Si attende giustizia per la tragedia di un anno fa sul Mottarone costata la vita a 14 persone

Era il 23 maggio 2021 attorno alle ore 12.30, quando i primi flash raccontarono di una tragedia che ha lasciato senza parole. Il ricordo delle vittime e il punto sulle indagini

Rimozione della funivia al Mottarone

Era l’ora di pranzo del 23 maggio 2021, esattamente un anno fa, quando le prime voci legate a qualcosa avvenuto “di là del lago”, al Mottarone, cominciarono a diffondersi anche in provincia di Varese, dove si fatica a pensare ad un’altra regione quando nelle giornate di cielo terso il “cupolino“ di quel monte ben distinguibile per l’antenna che si staglia dalla sommità risulta quasi a portata di mano, nel campo lungo del teatro alpino. Allora le prime info: agenzie e whatsapp, i flash e le chiamate: «Ci sono dei morti». Alla fine se ne conteranno 14, più un superstite, gravissimo, un bimbo salvatosi per miracolo grazie al corpo del padre che l’ha protetto fino all’ultimo, come poteva. Quello stesso bimbo che, parallelamente alle inchieste di giustizia partite subito dopo fu al centro di una disputa internazionale per l’affidamento e ora vive in Italia. L’altro fronte si diceva, quello delle giustizia, è ancora da farsi.

23 MAGGIO 2021 12.30

È uno di primi momenti in cui le famiglie riescono ad assaporare la libertà dopo il lockdown che ha fermato il paese, il secondo, quello della speranza collegato alla presenza del vaccino per il virus e alla possibile ripartenza che arriva alla fine di un inverno dove a governare era la voglia di stare all’aperto – come si è visto, altro forte antidoto contro la pandemia – : e allora perché non una bella gita al Mottarone? Aria buona, panorama fra i più belli al mondo, una gita in famiglia per una scampagnata. Ma qualcosa non va. La cabina che trasporta le 15 persone nella corsa cade dopo aver fatto una discesa precipitosa e senza freni, il corpo del mezzo si stacca dalle funi d’acciaio che avrebbero dovuto sorreggerlo e non lascia scampo: tutti morti, tranne due bambini, uno dei quali si spegnerà poco dopo.

IL DOLORE

La tragedia del Mottarone causò un enorme shock in tutto il Paese e nella provincia di Varese in particolare: cinque delle vittime erano residenti in provincia: un’intera famiglia di Vedano Olona, Elisabetta Personini, il figlio Mattia di 5 anni e il compagno Vittorio Zorloni; si sarebbero dovuti sposare di lì a poco: tutto spazzato via, gli sguardi delle foto coi sorrisi abbozzati i sogni infranti di normalità di una famiglia finiti nei pochi secondi che hanno lasciato senza parole un paese intero e segnato profondamente la comunità di Vedano dove il bimbo frequentava la scuola materna. Senza più lacrime, in silenzio, anche nella calda giornata di fine maggio a Varese, quartiere San Fermo, per dare l’addio alle altre due vittime varesine della strage, Alessandro Merlo e Silvia Malnati: la vita insieme, gli studi e i primi lavori, ragazzi molto giovani che sognavano anche loro un futuro rimasto lassù in montagna. Non sono stati i palloncini bianchi e azzurri di Vedano, ma le lacrime di amici e parenti di Varese ad accompagnare i ragazzi nell’ultimo viaggio, fuori dalla chiesa gremita fino ai malori per l’afa.

L’INCHIESTA

I carabinieri del comando provinciale di Verbania furono i primi ad arrivare sul posto assieme ai vigili del fuoco per raccogliere gli elementi embrionali utili a ricostruire quanto accaduto: vennero arrestati il gestore dell’impianto Luigi Nerini, il direttore di esercizio Enrico Perocchio e il caposervizio Gabriele Tadini, poi scarcerati, e ad ora risultano indagate 14 persone. Le ipotesi di reato sono di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, e l’avviso di conclusione indagini dovrebbe arrivare nelle prossime settimane: entro il 30 giugno si dovranno consegnare gli esiti delle perizie, per poi procedere alla prima udienza del processo, fissata per il prossimo 14 luglio. L’ipotesi su cui si basa la procura è che siano stati volutamente inseriti dei forchettoni per bloccare il freno sulla cabina. Ma non solo. Come ha di recente ricostruito il Corriere della Sera, risulta che mancassero le manutenzioni effettuate sulle funi che dal 2016 non venivano controllate. Proprio su questo punto la perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari prevede l’esame al microscopio elettronico dei trefoli, “i mazzi dei singoli fili d’acciaio che, intrecciati tra loro, costituivano la fune che trainava il carrello della cabina, al quale era agganciata attraverso la testa fusa, che è come un enorme pallino del filo del freno di una bicicletta“. Forse dell’acqua penetrata nella fune è riuscita a corrodere i fili oppure un agente corrosivo frutto delle lavorazioni metalliche non rimosso al termine del processo di produzione. Il pessimo stato della fune, sommato ai freni bloccati avrebbe causato la tragedia. Ma solo il processo lo potrà accertare con chiarezza, assieme alle responsabilità personali degli indagati.

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Pubblicato il 23 Maggio 2022
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