Giovanni e la vita dopo l’incidente in montagna: “Oggi scalo nuove vette, a micropassi”
Giovanni Montagnani nel 2020 ha attraversato le Alpi per manifestare per l'ambiente. Sei mesi fa è sopravvissuto a una rovinosa caduta in parete e oggi affronta la lunga riabilitazione: "Sono stato fortunato"
Non sappiamo quali altre virtù possieda Giovanni Ludovico Montagnani, ma di certo non gli manca la perseveranza. Soltanto sei mesi fa un incidente in montagna, in valle Antrona, l’ha quasi strappato alla vita. Una rovinosa caduta in parete, un volo di circa quaranta metri, finito con il giovane alpinista appeso alle corde di sicurezza, la lenta presa di coscienza di essere sopravvissuto ma anche di non essere più quello di prima. Dopo l’incidente Montagnani, 32enne di Sesto Calende, è stato trasportato in ospedale dove è rimasto per diverse settimane. Le sue gambe da allora hanno smesso di funzionare e da lì è iniziata la sua seconda vita. E anche questa, come la prima, non è una vita ordinaria.
Serve dunque un passo indietro: Giovanni Montagnani è un ingegnere elettronico, lavora per un’azienda del territorio. È sposato con Francesca e ha due figlie ed è inoltre un attivista, impegnato su più fronti dall’ambiente all’energie rinnovabili, dall’ecologia alla lotta al cambiamento climatico. Quando deve manifestare non si tira indietro ma la sua battaglia la combatte anche con la cultura, facendo formazione e partecipando a incontri e dibattiti. Nel gennaio 2020 il suo nome, insieme a quello di tre amici, è finito sulle pagine dei quotidiani dopo aver attraversato, sci ai piedi, le Alpi alla volta di Davos dove si stava svolgendo il World Economic Forum. Un’impresa straordinaria volta alla sensibilizzazione sull’emergenza ambientale raccontata successivamente nel libro (attualissimo) di Monterosa Edizioni “Sciare in un mondo fragile”.
Ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare che anche Giovanni ora sia fragile, proprio come l’ambiente per cui a lungo si è battuto, ma la realtà è ben diversa. La forza che ora manca alle sue gambe è tutta nel suo spirito e lo ha dimostrato giorno dopo giorno donando alla sua famiglia una bella sorpresa per Natale. «Sono arrivato a tavola camminando, sorreggendomi con il girello del nonno che era mancato alcune settimane prima ed è stato una grande emozione» racconta Montagnani.
«Era un obiettivo che mi ero posto in segreto a inizio dicembre. Ho fatto i primi movimenti con le parallele, poi un amico mi ha prestato un girello e mi sono allenato molto. Il problema più grande è che se non sto attento le gambe possono cedere perché i muscoli sono deboli. Naturalmente prima di arrivare a tavola a Natale avevo fatto un po’ di prove ma ci tenevo a mostrare alla mia famiglia i progressi che sto facendo».
Piccoli passi, movimenti all’inizio quasi impercettibili e poi piano piano sempre più importanti: «Quelli che compio ora sono dei micropassetti, procedo per obiettivi e raggiungerli mi aiuta ad affrontare la mia nuova condizione con determinazione. Le conquiste sono importanti perché mi mostrano la direzione perché nella mia mente, penso che questo sia umano, è sempre presente la domanda se tutto questo impegno possa davvero servire a cambiare le cose».
Giovanni Montagnani ha condiviso il suo percorso, oltre che con la sua famiglia, anche con amici e conoscenti attraverso i suoi canali social e il blog “Dopo l’incidente” che racconta tutto quello che è venuto dopo la sua caduta.
«La scrittura mi ha aiutato per far capire agli altri quello che stavo vivendo, come stavo e poi per avere il massimo del supporto possibile. Ho ricevuto in cambio moltissimo incoraggiamento. Ora sto cercando di finire un librettino su questi sei mesi, il supporto delle persone vuol dire tantissimo».
La riabilitazione richiede molta costanza: «Sono tornato dall’ospedale il 26 ottobre e attualmente sto rinnovando la malattia di mese in mese, in accordo con l’azienda che mi supporta e i medici che mi seguono dopo quattro mesi in ospedale. Due volte a settimana vado in ospedale in day hospital con il fisioterapista e a casa faccio un po’ di testa mia dopo aver parlato con gli specialisti e letto alcuni libri sulla riabilitazione dedicati al mio genere del trauma».
A fianco di Giovanni c’è una famiglia che non gli ha mai fatto mancare il sostegno e forse questo, vale ancor più dell’appiglio fisico a cui aggrapparsi: «Mia moglie mi ha esonerato dalle mie responsabilità “domestiche” e mi posso dedicare alla ripresa. Naturalmente tutti mi incoraggiano e fanno il tifo per me ma tutti sanno che il mio ultimo benessere deve essere indipendente dal recupero o meno, anche la consapevolezza del limite è importante così come l’accettazione di quella che è la mia nuova condizione fisica».
Sullo sfondo c’è poi la montagna, un amore che non finisce, nonostante tutto. «In realtà avevo già fatto prima dell’incidente un percorso di allontanamento dalla montagna – rivela Motagnani – dal bisogno di essere sempre in ambiente, introducendo degli spazi aperti ma di prossimità. Oggi posso continuare a frequentare spazi aperti grazie a una bicicletta apposita, in questi giorni sono andato al Mottarone. Mi manca la sensazione del selvaggio che puoi vivere in montagna quando fai sci alpinismo e sto cercando di capire in che modo posso declinare quella passione. Verso l’alpinismo invece, l’attività che mi ha danneggiato provo nostalgia mista a risentimento, a differenza di altro mi ha tolto più di quello che mi ha dato. Oggi lo guardo con occhi diversi ma passerà. Sono stato fortunato». Di essere stato fortunato, Giovanni lo ribadisce più volte, nel suo racconto e nei suoi scritti. La fortuna è cieca ma in questo caso aiuta i tenaci.
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