Cosa succede con lo stop alle auto diesel e benzina dal 2035

Le conseguenze in termini economici e geopolitici dello stop alla vendita di auto a diesel e benzina. Gli investimenti del Pnrr sulla mobilità elettrica

Generico 27 Jun 2022

Il Consiglio ambiente dell’Unione europea, l’organismo che riunisce tutti i ministri dell’Ambiente dei paesi dell’Unione, ha deciso per lo stop alla vendita di autoveicoli diesel e benzina a partire dal 2035. La decisione è stata assunta nell’ambito del pacchetto Fit for 55, una serie di misure che puntano a ridurre del 55% le emissioni climalteranti entro il 2035, per poi raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Una decisione che porta con sé diverse conseguenze, da quelle economiche dovute al fatto che la costruzione di veicoli elettrici richiede meno manodopera, a quelle geopolitiche legate alla scarsa disponibilità dei materiali necessari per costruire le batterie. Fino ad arrivare a quelle ambientali, legate sia alle modalità con cui viene prodotta l’energia elettrica e con cui vengono smaltite le batterie. Senza dimenticare quelle infrastrtutturali: l’Italia è pronta a passare a una mobilità basata sui Bev (Battery electric vehicle)?

La normativa

L’obiettivo è quello di azzerare le emissioni dirette di automobili e furgoni entro il 2035. Oltre quella data, detto in altre parole, non potranno più essere venduti veicoli che emettano gas climalteranti. Allo stato attuale delle tecnologie di settore, questo significa che da qui a 13 anni potranno essere venduti solo auto e furgoni elettrici.

Una precisazione importante, quest’ultima. Nella normativa è stata inserita la possibilità di continuare a produrre vetture con motore termico o ibrido, purché appunto ad emissioni zero. Ad esempio perché alimentate a carburante sostenibile. Altra deroga riguarda i cosiddetti produttori di nicchia, ovvero quelli che realizzano meno di 10mila vetture l’anno, che avranno cinque anni di tempo in più per adeguarsi. Una misura, quest’ultima, che interesserà in particolare i produttori di auto di lusso.

L’approvazione dello stop alla vendita di auto a motore diesel e ebenzina non è ancora definitiva. Lo diventerà solo dopo il cosiddetto trilogo, ovvero dopo che Parlamento, Commissione e Consiglio elaboreranno un testo finale che riassuma le loro posizioni. Un passaggio previsto per la fine di luglio e che, dal momento che tutti e tre questi organismi sono allineati sul tema, non dovrebbe riservare sorprese.

Le ricadute economiche

Secondo Clepa, associazione europea che raggruppa oltre 3mila produttori di componenti per automobili, circa mezzo milione di posti di lavoro sono a rischio in tutta europea. L’impatto maggiore, in termini assoluti, riguarderà la Germania, dove gli operai che potrebbero perdere il posto sono 121mila. Ma al secondo posto, con 74mila, c’è l’Italia.

L’impatto è legato al fatto che la costruzione delle auto elettriche, che hanno meno componenti di quelle a motore termico, richiede meno manodopera. E, allo stesso modo, anche la manutenzione richiesta dai Bev è minore. Molto banalmente: un veicolo elettrico non ha candele, motorino di aviamento, alternatore, cinghia di distribuzione.

Secondo una ricerca dell’azienda di consulenza Boston Consulting Group, invece, i posti di lavoro persi potrebbero essere solo 35mila. Questo perché servirà manodopera nelle fabbriche che costruiranno le batterie, così come nella realizzazione, gestione e manutenzione dell’infrastruttura di ricarica. Settore, quest’ultimo, che secondo BCG creerà 100mila nuovi posti di lavoro da qui al 2035.

Il governo italiano ha stanziato 8,7 miliardi per la riconversione. Tolti i 2,25 destinati agli incentivi all’acquisto, i restanti 6,5 serviranno per convertire gli staiblimenti e per la formazione delle persone che perderanno il posto di lavoro, così da favorirne il reinserimento.

Geopolitica e ambiente

Secondo l’istituto di analisi di mercato sud coreano SNE Research, oltre il 40% del mercato delle batterie per auto elettriche è in mano a due aziende cinesi. Ovvero la Contemporary Amperex Technology Company Limited (CATL) con il 32,6% e la BYD Auto con l’8,8%. Pechino che nel 2020, con 14mila tonnellate, era il terzo produttore di litio (elemento essenziale per la costruzione delle batterie) dietro ad Australia (40mila tonnellate) e Cile (18mila). Il timore, in altre parole, è quello di creare un rapporto di dipendenza simile a quello che lega l’Europa alla Russia per la fornitura di gas, che tanti problemi sta creando per riuscire a definire una risposta comune contro l’invasione dell’Ucraina.

L’altra sfida posta dalla transizione verso una mobilità elettrica è rappresentata dallo smaltimento delle batterie. Oltre al litio, infatti, occorre recuperare metalli inquinanti come il nickel, il cobalto e il manganese. Nel 2019, secondo il Parlamento europeo, appena il 51% delle batterie (non solo quelle delle automobili) venivano inviate ad impianti di riciclaggio. Bruxelles sta elaborando nuove regole per rendere più sostenibile questo mercato. Mercato, anche questo, dominato dalla Cina. Con una capacità di riciclo di 188mila tonnellate l’anno nel 2021, Pechino ne detiene infatti il 48,3%.

Le infrastrutture

A dicembre 2021, secondo l’associazione di operatori del settore dell’auto elettrica Motus-E, erano 122mila le automobili Bev in circolazione lungo le strade italiane. Di queste, ben 67mila sono state acquistate nel solo 2021. Sono 26mila i punti di ricarica a disposizione, distribuiti in 10mila diverse location in tutta Italia. Questo perché ogni colonnina ha almeno due prese e ci sono punti in cui ne è installata più di una.

Il Pnrr individua la necessità, da qui al 2030, di installare 7.500 punti di ricarica rapida (ovvero di prese cui agganciare l’auto) lungo la rete autostradale e poco meno di 14mila nei centri urbani. A questi si aggiungono 100 stazioni sperimentali con tecnologie per lo stoccaggio dell’energia. Per raggiungere questo obiettivo, vengono stanziati 740 milioni di euro. La costruzione dell’infrastruttura elettrica è il primo passo da compiere per rendere possibile la transizione decisa dall’Europa nell’ambito del piano Fit for 55.

Foto di copertina di andreas160578 da Pixabay

Riccardo Saporiti
riccardo.saporiti@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Giugno 2022
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