Ricordati a Luino i Caduti della Gera, “Alcuni episodi e vicende non si possono dimenticare”

Nel 78esimo anniversario dell'eccidio del 7 ottobre 1944, dove dodici giovani partigiani persero la vita, un grande corteo ha percorso le strade della cittadina lacustre

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Sabato 8 ottobre un grande corteo ha attraversato le vie di Luino in ricordo di quei dodici giovani partigiani barbaricamente uccisi il 7 ottobre del 1944. 

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L’omaggio della Città di Luino ai Caduti della Gera 4 di 11

Cittadini, associazioni combattenti e d’Arma, autorità e studenti delle scuole, dopo essersi riuniti davanti al Comune, hanno raggiunto – accompagnati dalla Musica Cittadina – il Monumento a Garibaldi e il Monumento ai Caduti. Qui una corona è stata posata e dopo un silenzio commosso, il sindaco della cittadina lacustre Enrico Bianchi ha preso la parola: «Esistono episodi e vicende che non si possono dimenticare, che debbono anche essere conosciute, soprattutto dalle giovani generazioni, perché la memoria – di quanto accaduto settantotto anni fa nella nostra città, sul nostro territorio – deve essere ricordata e tramandata. Attraverso le narrazioni, le testimonianze, le foto, le lapidi e tutte quelle tecniche che la tecnologia ci offre» ha esordito, difronte alle decine e decine di persone presenti, il primo cittadino.

«L’orrore che colpi le nostre terre, la nostra gente, è la più forte testimonianza degli effetti di ideologie perverse, nemiche della dignità e della libertà delle persone. La memoria del martirio dei “giovani della Gera” è, per Luino ma potremmo dire anche per tutto il Paese, una spinta costante a mantenere al primo posto il tema del rispetto della vita delle persone, della Pace come orizzonte storico necessario ed indiscusso, della partecipazione a comuni prospettive di vita e di sviluppo. II ricordo di orrori cosi grandi è inciso a caratteri indelebili nell’ anima della Repubblica» ha continuato Bianchi, che ha inoltre voluto sottolineare, facendo riferimento alle parole del Presidente Sergio Mattarella, l’importanza della Costituzione e dei preziosi valori e principi di convivenza civile che hanno contribuito a creare una memoria storica e vivente per tutta la comunità, a partire dalle generazioni più giovani e future. 

«E’ questa l’occasione – ha concluso Bianchi – in cui non dobbiamo solamente ripercorrere fatti storici che condussero al martirio di tanti giovani. Dobbiamo fare di più: dobbiamo rinnovare ogni anno la promessa di una fedeltà ai principi e ai valori costituzionali, dobbiamo lavorare e lottare per costruire una società più giusta dove accoglienza, rispetto reciproco, responsabilità e attenzione ai più deboli siano inseriti costantemente nella vita quotidiana. Oggi è uno di quei momenti in cui dobbiamo farci delle domande, soprattutto noi che abbiamo l’onore e l’onere di rivestire incarichi pubblici. Dobbiamo domandarci se siamo sempre fedeli ai principi e valori ereditati da questi giovani, se non ci siamo fatti travolgere dalle passioni tristi: quelle piene di io, quelle dell’individualismo, dell’ambizione sfrenata ed indifferente al prossimo, quelle che non si curano della globalità delle situazioni e delle cose, ma si fermano al proprio interesse particolare, quegli atteggiamenti che poi si amplificano e degenerano sui social, quelle che non costruiscono relazioni positive tra gli individui ma che portano alla distruzione di un tessuto sociale fino a giungere ad una diffusa desertificazione ideale».

