Dimesso dall’ospedale lo speleologo bloccato nella grotta Rameron: “Intervento veloce”

Dieci ore di lavoro per il recupero del trentenne non sono nulla rispetto ai tempi degli interventi speleo. Nelle grotte Riesending-Schachthöhle, 8 anni fa la catena dei soccorsi rimase in piedi per 11 giorni

salvataggio grotta Remeron 7 agosto 2022

Un soccorso da manuale col paziente recuperato sano e salvo a Comerio le cui condizioni sono rimaste stabili e con un collegamento fra enti che ha permesso in ogni momento di avere la situazione sotto controllo, nonostante le ben 10 ore di lavoro ininterrotto delle squadre del Cnsas, dove l’ultima “s“ dell’acronimo Corpo nazionale soccorso alpino è destinata all’aggettivo “speleologico” che evoca qualcosa di insito nella storia millenaria dell’uomo sulla terra: la caverna. Una preparazione ferrea, un’organizzazione di stampo quasi militare legata a codici e procedure assolutamente provate e riprovate, da fare letteralmente ad occhi chiusi dal momento che l’ambiente in grotta sebbene illuminato dalle luci a led che hanno preso il posto delle lampade a carburo, è immerso nel buio.

INTERVENTO VELOCE – Per i non addetti ai lavori l’intervento partito come attivazione attorno alle 13 di domenica e finito alle 23.30 sembra infinito: l’arrivo sul posto e l’ingresso nelle grotte, la discesa nell’antro e le successive calate con la corda per raggiungere quota “-100“. «Ma in realtà si è trattato di un intervento piuttosto veloce rispetto a quelli in ambiente alpino – spiega Luca Boldrini, responsabile della stazione Cnsas di Varese che rientra nella XIX Delegazione lariana – . La differenza fra un intervento di soccorso in ambiente alpino e uno in ambiente speleo è la stessa che passa nell’atletica fra i 100 metri e la maratona». Proprio così. Per gli addetti ai lavori l’intervento di domenica è stato piuttosto veloce, rapido e si è svolto in maniera abbastanza lineare salvo l’imprevisto del grande fronte temporalesco che minacciava il volo notturno dell’elicottero e per questo si è preferita l’evacuazione su gomma alla volta del pronto soccorso dell’ospedale di Varese.

DA TUTTO IL NORD ITALIA – Per questo, per la lunghezza delle operazioni di discesa e di recupero, deve essere pronto il personale di riserva composto da squadre che possano dare il cambio se l’intervento va davvero per le lunghe. Non a caso all’allertamento di domenica hanno risposto colleghi del Cnsas arrivati da Piemonte, Veneto, Liguria, Trentino, Valle d’Aosta e addirittura dalla Toscana.

ITALIANS DO IT BETTER – Il soccorso in grotta è una grande specialità del nostro Paese fatto si di navigatori, ma anche di alpinisti. Dagli Appennini alle Alpi sono numerosissimi gli ambienti dove i soccorritori fanno pratica e spesso si esercitano anche coi tecnici di altri Paesi: la Valdossola con gli svizzeri, a Trieste gomito a gomito con gli sloveni, e così via. Una prova molto importante delle capacità operative del nostro soccorso alpino la si è avuta nel 2014 quando uno speleologo rimase intrappolato a 1000 metri sottoterra in Baviera nella grotta Riesending-Schachthöhle e le squadre del Cnsas furono determinanti per arrivare sull’obiettivo e riportarlo in superficie. L’intervento di soccorso durò 11 giorni e complessivamente vi parteciparono 700 persone.

LE FORZE IN CAMPO – Di fronte ad emergenze come quelle di domenica, sebbene il codice di intervento a livello di gravità si è sempre tenuto sul “mediamente critico” (giallo, la persona è sempre stata cosciente nonostante il grosso masso che l’ha colpito al capo) la precisione e l’immediatezza dei soccorsi sono stati determinanti a partire dai colleghi del trentenne ferito che hanno raggiunto la superficie per agganciare la cella telefonica e chiamare il 112. Poi l’arrivo in forze dei tecnici del soccorso alpino e speleologico che hanno attivato le vie di accesso al punto di intervento e le comunicazioni telefoniche con l’esterno che hanno permesso in tempo reale di sapere a che punto erano i soccorsi. Una volta uscito in superficie il ferito è stato affidato alle cure sanitarie coordinate da Areu.

«Oltre a tutti i nostri volontari vorrei rivolgere uno speciale ringraziamento a tutti quelli che ci hanno aiutato, La croce rossa con pacchi d’acqua, le amministrazioni comunali che si sono messe completamente a disposizione, gli amici della grotta che ci hanno dato le chiavi non solo dei cancelli degli accessi ma anche della casetta di appoggio che ha la corrente elettrica», conclude Luca Boldrini.

Il giovane speleologo nel frattempo, è stato dimesso dall’ospedale di Circolo nel primo pomeriggio di lunedì.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Agosto 2022
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