La transizione ecologica è una questione sociale non ambientale

Il futuro assetto energetico, secondo Gianluca Ruggieri, ricercatore del Dipartimento di scienze teoriche e applicate dell’Università dell’Insubria, dipende da alcune azioni ormai improrogabili

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«Se non facciamo la transizione ecologica stiamo peggio tutti e staranno molto peggio coloro che già oggi se la passano male». Secondo Gianluca Ruggieri, ingegnere ambientale e ricercatore del Dipartimento di scienze teoriche e applicate dell’Università dell’Insubria, quando si parla di transizione ecologica siamo tutti ideologici. «La mia ideologia – spiega il ricercatore – si fonda sul fatto che se riusciamo ad assicurare un futuro alla civiltà umana, così come la conosciamo, è una buona cosa. Ma c’è anche chi pensa il contrario e cioè non gli importa che cosa accadrà tra trent’anni perché probabilmente sarà già morto».

LA QUESTIONE È SOCIALE
Ruggeri sa bene che c’è un uso delle parole distorto, quando si parla di quest’argomento. E così durante il congresso di Federconsumatori Varese, come relatore della tavola rotonda sul tema dell’energia, ha provato a mettere un po’ d’ordine raccogliendo non pochi applausi dalla platea.
 «Quelle di cui parliamo – ha ribadito Ruggeri – non sono questioni ambientali ma sociali ed economiche. Ho letto che in Libano ci sono zone in cui non si può più coltivare l’ulivo. Ebbene, in quel Paese sono cinquemila anni che coltivano l’ulivo, è nella tradizione del Mediterraneo».
Dopo il Libano potrebbe toccare all’Italia che è uno dei grandi produttori mondiali di olio di oliva, a cui si potrebbe aggiungere l’impossibilità di coltivare anche vite e grano. 
«I prossimi trent’anni sono quelli decisivi se vogliamo evitare tutto questo spiega il ricercatore -. Bisogna però lavorare fin da subito e con urgenza senza aspettare. Secondo l’International energy agency, un ente intergovernativo che si occupa di energia, per raggiungere questo obiettivo ci sono ventisei azioni da fare che comprendono molti settori. Mentre il dibattito oggi si concentra quasi esclusivamente sulla produzione di elettricità, dimenticandosi tutto il resto».

QUELLO CHE NON DOVREMMO FARE
Già a partire dal 2021, gli Stati avrebbero dovuto evitare di dare nuove autorizzazioni per lo sviluppo di centrali a carbone e nessun permesso per lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e di gas. «Invece quando Eni annuncia un nuovo giacimento  – sottolinea Ruggieri – è una festa. Invece dovremmo considerarla una cattiva notizia perché di petrolio e di carbone ne abbiamo di più di quello che potremmo usare».
Dal 2025 a livello globale non si potrebbero più vendere caldaie alimentate a combustibili fossili, eppure in Italia nel 2023 ci sono ancoragli incentivi per l’acquisto di caldaie a gas. E ancora, entro il 2035 il mercato europeo dell’auto offrirà solo veicoli a zero emissioni, quindi a quella data saranno fuori mercato le auto con motore termico. Se ritardiamo queste azioni vuol dire che alcune cose dobbiamo farle un po’ prima altrimenti la coperta rischia di diventare corta.

ERAVAMO PARTITI BENE
Secondo Ruggieri, possiamo immaginare di arrivare a metà secolo con il 70% di elettricità derivante da fotovoltaico ed eolico, il 20% prodotto dalle altre rinnovabili e il rimanente 10% ripartito tra nucleare e fossili con cattura di carbonio. 
È interessante notare che l’Italia dal 2004 al 2014, per quanto riguarda la produzione di energia rinnovabile, partendo dal 7,5% è arrivata al 17%. Lo stesso è accaduto con l’elettrico che è raddoppiato passando dal 15%, quasi tutto idroelettrico, al 33%. In entrambi i casi questa progressione positiva si è fermata.
«Ci sono altri due fattori determinanti nel nuovo assetto – conclude il ricercatore -: da una parte, raggiungere l’efficienza energetica, cioè ridurre i consumi, soprattutto nei paesi più energivori, dall’altra, l’elettrificazione. Sostituire la caldaia con la pompa di calore, facendoci usare le rinnovabili, e sostituire motori a combustione interna con motori elettrici significa risparmiare energia. Serve dunque equilibrare momento per momento la domanda e l’offerta attraverso gli accumuli che bisognerà fare con tante tecnologie diverse».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 19 Marzo 2023
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