Multidisciplinarietà e interventi appropriati: così all’ospedale di Varese si curano i tumori del fegato

Il dottor Sergio Segato, primario di gastroenterologia, spiega l'importanza del gioco di squadra, un approccio in grado di ridurre la mortalità. Quali sintomi, fattori di rischio e percorso terapeutico

dr sergio segato ed equipe gastroenterologia - foto asst Sette Laghi

Multidisciplinarietà e rete. Non solo locale, ma allargata per rispondere a tutti i bisogni. È così che il dottor Sergio Segato, Direttore della Struttura complessa di Gastroenterologia all’Asst Sette Laghi ha impostato il suo lavoro.

Negli ambulatori medici si vedono spesso patologie oncologiche importanti. Sono casi con alto tasso di esito infausto.
Ma diagnosi 
precoce, pluralità di cure mirate e una rete di differente livello di intensità di cura sono le strategie che l’ospedale di Varese ha messo in campo per migliorare gli esiti della presa in carico.

« Parliamo, per esempio, del tumore del fegato – racconta il primario varesino – uno dei tumori più frequenti ( quinta causa di tumore al mondo ) e spesso con una prognosi sfavorevole. Nel 90% dei casi , infatti, il tumore si sviluppa in un fegato già malato di cirrosi e questa malattia spesso non permette di utilizzare le diverse terapie disponibili . Esiste anche un piccolo gruppo di paziente in cui l’epatocarcinoma si sviluppa in un fegato non cirrotico : si tratta dei portatori del Virus B dell’epatite e di paziente con il “fegato grasso”, condizione in continuo aumento nei paesi occidentali ».

Fare diagnosi precoce non è semplice: « La cirrosi può essere silenziosa. Ma, dal momento in cui viene individuata , è raccomandabile il controllo ecografico semestrale capace di evidenziare i piccoli noduli del fegato, possibili espressioni tumorali. L’indagine successiva che permette di capire se si è in presenza di un tumore maligno , in genere, non avviene tramite biopsia del tessuto, ma con una tac con liquido di contrasto che mette in luce le caratteristiche particolari proprie dei noduli cancerogeni. Solo in assenza di queste caratteristiche, si procede con la biopsia».

Con la diagnosi precoce, la terapia è di diversi livelli. « Gastroenterologi, radiologi interventisti, chirurghi, medici nucleari e oncologi discutono il caso e poi definiscono la migliore terapia. La termo ablazione che utilizza sonde che trasmettono calore, la chemioembolizzazione che utilizza micro particelle che chiudono i vasi del tumore e portano in loco un farmaco, la radioembolizzazione che usa microparticelle radioattive di ittrio che colpiscono la zona malata, sono tutte metodiche che mirano a eliminare il tessuto neoplastico. Si entra in sala chirurgica per una resezione quando l’estensione del tumore, la gravità della cirrosi e le condizioni generali del paziente lo permettono – spiega ancora il dottor Segato – Ci confrontiamo con i colleghi della Chirurgia Generale all’ospedale di Varese e , quando indicato, siamo nelle condizioni di ricorrere anche al trattamento più avanzato della patologia che è un trapianto di organo; attiviamo la rete di contatti con l’Istituto dei Tumori, il Policlinico di Milano e l’Ospedale di Niguarda. La nostra presa in carico è globale: chi si affida al centro di Varese sa di poter contare su di un ventaglio di opzioni curative totale perché anche ciò che non si fa direttamente al Circolo di Varese, si effettua in altri centri specializzati uniti nella stessa rete. Per finire non vanno trascurate le possibilità offerte dai nuovi farmaci chemioterapici nelle forma più avanzate e la disponibilità di Cure Palliative».

« Esiste, dunque, una squadra multidisciplinare che studia, si confronta e definisce la terapia migliore per ciascun caso – assicura il dottor Segato – questo dibattito, dove concorrono i diversi punti di vista per individuare la strategia migliore, dà risultati, in termini di sopravvivenza, decisamente superiori ».

Le malattie del fegato sono spesso silenti e la diagnosi incidentale : « Gli esami del sangue possono rilevare qualche indicatore anomalo e l’ecografia, eseguita per un altro motivo, segala alterazioni della struttura epatica – spiega ancora il primario – Diciamo che l’età media in cui il fegato più spesso diventa cirrotico è dopo i 50 anni, per una storia di uso o abuso di alcol o come evoluzione una epatite virale. Come già detto, un fattore di rischio in costante crescita, è l’evoluzione del fegato grasso. Gli stili di vita sono importanti nella prevenzione: limitare alcol, fumo e sovrappeso».  

Ma non solo per il fegato, attenzione va posta anche ad altri tumori del tubo digerente, in particolare al tumore del colon« Abbiamo un’ottima campagna regionale di screening per il tumore del colon. È’ semplice e assolutamente efficace. Viene inviato a casa l’invito ad aderire e a prendere il kit per la ricerca del sangue occulto nelle feci ; i pazienti in cui il test è positivo vengono invitati successivamente ad eseguire una colonscopia. Questa campagna è efficace nella prevenzione e permette di identificare e rimuovere gli adenomi, che sono i precursori del cancro, ed evitare che si trasformino. Lo screening riduce la mortalità. Purtroppo, però,  la risposta da parte della popolazione è inferiore al 50%.  Scarsa attenzione per un esame che può davvero salvare la vita».

Leggi anche l’intervista al dr Segato sul tumore che ha colpito Fedez

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 07 Aprile 2022
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