La vita di Antonia Pozzi ricordata a teatro grazie al progetto Giovani Pensatori dell’Università dell’Insubria

Mercoledì 21 dicembre nell’Aula Magna di via Ravasi 2 sarà rappresentato da Elisabetta Vergani, in scena con un musicista. Lo spettacolo è aperto a studenti e pubblico con ingresso gratuito su prenotazione

antonia pozzi

Uno spettacolo teatrale dedicato ad Antonia Pozzi, la poetessa milanese morta suicida nel 1938, a soli 26 anni, è proposto mercoledì 21 dicembre all’Università dell’Insubria, alle ore 11 nell’Aula Magna di via Ravasi 2 a Varese. L’iniziativa rientra nel calendario della XIV edizione del progetto Giovani Pensatori. A presentarla sarà il professor Fabio Minazzi, direttore del Centro internazionale insubrico dell’Ateneo che conserva il prezioso archivio di Antonia Pozzi. Lo spettacolo è aperto a studenti e pubblico con ingresso gratuito su prenotazione inviando una e-mail a sbarile@uninsubria.it.

«L’infinita speranza di un ritorno. Vita e poesia di Antonia Pozzi» è un testo scritto e interpretato da Elisabetta Vergani, in scena con un musicista: un percorso di parole, musica, memorie e suggestioni che parte dal gesto estremo della giovane donna, compiuto poche settimane dopo la promulgazione delle sciagurate leggi fasciste per la “difesa della razza”.

Il caso letterario di Antonia Pozzi è uno dei più rilevanti degli ultimi decenni. La poetessa, nata nel 1912 e morta suicida a 26 anni il 3 dicembre del 1938 senza aver mai pubblicato una sola poesia, è unanimemente riconosciuta come una delle voci più alte della poesia lombarda e italiana del Novecento. Ma la sua opera è uscita dall’ombra solo nel Dopoguerra, grazie all’attenzione di Eugenio Montale. Oggi di Antonia Pozzi, nonostante la brevissima vita, si conoscono più di 300 composizioni e circa 3000 immagini fotografiche.

Figlia unica di una famiglia dell’alta borghesia milanese, discendente da Tommaso Grossi, Antonia era colta, sportiva, viaggiatrice – come si legge nella scheda dell’evento –, ma il suo breve tragitto esistenziale muoveva oltre l’emancipazione, verso l’accettazione dell’essere poeta. Ciò per lei significava la ricerca di una vera libertà, che le consentisse di esprimere il suo autentico sentire di donna, e il grande amore per il mondo, che la portarono ad approdare alla scoperta di un’attenzione solidale verso le nascenti periferie milanesi.

Nella sua esperienza umana convissero l’immenso amore per la natura e la montagna e il difficile rapporto col mondo maschile ed intellettuale della propria epoca. Venne profondamente segnata, infatti, dalle tormentate vicende affettive con Antonio Maria Cervi, il suo professore di greco al Liceo Manzoni di Milano, con Remo Cantoni e Dino Formaggio e dalle profonde amicizie con Vittorio Sereni e la famiglia Treves.

La sua poesia “vissuta tutta dal di dentro” è testimonianza di un’identità femminile straordinariamente attuale. La sua vita “irrimediabile” per la tragedia esistenziale e “imperdonabile” in quanto eccentrica rispetto al proprio tempo, senza legami con saperi costituiti o ideologie, ha fatto sì che il Novecento a lungo l’abbia destinata al catalogo delle rimozioni.

Negli ultimi anni la sua alta vibrante e appassionata voce poetica è stata conosciuta e riconosciuta anche grazie a numerosi studi a lei dedicati, alle traduzioni in inglese, tedesco, francese, portoghese, spagnolo e russo della sua opera, ai film, alle mostre fotografiche, agli spettacoli teatrali ispirati alla sua figura.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Dicembre 2022
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