Migranti e comunità fragili: come tutelarli tra deontologia e linguaggio

Dal linguaggio che tuteli e rispetti l'individuo e alcune categorie di fragili, ai limiti della deontologia all'impegno dei giornalisti nel pieno rispetto di chi si racconta: "Dobbiamo gire sulla cultura e il ruolo dei giornalisti è importante: a volte si può salvare la vita a qualcuno"

panel migranti e comunità LGBTQ+

Qual è limite tra diritto all’informazione e il rispetto della dignità delle persone, specialmente quando appartengono a categorie della società più fragili, come donne, appartenenti alla comunità LGBTQ+ o migranti? Quando si scade nell’infotainment e quali effetti può avere sulle persone oggetto delle notizie giornalistiche?

Attuale più che mai il dibattito sui limiti deontologici quando si fa informazione sui minori e le comunità più fragili, aperto a Glocal questo pomeriggio (giovedì 10 novembre) cui hanno partecipato Luciano Scalettari (vicecaporedattore di Famiglia Cristiana e presidente di RESQ – People saving people), Marina Cosi (giornalista e attivista femminista) e Marisa Marrafino (avvocata esperta in diritto dell’informatica e privacy) insieme ad Alessandra Toni, giornalista di VareseNews che ha moderato l’incontro.

Sui migranti il linguaggio è “a livelli irricevibili”

«Noi giornalisti dobbiamo rimarcare quando ci sono elementi nelle affermazioni di chi si intervista che non hanno veridicità. Questo non sta avvenendo. Il linguaggio in questi giorni è arrivato a livelli irricevibili», ha commentato Luciano Scalettari, riferendosi alle notizie degli ultimi giorni rispetto agli sbarchi a Lampedusa, «nelle ultime 48 ore si è parlato di “totale illegalità di operare delle ong del mare”, “collusione tra ong e scafisti” e questi termini sono già distorsivi della realtà e non credo che siano principi dell’autorevolezza del dichiarante».

Il giornalista si è poi collegato alla deontologia e alla Carta di Roma, che veicola proprio il tema della migrazione ma ha dei limiti: «La Carta di Roma stabilisce delle cose essenziali, basiche e generali; giù queste cose generali, e basta aprire i giornali degli ultimi dieci giorni, sono state violate. La situazione è pessima».

Si è poi focalizzato sull’effetto che può avere una esposizione mediatica delle persone che sono scappate da un paese dilaniato dalla guerra o anche su quanto un’informazione erronea a scopo propagandistico sulla percezione dell’opinione pubblica: «Il linguaggio sta provocando dei veri e propri disastri. Dovremmo fare un passo ulteriore rispetto a tutte le prudenze e la tutela dell’identità, della provenienza e degli elementi identificatori: chi è appena arrivato sulle nostre coste non è nelle condizioni fisiche o mentali per sostenerla. Non ci si rende magari conto che solo inquadrare la sua immagine potrebbe avere delle ricadute sulla sua famiglia nel paese d’origine, nel caso di una persona che fugge da un paese dittatoriale».

Il tema dei migranti è un esempio lampante di come, una volta entrato nel dibattito pubblico, venga strumentalizzato dalla propaganda politica, che crea fake news che diventano virali: «Siamo oltre la maturità di coscienza e di rispetto deontologico, qui siamo alla voluta distorsione», ha affermato facendo l’esempio di un caso in cui una foto ritoccata di una donna, appena salvata, con le unghie smaltate.

«Se pensiamo che la carta di Roma non prevede sanzioni, un problema me lo pongo. Un tema così divisivo ha bisogno di qualche paletto in più», ha concluso.

Il sessismo nella lingua italiana

Marina Cosi ha affrontato dal punto linguistico il tema della parità di genere, sottolineando il substrato gerarchico e sessista che permea alcune professioni che, fino a poco meno di cent’anni fa, erano precluse alle donne (e, per questo, non erano declinate al femminile, come medico o avvocato): «Utilizzare il maschile di certe professioni per le donne è una distorsione, perché il linguaggio ha una vita propria e si evolve».

«La lingua italiana è binaria, ma per alcuni è gerarchica con prima il maschile. La battaglia da fare è che le definizioni di professioni di donne vadano fatte al femminile e quelle maschili al femminili», ha continuato, ricordando il Manifesto di Venezia  del 2017 per una parità di genere nell’informazione e il “gruppo Giulia” che ha portato avanti le battaglie delle donne.

Cosi si è dimostrata estremamente scettica sull’utilizzo della schwa, «perché la lingua non si può imporre o stravolgere».

Per un’informazione più approfondita

L’avvocata Marisa Marrafino, invece, trattando di temi quali la privacy e diritto dell’informatica (specialmente riguardo ai minori), ha auspicato una maggiore collaborazione tra giornalisti, avvocati e magistrati: «A maggio abbiamo fatto una proposta di legge per tutelare i diritti dei minori online, perché c’è una grande lacuna e manca un approfondimento anche sul disagio giovanile, che è difficile da approfondire». Ma problemi maggiori si riscontrano nei casi di hate speech, perché «non sono normati».

«Alle volte i giornalisti non si rendono conto dell’impatto che ha sulle persone essere oggetto di notizie, rendendoli ancora più fragili. Dobbiamo informare in modo conforme non solo alle carte deontologiche, ma mettendo al centro l’interesse delle persone coinvolte», ha continuato citando il caso più recente, del ragazzo di Forlì vittima di ragazzo di Forlì morto suicida dopo aver scoperto che la ragazza conosciuta online un anno prima e con cui aveva instaurato una relazione era in realtà un uomo (a sua volta suicidatosi dopo il servizio de “Le iene”). «Su queste cose manca un’informazione davvero autorevole; in più è un tabù molto forte ancora in Italia, la vergogna può essere così forte da far commettere alla vittima casi di autolesionismo. Dobbiamo agire sulla cultura e il ruolo dei giornalisti è fondamentale, a volte può davvero salvare la vita a qualcuno: se se ne parla in maniera autorevole confrontandosi con magistrati e avvocati che se ne occupano, si scoprono anche più complessità su questo tema. Bisogna fare lo sforzo di capire cose più complesse ma che meritano di essere approfondite».

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

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Pubblicato il 10 Novembre 2022
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