Il valore delle cooperative sociali non si misura solo con i bilanci

Operano sul mercato ma ricoprono un ruolo che va ben oltre i numeri. Per questo la cooperazione sociale ha molto da offrire a chi è alla ricerca di un senso nel proprio lavoro

Economia varie

«Ho scoperto che volevo fare la progettista sociale durante l’università. È la versione socialese, cioè con un’anima e con il nostro bisogno di senso, del project manager». Quando si parla di lavoro nella cooperazione sociale, è l’inciso di Marta Fontana (foto) a fare la differenza. Le tecniche del project management sono sempre le stesse e si possono anche comprare sul mercato. Il resto, l’anima e la ricerca di senso, no. Fanno parte di un bagaglio personale e di un percorso che è fatto di tanto studio e consapevolezza del proprio posto nel mondo.
Marta Fontana è diventata responsabile della progettazione dopo un diploma al liceo linguistico, una laurea triennale in Scienze sociali per la globalizzazione alla Statale di Milano e una magistrale su progettazione e gestione delle politiche dei servizi sociali, a cui ha aggiunto un master all’Università dell’Insubria in tecniche di fundraising, organizzato dalla Fondazione Comasca.
Oggi, a 31 anni, lavora nella cooperativa sociale “Il seme” di Como, che fa parte di Confcooperative Insubria, dove si occupa di inserimento lavorativo di persone con disabilità.
 «La figura del progettista sociale non è così usuale nelle cooperative – spiega Marta Fontana -. Io stessa ho conosciuto questa figura durante il mio percorso. Quando la risorsa e l’obiettivo sono le persone, il lavoro assume un aspetto multidimensionale, questo significa avere una composizione particolare che integra più competenze comprese quelle ingegneristiche, nel nostro caso in campo informatico. Il risultato è interessante perché si realizzano modelli ibridi».

LA COOPERAZIONE SOCIALE E IL MERCATO

Alle cooperative sociali viene ribadito con insistenza che bisogna comunque stare sul mercato, come se  non fosse già la loro condizione di partenza. «È difficile spiegare cos’è la cooperazione sociale – sottolinea la cooperatrice – ancor di più quando stai sul mercato con il 30 per cento di lavoratori disabili. Eppure noi lo facciamo». La “mano invisibile” del mercato fatica non poco ad “afferrare” il valore generato da questo settore sia in termini economici che sociali. Anche di fronte alla grande resilienza e capacità di risposta ai bisogni della società dimostrate durante l’ultima crisi pandemica.

NUMERI IMPORTANTI

I numeri generati dalla cooperazione sociale rivelano il ruolo strategico e sussidiario svolto da queste imprese nella società. Secondo il Rapporto 2020 della Fondazione Compagnia di Sanpaolo, le oltre 20mila cooperative sociali italiane danno lavoro a circa 500mila persone per un fatturato di 16,3 miliardi di euro, svolgendo per un buon 51% servizi socio-sanitari ed educativi.
I loro servizi toccano trasversalmente ampie fasce della popolazione, di diversa estrazione ed età. «Nelle nostre realtà ci sono biografie interessanti – continua Marta Fontana – perché la disabilità può toccare tutti, basti pensare agli eventi traumatici. Ci sono poi i problemi legati alla questione di genere, con donne che non hanno indipendenza economica e sono costrette a vivere situazioni limite. In tutti questi casi la dimensione della cooperazione sociale abilita ed emancipa la persona, facendo emergere un’identità, perché lo status che conta è essere socio di un’impresa comune».

DIVENTARE ATTRATTIVI PER RIMANERE STRATEGICI

Quello ricoperto dalle cooperative sociali è dunque un ruolo strategico che per rimanere tale ha bisogno di attrarre nuove risorse umane, profili in linea con il nuovo tempo. Una sfida che deve superare alcuni ostacoli, come la tradizionale autoreferenzialità di queste realtà, spesso necessaria nella fase di startup, e un contratto collettivo di riferimento non proprio attrattivo. «La riflessione sulla qualità delle risorse che il nostro mondo riesce ad attrarre è aperta da tempo – conclude Marta Fontana – e quelle due condizioni influiscono sull’attrattività del nostro settore. Detto questo, i giovani con nuovi profili a parità di condizioni possono essere valorizzati dai nostri modelli organizzativi e motivati da una responsabilità sociale d’impresa che non è teoria ma fa parte del nostro dna. La cooperazione sociale italiana è un settore dalle straordinarie potenzialità, un modello unico che non è secondo a nessuno».

Sociali e anche “social”, le cooperative evolvono ma i valori restano al centro

 

Confcooperative si presenta agli studenti dell’Insubria: “Apritevi a nuove prospettive”

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 24 Aprile 2022
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.