L’oncologia chiama la paziente “venga subito in ospedale”: ma in reparto non c’è posto e lei rimane in pronto soccorso
Una lettrice racconta la difficile situazione della madre, convocata per dei dati anomali, ma lasciata in barella in attesa di posto letto
Riceve una telefonata dal reparto di oncologia che segnala un valore anomalo del sangue della madre. La dottoressa invita la donna ad accompagnare quanto prima la madre in pronto soccorso.
La mobilitazione è istantanea, l’arrivo al PS è immediato, i sanitari verificano la gravità del caso e dispongono il ricovero in reparto.
Peccato che in oncologia non ci sia il posto letto e la permanenza della barellata in PS si protrae per quasi 72 ore.
A denunciare la situazione è una lettrice che si dice amareggiata e arrabbiata dalla situazione che vede coinvolta sua madre, paziente oncologica dal 2019, oggi assistita al domicilio con la chemioterapia.
Ecco la testimonianza della lettrice ricevuta dalla redazione.
«Lunedì 9 gennaio alle ore 18.00, l’oncologa di Varese che segue il caso di mia mamma, mi ha telefonato invitandomi ad accompagnarla in pronto soccorso a Varese con estrema urgenza, perché dagli esami di controllo fatti la mattina stessa, era risultato un valore anomalo.
Abbiamo immediatamente portato la mamma in pronto soccorso. Al nostro arrivo la gravità della situazione sembrava estremamente chiara per tutti.
Purtroppo però fino alle 24.00 nessuno ha preso in esame il caso. Dopodiché è stato fatto un emocromo e un’ecografia addominale. Da lì in poi il nulla. Più di due giorni senza mangiare, senza particolari cure o accertamenti, solo rilevazione della temperatura e della pressione, su un letto, ora nel corridoio, del pronto soccorso. Il tutto senza una minima informazione sulla prospettiva relativa al ricovero. Hanno solo detto che per valutare il caso in maniera corretta, serve una TAC specifica che però può essere eseguita solo dopo il ricovero in reparto.Da parte nostra c’è una grandissima preoccupazione per la situazione, e tanti dubbi sull’efficienza di un sistema che non ci conforta relativamente al servizio che dovrebbe essere primario e un diritto di ognuno di noi».
Il problema è “solo” il posto in reparto: la gravità è chiara a tutti e per tutto il tempo, garantiscono i sanitari, vengono assicurati gli esami e le terapie previste. Ogni giorno i medici dell’oncologia hanno seguito le condizioni della donna ma solo oggi, mercoledì, l’hanno potuta accogliere in reparto.
Ancora una volta, il PS di Varese si rivela la porta d’ingresso di tanti pazienti di un ospedale che fa fatica a gestire la domanda.
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