La lezione del padre di Valentina Di Mauro: “L’odio non mi ridarebbe mia figlia“
Il commento di Alfio Di Mauro dopo la sentenza. Sua figlia, 33 anni, di Varese è stata uccisa a luglio a Cadorago, in provincia di Como dal compagno condannato a 22 anni di carcere
Alla fine la considerazione della condizione dell’imputato (il parziale vizio di mente) è venuta meno rispetto alla crudeltà, è stata pesata in maniera molto diversa sul piano giuridico la richiesta del pubblico ministero rispetto alle considerazioni delle parti civili Corrado Viazzo e Vera dall’Osto rispettivamente legali della sorella e dei genitori di Valentina di Mauro, la ragazza uccisa barbaramente dal compagno Marco Campanaro a Cadorago, nel Comasco, il 24 luglio scorso.
L’uomo sul banco degli imputati e reduce da incidente probatorio per testarne la capacità di intendere e di volere è stato condannato a 22 anni al termine del rito immediato (si va di fronte al giudice saltando l’udienza preliminare) contro i 15 richiesti dal pubblico ministero. Un incremento di pena che si spiega forse nella valutazione fatta dalla giuria popolare di cui è composta una corte d’Assise il cui voto non ha un peso maggiore rispetto a quello dei due giudici togati.
Considerazioni sul piano tecnico, del diritto, che il difensore Paolo Battaglia potrà effettuare una volta depositate le motivazioni: da quel momento si potrà conoscere il possibile e futuro percorso processuale dell’imputato, che per il momento rimane rinchiuso in carcere al “Bassone“ di Como.
La vera lezione da ricercarsi nell’umanità prima che nel diritto invece arriva dalle parole di Alfio Di Mauro, papà di Valentina, uccisa a 33 anni: «Accettiamo il verdetto. Provo pena per Marco, non provo odio. L’odio non mi ridarebbe comunque mia figlia». Parole che fanno riflettere su quanto la violenza rappresenti l’inutilità di ogni gesto umano, e che dietro di essa, se portata all’estremo come nei casi di femminicidio, vi sia sempre il lascito costruito da quell’enorme vuoto di affetti, vite portate via in un attimo, e che non ritornano più.
«Valentina era felice. Era contenta, cercava di aiutare Marco. Aveva portato gioia nella sua vita ed era benvoluta da tutti anche a Cadorago, dove era andata a vivere con lui. Non doveva andare così ma non serve odiare Marco, provo pena per quello che ha fatto», conclude Alfio Di Mauro.
L’imputato, oltre ai 22 anni di pena è stato condannato, una volta estinto il periodo di carcerazione a trascorrere tre anni di soggiorno in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, una «Rems», in modo da consentire a personale qualificato do poter apprezzare pienamente l’esistenza dei requisiti per il ritorno in libertà alla luce del fatto che il perito, nell’incidente probatorio sulla personalità dell’imputato ne aveva sottolineato la pericolosità sociale (che giuridicamente riguarda la propensione a commettere nuovamente il reato che viene contestato).
Il giudice ha inoltre disposto una provvisionale di 150 mila euro per ciascuno dei genitori, e 100 mila euro per la sorella della vittima, colpita da interdizione perpetua ai pubblici uffici, e interdizione legale per la durata della pena.
«I parenti volevano giustizia, e la pena sembra consona. È stata riportata nell’alveo dell’equità rispetto alla richiesta iniziale proposta dal pubblico ministero», ha commentato l’avvocato Vera Dall’Osto a margine dell’udienza.
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