Estorsioni a Varese per la droga ai 17enni, il pusher condannato a 3 anni e 4 mesi
Indagine partita dai controlli delle forze dell’ordine. In aula la difesa argomenta sulla forza delle minacce pronunciate via social
«Se ti fermo per strada e ti dico che ti ammazzo se non mi dai i soldi, è un conto. Se te lo scrivo su whatsapp le cose cambiano, è come se le parole perdessero di forza perché “schermate” dai social e da un registro comunicativo mediato e che viene percepito soprattutto dai giovani come molto attenuato rispetto all’interazione personale».
Con queste parole l’avocato Corrado Viazzo ha difeso il suo cliente finito dinanzi al Collegio di Varese per un reato grave, l’estorsione, tre episodi nel dettaglio, che hanno visto vittime giovanissimi acquirenti di droga poi taglieggiati dal sistema classico legato allo spaccio di ogni genere. Funziona così: la droga viene venduta, qualcuno la paga in contanti, chi non ha i soldi la compra a debito e quando è l’ora di incassare i venditori non vanno troppo per le spicce; non chiedono, ma pretendono, spesso con le minacce.
Uno schema estorsivo che ha portato ad una prima condanna del complice, un venticinquenne italiano giudicato con rito abbreviato dopo il fallimento dell’accordo per un patteggiamento e alla fine condannato a 3 anni e sei mesi con rito abbreviato.
L’imputato giudicato dal Collegio invece è un ragazzo di origini marocchine di 21 anni per il quale il pubblico ministero aveva chiesto 8 anni, accusato di tre episodi estorsivi dimostrati anche dal tenore di alcune conversazioni whatsapp trovate dagli investigatori nel telefono a giustificazione di crediti da esigere con la minaccia nei riguardi dei consumatori di hascisc e marijuana.
Dunque «l’estorsione ai tempi dei social» è valsa al giovane una diminuzione di pena accordata dal giudice (richiesta dal difensore il quale ha invocato anche le circostanze attenuanti dovute alla posizione dell’imputato che aveva un ruolo minore nello schema venuto alla luce: il maggiore dei due venditori era la mente del duo, mentre il più giovane il braccio, il “cavallo”), e alla fine la condanna è arrivata a 3 anni e 4 mesi.
I fatti riguardano uno spaccio continuato avvenuto nei paesi dell’hinterland di Varese attorno al 2019 e sui tre episodi contestati nel capo d’imputazione i testimoni sentiti in aula hanno confermato il pagamento per saldare il debito.
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