Le importarti parole e riflessioni del primo cittadino hanno poi lasciato spazio all’intervento del professor Gian Celeste Pedroni: «(…) Noi oggi non siamo qui a raccontare una storia che già conosciamo. Noi oggi vogliamo fare memoria di quello che è avvenuto, dove fare memoria significa innanzitutto comprendere le azioni, le ragioni, provare ad ascoltare quello che ancora qui e oggi hanno da insegnarci (…). Noi non possiamo sapere esattamente cosa si potesse provare ad essere antifascisti nell’autunno del ’44. Certo è difficile immaginare un momento più cupo, violento, dominato dalla paura di un nemico feroce e potente. Un momento in cui tutto doveva sembrare perduto (…). Conoscevano bene cosa stava combattendo: un movimento, il fascismo, un groviglio di contraddizioni, che in venti anni era riuscito a tenere insieme monarchia e repubblica, controllo assoluto e libero mercato, esercito regio e milizia personale, nato proclamando una rivoluzione ma finanziato dai proprietari terrieri più conservatori. Un movimento però determinato nel culto della violenza e della guerra, che si tradusse nell’oppressione dell’uomo sull’uomo: soppressione di partiti e sindacati, controllo dell’informazione, tribunali speciali, leggi razziali all’interno e all’esterno le aggressioni a Grecia, Albania, Etiopia, è un lungo elenco. Il fascismo non è stata un’idea ma la negazione di tutte le idee e di tutte le libertà altrui. Il fascismo è un crimine. Anche a Luino, anche a Voldomino, è questo che Lazzarini e i suoi combattevano. Poi i tragici eventi della mattina del 7 ottobre: la milizia fascista, la milizia, si badi, non tedeschi nazisti, italiani fascisti. Gli arresti, i prigionieri fatti sfilare tra la gente, le fucilazioni. Alla Gera, a Brissago, le ultime addirittura a Varese, perché tutti vedessero cosa accadeva a chi si opponeva al regime. Lo scempio dei corpi abbandonati senza la possibilità di essere seppelliti. Chi parla di resistenza spesso viene contestato: ma a cosa è servito? Perché tanta sofferenza, i morti, le rappresaglie? Gli alleati stavano già risalendo la penisola e sicuramente l’avrebbero vinta anche senza l’aiuto dei partigiani, forse con più tempo ma l’avrebbero vinta (…). Sì, è servita la Resistenza, dalle valli del luinese agli appennini emiliani, dalla repubblica liberata dell’Ossola ai gappisti nascosti nelle città. È servita ed è servito anche il sacrificio della Gera. Perché i partigiani tra il ’43 e il ’45 hanno tenuto impegnato contemporaneamente sette divisioni dell’esercito tedesco, quando ogni divisione sarebbe stata indispensabile sui fronti di guerra che stavano aumentando. Che la resistenza non abbia avuto un vero valore militare è una cianfrusaglia storica, da rigettare una volta per sempre assieme ai vari “ha fatto anche cose buone”, ai “treni che arrivavano in orario”, ai miti del fascismo delle pensioni e delle bonifiche (…). I più giovani – ha concluso il professor Pedroni – dovranno nei prossimi anni affrontare sfide davvero epocali. Il nostro mondo, lo vediamo tutti, cambia molto velocemente. Guerre, la crisi climatica all’orizzonte che modificherà gli equilibri e costringerà a modificare il nostro stile di vita; per gestire il futuro non basterà costruire muri più alti. Ci sarà bisogno di lucidità e intelligenza, di studio. Quando questi mancano le stesse pulsioni che hanno generato i fascismi sono pronte a riemergere. È il fascismo eterno, come lo chiamava Umberto Eco, senza camicia nera, senza adunate in Piazza Venezia, ma che ritorna sempre, pronto a nutrirsi della rabbia e dell’insoddisfazione. Libertà e liberazione sono un compito difficile, un compito che non finisce mai. La resistenza di allora è riuscita ad unire nel desiderio di libertà e le più diverse idee, le più diverse fedi politiche. Socialisti e monarchici, badogliani e comunisti, cattolici e atei, liberali e repubblicani. Il loro comune percorso ci ha lasciato un’eredità ben precisa, la Costituzione, un testo definito di compromesso; da cum-promittere, stringere insieme un patto. Che sia ancora questo patto a guidarci anche nei momenti più difficili. Lì c’è tutto, non dobbiamo inventare nulla: i diritti legati ai doveri, il prendersi cura della cosa pubblica, l’uguaglianza di dignità tra esseri umani, il diritto e dovere dell’accoglienza, il ripudio della guerra… Ci insegna soprattutto ce la democrazia, per quanto incerta, per quanto traballante, è sempre preferibile a una dittatura, qualunque essa sia. Diceva il presidente Smuraglia, “basta lamentarsi, schiena dritta e camminare verso le stelle” Viva la Resistenza, Viva l’Italia libera».

La chiusura della cerimonia è stata affidata ai giovani delle scuole – la 3B del Liceo Sereni e la 5 SIA dell’Isis – i quali hanno ricordato e ricostruito, tramite le poche testimonianze rimaste, la storia di quella tragica notte. Una piccola parte del corteo si è poi spostata alla Cappella votiva ai Caduti della Gera a Voldomino dove si è tenuta la celebrazione conclusiva della Santa Messa.

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Pubblicato il 09 Ottobre 2022
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