Il discorso di Zelensky a Davos e gli scenari dei prossimi mesi

Il presidente ucraino è intervenuto al World Economic Forum: tra nuove sanzioni alla Russia e contrazione dei mercati. L’analisi del Liuc-Finance & Investment Club della Liuc - Università Cattaneo di Castellanza

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Articolo a cura di Davide Crivellaro e Gianluca Salvagnini del Liuc-Finance & Investment Club  dell’Università Liuc di Castellanza.


Nella settimana tra il 22 e il 26 maggio è andato in scena, come ogni anno, il Word Economic Forum, a Davos, nel Canton Ginevra in Svizzera. Il Forum è stato ideato nel 1971 dall’economista Klaus Schwab e mira a coinvolgere i principali leader politici, economici, culturali della società per dare forma alle agende globali, regionali e del settore. I temi ricorrenti di questo summit riguardano principalmente le questioni urgenti che interessano l’intero Pianeta Terra, in particolare questioni in materia di salute, problemi sociali e ambientali. Quest’anno i temi trattati durante questi 5 giorni sono stati molteplici. In particolare, hanno incluso confronti sul ribilanciamento economico, sulle minacce di stagflazione date dalle risposte delle banche centrali all’aumento dell’inflazione, analisi legate alle tematiche ESG e alla sanità globale e alla contrazione della supply chain che minaccia l’intero Vecchio Continente. Ovviamente il focus non poteva che essere lo scenario di guerra russo-ucraino che si sta sviluppando alle porte dell’Europa dalla metà di febbraio. A tal proposito è infatti intervenuto, durante l’incontro del 23 maggio, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy tramite videochiamata.

Durante il summit di quest’anno la crisi geopolitica in corso ha permeato un gran numero di argomenti trattati, non solo per la crisi in sé ma anche per tutti gli effetti che ne stanno scaturendo. Un esempio è la contrazione dell’offerta di beni primari, situazione che sta facendo alzare notevolmente i prezzi già da qualche tempo, problema che non viene che peggiorato dall’aumento del tasso di inflazione. Secondo gli esperti presenti al WEF, tra cui David Beasley, capo del World Food Programme, i mesi che verranno saranno causa di forti squilibri all’interno dell’intera Europa.

Questa crisi potrebbe anche distogliere l’attenzione da tematiche ESG legate al mondo dell’agricoltura e dell’approvvigionamento alimentare sostenibile, ritardandone l’efficientamento. Un altro argomento di punta che viene ogni anno trattato in questo summit è legato alle problematiche legate al mondo green energy. Quest’anno, come già detto, anche questo elemento è influenzato dal conflitto. Infatti, quest’ultimo sta facendo sì che gli stati mondiali ed in particolare europei, accelerino gli sforzi per allontanare l’Europa dal petrolio e dal gas russo. Questo allontanamento repentino dalle suddette fonti energetiche potrebbe costringere entità come la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo a diventare un po’ più creativa sul fronte delle energie rinnovabili, date le future esigenze infrastrutturali.

L’intervento di Zelenskyy al WEF

A fare da cornice a queste tematiche è stato sicuramente l’intervento del presidente ucraino. Nella seduta del 23 maggio è intervenuto con un discorso di grande impatto e forte peso morale, ha infatti ribadito come il suo paese non rinuncerà alla terra in cambio della fine della guerra con la Russia dopo la sua invasione. Durante il discorso ha ammonito pesantemente le azioni del governo russo evidenziando la forza bruta senza precedenti che non fanno altro che richiamare alla memoria gli scontri bellici di 70 anni fa. Oltre che riferirsi alle azioni russe, ha puntato il dito anche nei confronti degli stati che hanno offerto solo che indifferenza alla situazione attuale, esortandoli a porgere un aiuto più sostanzioso. Toccando invece aspetti più legati ad una possibile ripartenza economica che al momento sembra essere un miraggio, Zelenskyy, ha invitato i paesi e le istituzioni presenti al WEF a donare aiuti attraverso un fondo istituito per ricostruire il paese.

A Lugano il vertice sulla ricostruzione dell’Ucraina. Da definire la presenza di Zelensky

Il fondo ha attualmente collezionato 43 milioni di dollari, cifra irrisoria paragonata ai danni causati dalla guerra fino a questo momento, quantificati dallo stesso presidente attorno al “mezzo trilione di dollari”.

