In bici fino alla cima del San Martino per ricordare la prima battaglia della Resistenza

Diversi piccoli gruppi domenica 24 aprile si riuniranno nel "Giro partigiano", fino alla cima del massiccio montuoso tra Valcuvia e Lago Maggiore. Il luogo della prima grande battaglia in Lombardia nel 1943

Rinasce il rifugio del San Martino

Dalle città fino al Monte San Martino: domenica 24 aprile 2022 un gruppo di ciclisti seguirà – in bici – le orme dei primi partigiani, quelli che salirono sulla montagna teatro di una delle primissime battaglie della Resistenza italiana.

«Un gruppo che si forma da paesi e città diverse, fino a riunirci nel tratto finale per salire al San Martino» racconta Giovanni Bloisi. Noto come “ciclista della memoria” per i suoi viaggi (ad Auschwitz, in Israele, in Ucraina e Russia…), alla vigilia di un nuovo viaggio Bloisi si è imbarcato anche in questa operazione, il “Giro partigiano” nato insieme ad altri ciclisti attenti alla memoria della Resistenza.

Bloisi è presidente dell’Anpi di Varano Borghi-Lago di Comabbio e proprio da Varano partirà con altri due amici. «Altri partiranno da Tradate, altri dall’Alto Milanese. Ma il giro è aperto a tutte le persone che si vogliono aggregare».

Due in particolare i punti di ritrovo per chi volesse presentarsi: un gruppo si ritroverà a Solbiate Olona al centro commerciale Iper alle 8.30 di domenica mattina, da lì si farà un percorso che misura, tra andata e ritorno, 123 km, con 1910 metri di dislivello in ascesa. Altro punto di ritrovo in cui aggregarsi è Elko Spazio Kabum a Varese: se si parte da qui il percorso sarà di 63 km, comunque impegnativo per dislivello.

Il San Martino, la prima battaglia della Resistenza in Lombardia

La scelta del San Martino è altamente simbolica: qui ci fu una delle prime battaglie della Resistenza, quella combattuta dai militari-partigiani del “Gruppo 5 Giornate”, che nel nome riprendeva l’ideale risorgimentale, la lotta contro l’occupante tedesco.
Il colonnello Carlo Croce, che guidava quel gruppo, si trincerò nei camminamenti della Linea Cadorna, intorno al Monte San Martino, e sfidò i tedeschi, che attaccarono con il sostengo dei fascisti che si erano schierati a fianco dell’occupazione straniera.

Generica 2020
I militari-partigiani del San Martino circondati da militi tedeschi della Zollgrenzschutz, la guardia di frontiera schierata al confine con la Svizzera anche per impedire la fuga degli ebrei

Quella prima battaglia campale fu persa e (a dire il vero in modo forse un po’ ingeneroso) tramandata in molti testi come un errore. Altri hanno sottolineato il valore morale di quella prima, coraggiosa sfida in campo aperto ai tedeschi. È vero che molti di quei soldati finirono fucilati, ma molti riuscirono a sfilarsi dall’accerchiamento, grazie ai passaggi della linea Cadorna e alla vicinanza con la Svizzera, ben valutata dal colonnello Croce.

Memori di quella vicenda, alcuni tornarono in Italia con in testa l’idea di lottare in modo diverso: con la guerriglia, la tecnica del mordi-e-fuggi, le imboscate e gli atti di sabotaggio, non in una lotta solo nazionale ma anche sociale, in collegamento con gli operai, la popolazione. Tra loro c’era Sergio De Tomasi, che divenne partigiano clandestino, fu poi catturato e deportato e a lungo è stato instancabile testimone dell’antifascismo. Ma lo stesso colonnello Croce rientrò dalla Svizzera verso la Valtellina (morì a Bergamo dopo esser stato ferito e torturato dalle SS).

Sulla strada verso San Martino al culmine in Valcuvia
Il monte San Martino

In bicicletta sui luoghi della Resistenza

Per questo il San Martino è stato scelto come luogo simbolico dal “Giro partigiano” (così anche il nome della pagina Facebook di riferimento; altro contatto staffetteresistenti@gmail.com).
«Vorremmo partire da questo giro di domenica per proporre poi anche altri giri che si prendano cura della memoria, dei cippi che ricordano il sacrificio dei partigiani».

Bloisi, dal punto di vista individuale, sta ripercorrendo tutti i luoghi delle maggiori stragi di partigiani, civili ed ebrei in Italia, con il suo viaggio pluriennale (ripartirà a breve).
Sono migliaia i segni della memoria in tutta Italia, cippi, targhe, pannelli, sacrari, alcuni anche recenti. Ricordano i ragazzi che presero le armi, i soldati deportati che morirono in Germania pur di non giurare all’illegittimo governo fascista di Salò, i civili che collaborarono a prezzo della vita, gli operai che scioperarono per la pace e per fermare la guerra.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 22 Aprile 2022
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