Abbiamo davvero raggiunto la parità di genere?
Si dice che il XXI Secolo sia l’epoca dell’uguaglianza di genere e del superamento di antichi stereotipi
Questo articolo è stato scritto da Emma Braghin, Bianca Chiesa, Eleonora Prencis, studentesse della classe II G del Liceo Classico Ernesto Cairoli di Varese, che hanno partecipato al progetto di educazione civica “Odissee contemporanee” realizzato dallo Spazio YAK. Il progetto, a cura dell’Associazione Culturale Karakorum, è stato finanziato dalla Fondazione Culturale del Varesotto nell’ambito del bando Arte e Cultura 2022.
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Dobbiamo bruciare Sade? La prima a porsi questo quesito fu la grande filosofa femminista Simone de Beauvoir nel 1951, ma è una domanda che (tristemente) dovremmo porci anche noi se vogliamo analizzare criticamente la realtà in cui viviamo. Il Marchese de Sade fu uno dei protagonisti della letteratura del tardo ‘700 francese noto principalmente per le sue opere traboccanti perversione, sadismo, amore malato e violento e misoginia, tant’è che Pier Paolo Pasolini ne adottò una, Le 120 Giornate di Sodoma, come sceneggiatura per un suo film volto proprio a denunciare gli orrori della violenza sessuale (e del nazifascismo).
LA DONNA È PIÙ EMANCIPATA
Simone de Beauvoir nel suo saggio concluse che una Damnatio Memoriae ai danni di Sade sarebbe stata poco efficace e sarebbe risultato più utile analizzarne in modo critico le opere per comprendere la società in cui viviamo e quali sono gli ambiti in cui può ancora migliorare. Oggi sembrerebbe che si siano fatti grandi passi avanti in questa direzione: ai giorni nostri, il ruolo della donna pare più emancipato che mai e l’agognato ideale di parità di genere ci appare a un passo da noi: ma siamo davvero certi di aver raggiunto una tale elasticità cognitiva?
OLTRE IL 15% DELLE DONNE NON RIESCE A TROVARE LAVORO
Uno studio di marzo dell’International Labour Organization rivela che negli ultimi vent’anni dal punto di vista lavorativo ci sono state ben poche novità: utilizzando un nuovo indicatore, il Job Gap (che indica quante sono le persone che vorrebbero lavorare, ma sono attualmente senza impiego), l’ILO ha scoperto che oltre il 15% delle donne non riesce a trovare un lavoro (con picchi vicini al 25% in stati con bassi salari), mentre la percentuale degli uomini si aggira intorno al 10% (fino a poco più del 15% in paesi poveri) e la situazione è pressoché invariata dal 2005.
IL SALARIO DI UNA DONNA È LA METà DI QUELLO DI UN UOMO
Il dato più sconcertante (e sconfortante) della ricerca è sicuramente quello relativo ai salari: lo stipendio di una donna è in media la metà di quello di un uomo (negli stati in via di sviluppo addirittura un terzo), una percentuale che dovrebbe innescare una dura riflessione in chiunque pensi di aver raggiunto una totale uguaglianza di genere.
Come se non bastasse, il dipartimento di statistica dell’ILO ha rilevato che anche se la quantità di donne che lavora fosse identica a quella degli uomini (un’eventualità tragicamente irrealistica) la situazione non migliorerebbe di molto (si stima che nel migliore dei casi una donna guadagnerebbe comunque solo il 73% degli incassi di un uomo).
UNA STRADA LUNGA E TORTOSUA
Concludendo, la narrazione contemporanea ci conduce verso un’accettazione della situazione attuale in virtù della parità tra i sessi, ma in realtà la strada per il raggiungimento di una meta di tal calibro è ancora lunga e tortuosa. L’opera di Sade dovrà essere letta ancora milioni di volte prima che ci sia permesso di vedere effettivi cambiamenti.
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Il salario di una donna è davvero la metà di quello di un uomo?
Da come scritto pare che l’articolo si riferisca al mondo intero, per il terzo mondo non saprei, ma sicuramente così non è per i cosiddetti paesi sviluppati.
Ad esempio non credo proprio che in Italia, dove il lavoro dipendente è normato dai CCNL, le donne in media prendano meno di un uomo a parità di mansione e a parità di ore lavorate. Sarebbe illegale…
Parte 2
Oltretutto se una donna venisse pagata molto meno di un uomo, allora il capitalismo suggerirebbe di assumere prioritariamente donne, che non si troverebbero quindi mai disoccupate a discapito dell’occupazione maschile… Visto che ciò non succede appare ovvio che una donna non è pagata meno di un uomo per fare lo stesso identico lavoro.
Parte 3
se poi la statistica è fatta paragonando lo stipendio di un ingegnere meccanico che fa straordinari e che ha cambiato città per una migliore opportunità lavorativa con una maestra di asilo che fa part-time allora sì capisco come possano uscire dei numeri come quelli citati, ma in questo caso si tratta di scelte individuali, non di sessismo. Dire che le donne in Italia (o in qualsiasi paese occidentale) guadagnano la metà degli uomini (per ora lavorata per stesso lavoro) è falso
Parte 4
Trovo disdicevole che a persone giovani vangano insegnate queste cose quando il gender pay gap è stato debunkato da anni, chi promulga questa tesi ignora volontariamente i fatti e ne propone una lettura tendenziosa.
Fonti:
https://scholar.harvard.edu/files/bolotnyy/files/be_gendergap.pdf
Why Men Earn More, Warren Farrell, 2005
Parte 5
Il fatto che poi chi vuole fare l’idraulico o il panettiere trovi più facilmente lavoro di chi vuole fare lavori in ufficio con l’aria condizionata potrebbe aiutare a spiegare perché la disoccupazione maschile è più bassa. Nessuno impedisce ad una donna di fare l’idraulico o il panettiere, e sono lavori dove si può anche guadagnare mediamente bene. Certo, lavorare in ufficio è più comodo e meno usurante fisicamente…