Coltello sotto al cuscino: nega tutto l’uomo accusato di violenze a Varese

Sentiti operanti e psicologa, ma anche lo stesso imputato: “Ho accolto i miei parenti in Italia ai quali inviavo i soldi in Albania”

tribunale di varese

Ha negato tutto fino all’ultimo: mai picchiato moglie e figlio (risultato morso e guaribile in 10 giorni dopo il referto al pronto soccorso la serata del 22 dicembre 2021). Mai bevuto oltre il dovuto (anche se visto dalla vicina di casa anche al mattino ubriaco fradicio nei bar di viale Belforte). E a letto solo rapporti sessuali consenzienti con la moglie (tanto spaventata però da mai parlare di quanto avveniva sotto le lenzuola con le confidenti della corte. Anzi, l’imputato di origini albanesi sentito in aula dinanzi al Collegio e accusato di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia ha sostenuto di essersi sempre comportato bene in famiglia e che anzi fosse la moglie – allontanatasi dall’aula durante il suo esame – ad averlo tradito.

Si sono insomma quasi ribaltati, nelle parole dell’imputato, i ruoli in questa storia di violenze, alcool, leggi arcaiche legate all’idea di una famiglia sottoposta all’autorità dell’uomo, che non si discute, incute terrore e influenza la vita di tutti quelli che gli capitano a tiro, dominus assoluto fra le mura di casa anche coi figli, anch’essi testimoni delle violenze e dei soprusi della parte offesa, una donna di mezza età che ha cercato di superare le difficoltà di questa famiglia caduta prima nel dolore per la perdita di un figlio, poi per i problemi comportamentali legati alle esuberanze dell’imputato. È stata sentita una psicologa che si è occupata della donna una volta arrivata in pronto soccorso a Varese, e ha parlato in aula anche uno degli operanti delle Volanti della questura intervenuti in quella casa la sera dell’arresto, ma anche i carabinieri del Radiomobile usciti in precedenza.

«La signora M. era spaventata a parlarmi di quello che avveniva in casa. Negava che il marito bevesse, anche se lo vedevo ogni volta varcata la porta di casa loro. Negava di venire picchiata, ma io, quando mi avvicinavo per abbracciarla, o cercare di ascoltare le sue confidenze, i lividi glieli vedevo eccome». L’uomo, ripreso anche in questa udienza dagli agenti della penitenziaria per le intemerate a gesti e a voce rivolte ad attirare l’attenzione circa la sua estraneità ai fatti, ha dunque negato tutto: «Non l’ho mai picchiata. Mi comportavo bene. Non bevevo». E la storia del coltello sotto al cuscino per assicurare la certezza che le pretese al rientro nella propria abitazione, da ubriaco, andassero a buon fine? «Non è vero, il sesso fra me a mia moglie andava bene, nulla di strano».

Fino a quella sera sotto Natale quando nella casa di via Tonale a Varese invece dell’atmosfera di festa si respirò la paura, poi le lacrime e la pena per un uomo che usciva dall’appartamento con le manette, illuminato dai lampeggianti. 

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Pubblicato il 04 Novembre 2022
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