Il presidente ucraino per il suo paese chiede un futuro “di persone e imprese” e una “nazione moderna e sicura”, la ripartenza deve avvenire a partire dallo sblocco dei trasporti attraverso nodi commerciali strategici. Stessi nodi commerciali che sempre secondo Zelenskyy dovrebbero essere negati alla Russia, portandola ad un’esclusione dai mercati, non solo europei, ma anche mondiali, in risposta alla suddetta ferocia e ingiustificabilità di un’azione così spregiudicata come la guerra

Le sanzioni imposte alla Russia stanno funzionando?

Approfondendo le tematiche legate alle sanzioni che ha citato Zelenskyy durante il summit e la loro effettiva efficacia, evidenziamo come gli Stati Uniti, così come gli stati europei, stanno adottando sempre più misure finanziarie per evitare conflitti militari. L’impatto di queste sanzioni è difficile da prevedere in quanto sono in grado di portare ad effetti collaterali indesiderati, come ad esempio alta inflazione, contrazione dell’offerta e in generale dinamiche economiche avverse. Colpire duramente la Russia, essendo un grandissimo esportatore di materie prime, significa danneggiare, e non poco, anche la propria di economia, essendo figlia di un processo di globalizzazione che si appoggia ad una filiera produttiva ramificata che si serve di risorse dislocate in tutto il mondo. Nella fattispecie per i Paesi Membri dell’Unione è complicato porre delle sanzioni in quanto la loro economia dipende in larga misura dal greggio prodotto dalla Russia, così come dai fertilizzanti, dal grano e dai metalli come nichel, platino e alluminio.

La diretta conseguenza di queste sanzioni sarebbe una riduzione della fornitura di tali risorse con successivo aumento dei prezzi che verrebbe scaricato sui consumatori, proprio come sta accadendo in questo momento. Anche se andando a sanzionare un Paese con cui si hanno rapporti commerciali si rischia di colpire marginalmente anche la propria economia, è altrettanto vero che il Paese sanzionato in questione, la Russia, subirebbe dei danni molto più ampi e verrebbe costretta a tagliarsi fuori dagli interscambi globali. Ciò porterebbe non solo a danni tangibili nell’immediato ma anche a danni molto più importanti nel lungo termine. Paesi come la Russia quindi sono, almeno secondo quanto ci dice la storia, più propensi ad accettare tali sanzioni, soprattutto perché, essendo imposte da molti paesi, rischierebbero di diventare paralizzanti. Sono un esempio il boicottaggio globale del Sudafrica negli anni ’80 ha contribuito allo smantellamento della sua politica di apartheid razzista e le misure globali contro l’Iran che hanno compresso la sua economia e spinto i suoi leader a tornare ai colloqui portando ad una limitazione dei piani nucleari del paese.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi

Basandoci su quanto riporta l’intelligence americana e britannica, Putin ha tre possibili scelte: continuare a bombardare le città spezzando ogni forma di resistenza, aspettare rinforzi e riprendere l’offensiva per il logoramento o arrivare alla terza ed ultima scelta, quella più improbabile, ovvero arrivare ad un accordo di negoziati con le due parti di mediazione Israele e Turchia. Per i maggiori esponenti dell’economia globale presenti a Davos, le implicazioni del conflitto sono sia immediate che a lungo termine. Secondo quanto riportato dal Financial Times, uno dei massimi esponenti dell’industria energetica presente al summit, ha affermato come tra solo un anno l’Unione Europea potrà essere indipendente dal gas russo. Il rovescio della medaglia però, è l’aumento dei prezzi del cibo fortemente dipendenti dalla Russia e Ucraina per la produzione del grano. Il già citato nel primo paragrafo David Beasley, ha affermato in un panel che se il porto ucraino di Odessa non dovesse riaprire nelle prossime settimane potremmo andare incontro a carestie. Gli Stati Uniti al tempo stesso stanno considerando potenziali sanzioni verso la Cina, questo dovuto anche alle scelte di Pechino di acquistare petrolio russo e dunque indirettamente finanziare questa campagna di guerra lanciata da Mosca. Il focus dei prossimi mesi sarà proprio sul funzionamento delle sanzioni imposte dagli stati occidentali. Nel caso fosse positivo affermerebbe come il mondo sia ancora governato dagli Stati Uniti, se invece non dovessero funzionare, si correrebbe il rischio di una creazione ancora più accentuata di due fazioni economiche sconnesse tra di loro che si spartiscono il controllo dell’economia globale.

 

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Pubblicato il 06 Giugno 2022
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