Cena “no mask” durante la pandemia: Francesco Tomasella patteggia 10 mesi
Il giudice applica la sospensione condizionale della pena. Il difensore: “Non è ammissione di responsabilità: ha voluto evitare la pubblicità del processo”
La cena «in spregio alle misure anticovid»: 34 persone senza mascherine in pizzeria, con l’arrivo di Strisca la notizia e delle luci lampeggianti della polizia di Stato (nella foto, un frame del servizio di Max Laudadio andato in onda nel Tv satirico su Canale5). Gli agenti scendono ed entrano nel locale per il controllo e quanto segue è quanto contestato nel capo d’imputazione a carico di Francesco Tomasella, 37 anni, che ha patteggiato 10 mesi (pena sottoposta a sospensione condizionale) per «resistenza» e «oltraggio» a pubblico ufficiale, «interruzione di pubblico servizio» e «istigazione a delinquere».
Tomasella – personaggio noto al pubblico per le sue posizioni di critica alle misure governative per il contenimento della pandemia, e spesso in piazza durante le contestazioni che ne sono seguite, oltre che per essersi candidato alla poltrona di sindaco a Varese (non è entrato in consiglio comunale) – quella sera, il 20 marzo 2021, era presente ad una cena per il suo compleanno all’interno di un locale a Brebbia in compagnia di diverse decine di persone «tutte senza mascherina», come riporta il decreto di citazione diretta a giudizio davanti al tribunale di Varese in composizione monocratica.
La Procura contestava all’imputato di aver pronunciato all’attenzione di 8 operanti della polizia di Stato in servizio presso la questura di Varese frasi con tono aggressivo e provocatorio, a pochi centimetri dai poliziotti, di questo tenore: «Io faccio il cazzo che voglio e voi andate fuori dal cazzo, funziona così stasera. Noi mangiamo, voi fate tutte la pagliacciate che volete». Poi, sempre rivolto agli agenti, ecco il “pippone“ dal sapore politico, l’accusa allo Stato “dittatura sanitaria” per le misure prese legate a distanziamento sociale, «siete servi di regime, voi servite un regime dittatoriale, state mandando il Paese alla fame, voi siete forze di repressione, siete gente triste, brutta, tetra, merdosa…».
Tutto, sempre secondo il capo d’imputazione, condito da bestemmie, esortando i presenti a non consegnare i documenti richiesti dai pubblici ufficiali presenti in divisa. Il giudice Niccolò Bernardi ha accettato l’accordo tra le parti per l’applicazione della pena, appunto di 10 mesi. «Il mio cliente ha rifiutato richieste alternative e la messa alla prova», ha spiegato l’avvocato Domenico Margariti del foro di Busto Arsizio. «Eventuali richieste risarcitorie potranno venir valutate in eventuali procedimenti di natura civilistica dove dovranno venir dimostrate le responsabilità, dal momento che, lo ricordo, il patteggiamento non è un’ammissione di responsabilità. Il mio assistito ha inteso patteggiare anche per evitare la pubblicità del processo».
Gli agenti, parti offese, erano difesi dall’avvocato Elisabetta Brusa.
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