpito la “pietra di ciampo” per Vittorio Arconti, posata solo due giorni fa (oltraggiata da una svastica nella notte tra 24 e 25, è stata ripulita subito).
Alla celebrazione ufficiale del giorno della Liberazione, al cimitero di viale Milano, l’esordio è stato per Maia Chirea, studentessa del liceo Scientifico, che ha preso e fatto rivivere le parole partigiano Bruno Frittaion, assassinato a inizio 1945, a 19 anni.
Il sindaco Andrea Cassani ha voluto ripercorrere le radici diverse della Resistenza, la nobilitazioen contro l’occupante e le aspirazioni di alcune componenti, nella lotte del periodo 1943-45, in cui «non fu risparmiato nessun contesto, montagna e pianura, realtà urbane e paesi, civili e uomini in armi», compresa Gallarate, che ebbe deportati come Arconti, partigiani caduti, patrioti incarcerati. Cassani ha richiamato anche il contesto d’oggi, la guerra, «oggi anche a Gallarate abbiamo decine di profughi». Cassani ha citato anche Indro Montanelli: «Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente».
L’orazione ufficiale curata come sempre da Anpi è stata affidata a Ilaria Mascella che ha salutato la folla presente «finalmente dopo due anni» (di parentesi per pandemia) e ha preso le mosse dall’articolo 11 della Costituzione, quello che dice che “’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Il discorso è stato una appassionata difesa del ruolo di Anpi, di fronte alle polemiche dell’ultimo mese: «Noi siamo Partigiani, che oggi come ieri, significa prima di tutto scegliere da che parte stare,
parteggiare. E noi, di Anpi, da sempre, parteggiamo per la pace, perché ci crediamo in quell’articolo 11, ci crediamo davvero nella Costituzione, che ripudia, mi perdonerete se sono ripetitiva, la guerra come risoluzione delle controversie internazionali, invitando, a costo di limitare la propria sovranità nazionale, alla costruzione di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni che aderiscono al progetto europeo, idea che mal si accompagna con i nazionalismi e i patriottismi esasperati degli ultimi tempi; e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte ad assicurare la pace.
All’interventismo di troppi, continuo a preferire il motto “se vuoi la pace, prepara la pace”; e per preparare la pace, anche in casa nostra, prima che la tifoseria, come al solito, ci travolga, sarebbe bene cominciare a considerare le opinioni diverse dalle proprie come opportunità di confronto e di sviluppo di un pensiero critico, perché il pensiero unico, che sia quello più vicino al mio ideale o a quello di qualsiasi altra persona non è sinonimo di democrazia».
«Chiediamo inascoltati e ridicolizzati trattative e diplomazia» ha continuato Mascella. «Rifiutiamo categoricamente la guerra in Ucraina, rifiutiamo categoricamente la guerra in Siria dove il Rojava ancora resiste, quella in Yemen. Condanniamo i risultati, disastrosi, della guerra in Afghanistan e Iraq».
Dopo il momento principale il corteo si è mosso verso il monumento alla Resistenza di largo Camussi e il monumento ai Caduti di piazza Risorgimento, un po’ silenzioso a causa della assenza della banda (solo in piazza si è accennato l’inno di Mameli alla tromba e si è cantato Bella Ciao), accompagnato da molte bandiere, dei partiti, dei sindacati, delle associazioni, molte dell’Europa, un grande vessillo Anpi.
Una delegazione è poi ritornata ancora in largo Camussi, dove si è cantato e sono stati diffusi anche l’inno ucraino e quello russo, come auspicio di pace.
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