Ansia, depressione e disturbi relazionali: il disagio dei ragazzi che vivono la scuola

Ufficio scolastico di Varese e Università Cattolica hanno presentato un'indagine che ha coinvolto oltre 400 docenti. Dal loro percepito emerge la dimensione di un fenomeno preoccupante

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Un ragazzo su cinque vive la scuola con disagio per comportamenti violenti, più di uno su 4 riporta problemi legati a fenomeni di bullismo o cyberbullismo. Otto studenti su dieci sono dipendenti da internet, sette su 10 soffrono di ansia o depressione e 3 ragazzi su 4 hanno disturbi relazionali.

È la fotografia che emerge da uno studio condotto dalla ricercatrice Cristina Lisimberti dell’Università Cattolica di Milano che ha coinvolto 365 docenti delle scuole secondarie di primo ( 156) e secondo grado ( 209). Ne esce una fotografia che, pur basandosi sul percepito degli intervistati, delinea uno scenario delicato.

Ne hanno discusso in un convegno organizzato dall’Ufficio scolastico territoriale : “la povertà educativa nel contesto scolastico della provincia di Varese” a cui hanno preso parte le docenti dell’Università cattolica di Milano Katia Montalbetti e Cristina Lisimberti, Laura Caruso dell’Ufficio scolastico di Varese oltre alle istituzioni: il Presidente della Commissione Salute Monti, il consigliere regionale Astuti, la consigliera comunale Strazzi , l’assessore ai servizi educativi di Varese Dimaggio e il direttore dell’Ufficio scolastico Carcano.
Per Povertà Educativa si intende non una situazione che appartiene a una persona ma il risultato della mancata o insoddisfacente interazione tra le aspirazioni/bisogni di una persona e le opportunità/risorse che trova nel contesto. È una ferita profonda che si rivela a scuola in risultati non brillanti o in forme di comportamento difficili da gestire.

IN CINQUE ANNI SI SONO “PERSI” 450 RAGAZZI

La pandemia ha paralizzato molte attività di verifica e indagine della popolazione scolastica: i dati sulla dispersione scolastica sono fermi a 5 anni fa. L’ufficio scolastico territoriale di Varese ha utilizzato un indicatore legato alla popolazione studentesca prendendo a campione una coorte e seguendola nell’evoluzione nei cinque anni.  Tra l’anno scolastico 2017 / 2018 e quello 2021/2022 si sono persi più di 450 ragazzi passando da 8699 a 6242, Così le classi sono diminuite da 330 a 288.  L’anno peggiore è stato quello a cavallo tra il 2019 e il 2020 quando si è registrato un crollo di ben 17 classi.  

DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO E DEMOTIVAZIONE LE PRINCIPALI CAUSE

Dalle risposte dei docenti, che hanno partecipato al sondaggio, balza all’occhio, sommando le risposte abbastanza e molto, che il disagio scolastico è legato soprattutto al calo e alle difficoltà di apprendimento ( circa l’80% dei casi in entrambe le situazioni ) ma anche alla difficoltà di concentrazione ( 93%) e demotivazione ( 87%).
Collegate a casi più difficili, ci sono situazioni famigliari fragili dove emergono isolamento ( 53%), scarso confronto (45,5%), conflittualità famigliare ( 53%) e difficoltà economiche (55%).
La nota positiva, nel quadro preoccupato proposto dalla ricercatrice Lisimberti, è che il ritorno in aula pare abbia allentato almeno il disagio scolastico, con un 38% delle risposte che indicano il calo, a fronte di un 20% che, invece, lo ha trovato in crescita. Si esprimono più nettamente in questa direzione gli insegnanti del II grado. 

Altro dato positivo è che i docenti hanno intercettato in misura minore situazioni potenzialmente più allarmanti: come il caso della dipendenza da sostanze, non presente o limitata per 9 docenti su 10 (90,9%), dei comportamenti violenti (di livello scarso per l’80,3%), della dipendenza da gioco (80,8%) e dell’autolesionismo (82,3%).  Ma i dati cambiano a seconda che siano medie o superiori: alle medie è più alta la propensione al bullismo ( 25% abbastanza e 9% molto alle medie e 16,3% e 6,7% alle superiori). 

I DOCENTI SONO IN GRADO DI GSTIRE IL DISAGIO MA CHIEDONO PIU’ FORMAZIONE

Un altro elemento di fiducia è che le difficoltà adolescenziali rilevate non sembrano avere messo i docenti particolarmente in difficoltà: prevale infatti la modalità “poco” (53,7%), anche se più di un quarto degli insegnanti dichiara che questi comportamenti hanno inciso “abbastanza” sulla gestione della classe (26,8%) soprattutto perché i professori non si sentono del tutto preparati per affrontarle. Il bisogno formativo espresso conferma tale lettura: circa 1 docente su 3 lo avverte “molto” (29,6%) e quasi la metà “abbastanza” (44,9%). 

I docenti del I grado sembra aver incontrato e forse riconosciuto con maggiore intensità tutte le forme di fragilità proposte; sommando infatti le modalità “molto” e “abbastanza” raggiungono percentuali decisamente più elevate rispetto ai colleghi del II grado (I grado: difficoltà economiche 64,1%; conflittualità 58,3%; isolamento 57,1% vs II grado: difficoltà economiche 47,9%; conflittualità 48,8%; isolamento 49,8%) ad eccezione dell’opzione legata allo scarso confronto che invece è pressoché identica (I grado: scarso confronto 45,5% vs II grado: scarso confronto 45,4%). È ipotizzabile che con i ragazzi del I grado, a causa della loro giovane età e limitata autonomia, il collegamento con le famiglie sia più stretto ragione per la quale gli insegnanti incontrano in modo più visibile le diverse forme di fragilità familiare rispetto invece ai colleghi del II grado che interagiscono prevalentemente con i ragazzi; ciò non vale tuttavia per la forma di fragilità più strettamente legata alla gestione scolastica ovvero il confronto scuola-famiglia. 

DAL TERRITORIO POCO AIUTO ALLA SCUOLA

Data la fotografia, il convegno si è interrogato su cosa esista al du fuori della scuola per sostenere i ragazzi. Il questionario si è ancora, quindi, rivolto ai docenti per avere una dimensione, almeno percepita, dell’offerta e dell’efficacia nel contrastare disagio e abbandono.

Gli intervistati si sono espressi su strutture e servizi educativi, proposte culturali o sportivo/ricreative. 
Le risposte hanno messo in luce una realtà in chiaro scuro dove la gran parte dei docenti non ha conoscenza o percezione dell’offerta territoriale dei servizi educativi tanto che, 3 rispondenti su 10, scelgono la modalità di risposta “non so” in corrispondenza di tutti i criteri d’analisi (numerosità 27,9%; fruibilità 30,1%; efficacia 29,6%).  Nel complesso, il giudizio circa la capacità di risposta del territorio è critico : più della metà dei rispondenti (55,1%) è poco soddisfatta di ciò che il territorio propone mentre un terzo circa (30,7%) lo è abbastanza; va altresì rilevato che soltanto l’1,9% esprime un apprezzamento convinto. 

Dal seminario è stata ribadita la necessità di avviare un tavolo tecnico che riunisca, dal Prefetto, tutte le figure strategicamente coinvolte per dare risposte a un disagio dilagante e, soprattutto, per fermare l’emorragia di iscritti. Il tema è condiviso dalle reti formative professionali che possono intercettare e accogliere il malcontento per tramutarlo in opportunità. È, almeno, quello sui cui si vuole lavorare per dare un futuro definito a tutti i ragazzi. 

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Pubblicato il 19 Maggio 2022
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