Sorrentino: “L’Ordine dei giornalisti è presidio per la libertà d’informazione”
Il presidente dell'Ordine dei giornalisti ha aperto l'undicesima edizione del festival del giornalismo. S'è parlato del ruolo dell'ente con gli interventi di Annalisa Monfreda, Peter Gomez, Luca Sofri,
L’edizione 2022 di festival Glocal si apre con un tema “delicato”: che valore ha oggi l’Ordine dei giornalisti? La risposta chiama in causa i giornalisti ma anche i lettori. Sì perché la funzione dell’Ordine, almeno sulla carta, tutela la libertà dell’informazione e garantisce l’applicazione delle regole deontologiche. Due aspetti che coinvolgono direttamente i primi fruitori dell’informazione, i lettori, appunto.
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Il confronto sul senso, lo statuto e l’utilità dell’Ordine dei giornalisti ha visto il confronto tra tesi differenti: a sostenerne il valore il nuovo presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Riccardo Sorrentino, più critici Peter Gomez, Luca Sofri ed Annalisa Monfreda. A moderare il direttore di Varesenews Marco Giovannelli.
Dal confronto, aperto dai saluti di Fabio Lunghi presidente della Camera di Commercio di Varese e di Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia, è emerso un aspetto che ha visto tutti concordi: l’Ordine ha bisogno di essere aggiornato in alcune delle sue funzioni e deve imparare a comunicare meglio quello che fa a tutela della professione.
«Un tempo pensavo che l’adesione all’Ordine dovesse essere un atto volontario – ha esordito Peter Gomez direttore de ilfattoquotidiano.it – Oggi la penso diversamente. Perché le cose nelle redazioni sono cambiate: una volta gli editori erano molto forti ma il rapporto con il direttore, anche se conflittuale, trovava un equilibrio perché il direttore faceva ricco l’editore. Gran parte degli editori oggi non fanno quello come unico lavoro: sono costruttori, altri hanno cliniche. Penso ad Angelucci: hanno un giornale di destra, ma prima avevano anche il Riformista. Loro sono nel business delle cliniche che facevano convenzioni con gli enti locali e pertanto avevano bisogno di un giornale di destra e uno di sinistra. Col tempo le cose sono cambiate. Oggi i giornalisti che non sono in grado di far fare soldi ai loro editori sono più ricattabili. Ecco quindi come vedo l’Ordine io: dev’essere un presidio deontologico ed essere in grado di darci un giornalismo libero, mentre oggi, purtroppo, è in balia dei potenti e dei potentati economici».
Riccardo Sorrentino ha risposto con una lunga replica in cui ha illustrato i compiti dell’Ordine, ma ha spiegato anche quali sono le “patologie“, soffermandosi su come gli altri Paesi affrontano le questioni legate al lavoro giornalistico: «Io credo – ha esordito il presidente – che l’Ordine dei giornalisti ben interpretato e ben gestito sia la formula migliore. All’estero, dove l’ordine non c’è, la situazione non è buona. Eppure sento spesso dire dai colleghi che l”Ordine “non serve a niente”. Se avesse, invece, il pieno consenso dei giornalisti funzionerebbe molto meglio. Se ci fosse questo sostegno molto forte da parte dei colleghi, potrebbe diventare il riferimento della libertà d’informazione e della deontologia. Altrove esistono i press councils, i consigli di stampa, che sono, di fatto, dei tribunali alternativi a quelli della giustizia ordinaria, deputati a risolvere criticità che possono nascere dall’operato dei sistemi dell’informazione. Ma è corretto che sia un ente esterno a giudicare il lavoro di un giornalista? Io non credo. Il nostro ordine è autonomo, democratico, è un ente pubblico e finanziariamente autonomo
Si tratta di interpretare bene il nostro ruolo e applicare le norme che lo regolano. L’Ordine dei giornalisti deve diventare un presidio per la libertà d’informazione».
Tra le “patologie elencate da Sorrentino: interpretare l’attività dell’Ordine come un tessirificio, la chiusura in una torre d’avorio in totale scollegamento con i colleghi, porre di più l’accento sull’opera di vigilanza e non sull’assistenza ai colleghi.
Critica invece Annalisa Monfreda: «La questione è più complessa di come è stata sollevata da Peter Gomez – ha detto la Monfreda – Non è solo questione di essere diventati deboli di fronte all’editore. È il costo del lavoro ad essere insostenibile. Io mi sono trovata in una situazione in cui i giornalisti della redazione in cui ero direttrice erano finiti in una riserva. Per varie ragioni se diventi inviso all’azienda, il tuo ruolo viene svilito e finisce che il lavoro viene esternalizzato anche perché costa meno. E l’Ordine non fa nulla. Un’altra nota negativa è che se vuoi migliorare le competenze dei colleghi i corsi di formazione dell’Ordine non bastano. Devi rivolgerti ad enti esterni e pagarli. Questo non va bene».
A metterci “il carico” ci ha pensato, direttore del Post: «Le domande in realtà sono due e ben diverse: a che cosa serve l’Ordine e a che cosa serve un ordine. La verità è che l’Ordine oggi soddisfa poco o niente i criteri di cui si è parlato fino ad ora. Mi piacerebbe molto ci fosse un Ordine che funzionasse davvero ma per l’esperienza diretta che ho io, da lettore, prima che da giornalista al momento non è così. Noi riconduciamo all’ordine due funzioni: proteggere i giornalisti e proteggere i lettori, ma la realtà è che l’interesse dei giornalisti è spesso in conflitto con l’interesse dei lettori e non si possono tutelare entrambi. Spesso è solo una tutela corporativa. Penso ad esempio al fatto che nelle redazioni c’è ormai una commistione tra pubblicità e notizie sulla quale l’Ordine non solo non vigila ma non interviene mai. Ed è per questo che sono convinto che sia meglio che il lavoro del giornalista sia giudicato da qualcuno di esterno. Se a questo aggiungiamo che l’accuratezza non solo non interessa più all’editore ma nemmeno alla redazione, si capisce il mio scetticismo. Qual è il compito dell’Ordine? Rilasciare il tesserino? Perché i giovani dovrebbero aspirare ad averlo?»
La risposta è arrivata dal presidente Sorrentino: «La tessera deve diventare sempre di più un certificato di capacità. Accolgo tutte le vostre osservazioni perché sono tutte legittime – ha concluso – L’Ordine dei giornalisti della Lombardia deve aprirsi e rendersi visibile. Non basta una gestione burocratica; e non è più sufficiente neanche la sola efficienza, che pure va garantita e deve rispecchiarsi nella solidità patrimoniale. Fuori c’è però un mondo nuovo che chiede risposte. Innovare anche l’attività quotidiana dell’Ordine sarà il nostro obiettivo».
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