Spranghe, catene&co: l’armamentario dei varesini in trasferta per gli scontri di Bologna

Cosa si portano in macchina le frange del tifo violento: lo scrivono i giudici del tribunale di Bologna nelle motivazioni che vedono assolti alcuni “Arditi” coinvolti nella rissa del 2018 prima dell’arrivo del Paladozza

Generica 2020

L’unica cosa certa è l’armamentario saltato fuori da tre macchine per raggiungere la squadra del cuore, dal momento che l’identificazione alle fasi preparatorie degli scontri non è stata possibile, o meglio non definita credibile da parte del tribunale di Bologna che ha da poco depositato le motivazioni per il processo che vedeva imputati alcuni membri della tifoseria varesina legata alla pallacanestro.

I fatti al centro del procedimento penale sono noti, e sfociati nell’episodio culmine che ha portato all’accoltellamento di un tifoso bolognese raggiunto da una coltellata alla coscia sinistra vicino alla regione inguinale con prognosi di 10 giorni con l’aggravante del futile motivo e dell’arma: per questo fatto è stato condannato in rito abbreviato di uno dei capi varesini degli Arditi.

Il resto è cronaca, prima nera e poi giudiziaria, coi giornali che hanno dato conto quattro anni fa agli scontri che precedettero la partita “Virtus Segafredo Bologna – Varese” nel pomeriggio del 22 aprile 2018: la Digos che precede e monitora i luoghi del passaggio delle auto dei varesini – una Bmw, e tre van: due Opel Vivaro e un Ford – intorno alle 18 all’altezza del “Big bar” di via Calori, le bottiglie che volano e l’arrivo degli Arditi con catene, aste di bandiera e bastoni che entrano in contatto con gli ultras bolognesi anche loro armati di cinghie e bastoni alcuni travisati con sciarpe. Qui avviene l’accoltellamento alla gamba del tifoso bolognese.

Gli scontri vengono interrotti con l’arrivo delle forze dell’ordine in divisa e tenuta da ordine pubblico e a quel punto i tifosi della Virtus scappano a piedi, mentre i varesini vengono fermati, fatti salire sull’auto e sui tre minivan e successivamente identificati attraverso video e registrazioni che tuttavia non sono stati reputati attendibili dal tribunale (che a questo proposito scrive di “lacune probatorie”) e che ha portato alle assoluzioni.

Nero su bianco invece viene messo dai giudici bolognesi l’armamentario dei tifosi varesini trovato nel auto ma appunto non oggetto di condanna secondo la legge Pisanu, poiché il contenuto non può essere ascritto agli occupanti dei mezzi, in difetto di identificazione (immagine di repertorio). Di cosa si tratta? Aste di bandiera in plastica rigida, torcia in metallo nera, coltello con lama curva, guinzaglio con finale in acciaio e persino una spatola in metallo da muratore. Completano l’armamentario petardi artigianali, catene, cinture e sfollagente telescopico. Tra gli assolti anche uno degli ultras coinvolti nella rissa di Santo Stefano a Milano (2018) vicino allo stadio di San Siro che ha portato alla morte di Daniele Belardinelli “Dede”, capo dei Blood Honour di Varese.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 10 Maggio 2022
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