“La sanità pubblica rimarrà sofferente almeno fino al 2026”

L'analisi del professor Alberto Passi, Presidente della Scuola di Medicina dell'Università dell'Insubria, che parla dei rischi legati alle assunzioni degli specializzandi e del calo di interesse alle scuole di specialità dei neo dottori

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Il 14 luglio scorso si è svolto il test per accedere alle scuole di specialità. Lo stesso giorno sono state definite le graduatorie. Ma, a distanza di oltre un mese, il Ministero non ha ancora assegnato le borse alle singole università.

« Siamo in attesa di notizie – spiega il professor Alberto Passi, presidente della Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria – Dovrebbero arrivare a giorni, speriamo entro la prima settimana di settembre dato che l’anno di specializzazione inizia a ottobre».

Al momento, quindi, non è ancora certo quali e quante borse di specialità potrà offrire l’ateneo cittadino: « Il ritardo è dovuto al Decreto Calabria – spiega il professor Passi – dato che è possibile assumere in qualità di medico lo specializzando sin dal secondo anno, l’Osservatorio ha voluto valutare il percorso di formazione e la presenza di tutor qualificati. Ha giudicato tutte le scuole di specialità. Siamo in attesa del responso e che ci confermino le scuole attive in ateneo. Il punto delicato è che questi medici in formazione, se assunti, devono effettuare il lavoro come se fossero strutturati. Però, il loro percorso non è completo. Quindi il tutor, nell’approvare l’assunzione di uno specializzando, deve redigere una relazione in cui indica precisamente le attività che il medico specializzando può fare. Ricordiamo che, nel caso di evento avverso, il giovane medico si troverebbe responsabile, in solido con il suo tutor a rispondere di quanto fatto. Occorre che questi specializzandi sappiamo bene quali sono i limiti della loro preparazione».

Responsabilità e deontologia sono le due garanzie che il mondo accademico impone al ricorso sempre più frequente all’assunzione di medici in formazione: « Per il mondo accademico è un problema grande perché le scuole di specialità sono state costruite per assicurare un processo di autonomizzazione dello specialista. I percorsi sono stati costruiti sulla base di indicazioni internazionali e rispondono alle necessità di una preparazione completa».

alberto passi

(nella foto il professor Passi)

Il Decreto Calabria trova la sua origine nel bisogno di avere specialisti nelle corsie sguarnite: « Purtroppo ci troviamo in un momento storico di grande difficoltà. Fino almeno al 2026 vedremo soluzioni eccezionali a problemi crescenti – commenta il Presidente della Scuola di Medicina – La programmazione è stata sbagliata e ora ci troviamo con tanti pensionamenti legati all’era dei “baby boomers” senza adeguati ricambi. Assumere gli specializzandi dal secondo anno risolve un problema, ma non del tutto. Questi studenti entrano in aziende e vi rimarranno una volta conseguita la specialità senza dover fare il concorso. Così si inficia anche il meccanismo dei concorsi per entrare nel pubblico».

In Italia, oltre alla programmazione sbagliata, c’è un problema di compensi economici non competitivi a livello europeo e internazionale: « I medici che lavorano nel pubblico ricevono remunerazioni al di sotto della media europea. È chiaro, quindi, che assistiamo alla fuga verso l’estero. Questo fa sì che diminuiscano gli specialisti e chi rimane deve affrontare carichi di lavoro proibitivi che limitano la loro possibilità di effettuare altre attività a iniziare dall’aggiornamento professionale che dovrebbe essere uno dei punti essenziali per mantenere la qualità e il livello culturale».

La scuola di medicina italiana mantiene un elevato appeal all’estero, ecco perché non è raro imbattersi in giovani che preferiscono investire la propria crescita in altri paesi: « Il tema della competitività è molto serio. Guardiamo anche all’ultimo concorso per specializzandi: si sono presentati in numero inferiore rispetto alle borse di specialità offerte. E questo si legge con le tante occasioni alterative che oggi un dottore in medicina ha. Il compenso della borsa di specialità è fermo da 20 anni a 1800 euro al mese, ma ci sono molte opportunità che permettono un guadagno maggiore. Si potrebbe pensare di risolvere elevando le borse a 2500/3000 euro. Ma poi gli strutturati assunti in ospedale avrebbero uno stipendio solo leggermente più elevato. È un tema di risorse e di scarsità di medici».

Questo discorso influisce anche sulla scelte delle scuole di specialità da intraprendere: « Io prevedo che mentre alcune specialità andranno esaurite, vedi cardiologia, ortopedia, dermatologia, altre rimarranno non assegnate: saranno quelle delle professioni mediche legate più ai servizi, come l’anatomo patologo o chi lavora in laboratorio. E questo perché non c’è possibilità di lavorare fuori e ottenere ulteriori guadagni».

Lo scorso anno, metà delle scuole di specialità della chirurgia generale e dell’area di emergenza e urgenza dell’Insubria sono rimaste vacanti, secondo il sindacato ospedaliero ANAAO si tratta del dato peggiore tra gli atenei lombardi. Una lettura che il professor Passi ha definito parziale perchè basata su dato assoluti  e non relativi all’attività reale. La situazione si delinea complicata: ancor prima di sapere quali e quanti specializzandi entreranno all’Insubria.

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Agosto 2023
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