“La pista di fondo di Brinzio non chiuderà, ma occorre un progetto per le casette”

Parla il sindaco Roberto Piccinelli che assieme alla responsabile dell’ufficio tecnico ricostruisce la vicenda: “La nostra porta rimane aperta”

Aveva annunciato che avrebbe parlato a tempo debito. E difatti attraverso un incontro con la stampa Roberto Piccinelli, sindaco di Brinzio finito nella bufera per la vicenda delle casette in legno su terreno comunale rimosse, ha voluto raccontare la vicenda. E lo ha fatto dopo la pubblicazione all’albo pretorio dell’ordinanza che obbliga i gestori della piata alla rimozione e al ripristino dei luoghi entro 90 giorni. Un atto dovuto da parte dell’ufficio gestito dal tecnico comunale Federica Formenti, imposto dalla legge che altrimenti avrebbe causato il reato di abuso d’ufficio: la segnalazione di un privato in merito all’irregolarità di quelle costruzioni ha obbligato il Comune a disporne la rimozione.

«Da mesi stavamo discutendo coi diretti interessati della vicenda e abbiamo già dall’estate scorsa esposto il problema, spiegando che la rimozione delle casette, e il successivo progetto per il riposizionamento anche su terreno comunale sarebbe stata la strada da seguire. Ma ad oggi non abbiamo avuto alcuna risposta dal Centro Fondo Brinzio», ha spiegato il sindaco Piccinelli.

E adesso? «La nostra porta rimane aperta, l’ufficio tecnico è a disposizione. Mi auguro che i toni, che in alcuni frangenti sono arrivati alle offese personali rivolte alla mia persona e a quella della responsabile dell’ufficio tecnico si abbassino e rientrino nell’alveo del confronto civile – conclude il sindaco -. Il Comune di Brinzio non ha alcuna intenzione di chiudere la pista. La consideriamo la pista per lo sci di fondo un impianto strategico su cui contare ancora per i prossimi 10-15 anni, un volano utile per successivi sviluppi in termini di turismo sostenibile con magari anche la possibilità di creare nuovi posti di lavoro».

Generico 15 May 2023

La vicenda è balzata in testa di pagina nelle cronache anche nazionali e oltreconfine, proprio in seguito alla rimozione delle casette che si trovano alla partenza della pista. Strutture in legno (su cui il Parco Campo dei Fiori, ente estraneo a questa vicenda, non aveva nulla da opporre dal punto di vista paesaggistico) che venivano impiegate come punto ristoro per servire bevande calde durante le brevi giornate invernali ma soprattutto per ospitare il ricovero dei mezzi impiegati per il governo della pista una volta caduta la neve. Solo battendola col “gatto“, infatti, è possibile garantire un duraturo e idoneo fondo per gli sci che peraltro si estende su due grandi anelli della lunghezza complessiva per oltre 8 chilometri.

La perdita di questo impianto naturale aveva mandato in fibrillazione non solo il mondo sportivo e turistico, anche alla luce del possibile spiego per le oramai vicine olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 (la pista venne già utilizzata dalla nazionale Azzurra per un allenamento ed è classificata “B”, quindi con possibilità di ospitare gare di levatura europea), ma pure gli ambienti della cultura varesina, preoccupati per la perdita di un luogo che oltre ad essere nelle gambe di migliaia di sportivi, rimane sicuramente anche nel cuore.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 19 Maggio 2023
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