Vesuvio e Campi Flegrei: due settimane per evacuare un milione di persone. Bastano?
Il Comune di Napoli ha dato mandato per realizzare un nuovo piano per tutta la città. Ecco quali sono le linee guida adottate di recente in Giappone, dove i vulcani sono circa 200, monte Fuji compreso
La guida del parco del Vesuvio che ci accompagna durante l’emozionante visita al cono dice che ci sarebbero un paio di settimane di pre-avviso prima di un’eruzione violenta che spazzi via il “tappo”, grazie alla sensoristica multi-parametrica, monitorata H24, su pressione, temperatura, composizione, oscillazioni, eccetera. Ma conclude sinistramente: “Non immaginatevi però che tutti si comporterebbero disciplinatamente come all’uscita dal teatro”. La vesuviana dell’albergo aggiunge: “Tanto lo sappiamo che non abbiamo scampo. Fa parte del nostro destino. Speriamo non sia durante le nostre vite”.
1944 anni fa, nove giorni prima delle Calende di settembre, cioè il 24 agosto dell’anno 79 d.C., è iniziata l’eruzione vulcanica più famosa della storia, e in 6 giorni ha distrutto una decina di città romane, tra cui Ercolano e Pompei. Da allora, il Vesuvio e Napoli hanno acquisito un’identità intrecciata inestricabilmente, un fato di devastazione sempre imminente e di miracoli e protezioni finora elargite, soprattutto da San Gennaro. (immagine di apertura: “L’eruzione del Vesuvio” di Joseph Mallord William Turner – da Wikipedia)
Nel 2023 è però un altro vulcano ad attrarre l’attenzione. Molto più complesso e potenzialmente letale del cugino leggendario, i Campi Flegrei sono un vulcano caratterizzato dal rilascio di gas (le fumarole), e dal bradisismo cioè il lento sollevamento o abbassamento del suolo (accompagnato anche da terremoti). Nel mese di agosto l’area è stata interessata dal fenomeno degli sciami sismici, cioè microscosse ad altissima frequenza e anche terremoti a relativamente bassa intensità. Ad esempio, ci sono state 115 scosse in 15 ore il 18 agosto e un terremoto di magnitudo 3.6, e stanno continuando in questi giorni. Mentre il Vesuvio è “fuori città”, i Campi sono nel cuore cittadino, baricentrati sul Rione Terra di Pozzuoli, l’area, che si è sollevata di 111 centimetri dal 2005, e ora sta crescendo alla velocità di 15 millimetri al mese.
Mauro Di Vito, Francesca Bianco e Carlo Doglioni dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, spiegano nell’ultimo bollettino: «I dati attualmente disponibili indicano che l’origine del sollevamento sia riconducibile ad una risalita, probabilmente pulsante, di fluidi di origine magmatica. I fluidi si generano a profondità probabilmente superiori a 6-8 km, all’interno di una vasta e articolata camera magmatica profonda presente sotto i Campi Flegrei. La quantità di gas rilasciata è ragguardevole: solo nell’area di Solfatara-Pisciarelli determina la fuoriuscita di oltre 3000 tonnellate di CO2 al giorno, in buona parte derivante dal degassamento magmatico profondo e dall’interazione del magma con rocce carbonatiche».
Nella lista dei vulcani-killer della storia solo uno è presente due volte: il Vesuvio per le eruzioni del 79 e del 1631. Fonte: https://volcano.oregonstate.edu/deadliest-eruption. Ma come si determina la pericolosità di un vulcano? Come ci si prepara ad un evento catastrofico? Domande che non hanno risposte semplici, ma che, proprio per questo, non possono essere eluse, in particolare in Italia, dove le zone vulcaniche, e sismiche, sono molto densamente abitate.
La stima della pericolosità vulcanica è un compito molto complesso. Lo stesso vulcano può generare eruzioni molto diverse, sia per dimensioni – ovvero, quantità/massa di magma coinvolto, anche riportata come “magnitudo” – che per quanto riguarda lo stile eruttivo (da effusivo fino a molto esplosivo, con tutta una gamma di esplosività intermedie). I principali fenomeni pericolosi associati all’attività vulcanica sono: flussi piroclastici, colate di fango e alluvionamenti. ricaduta di balistici, dispersione e ricaduta di cenere e lapilli, colate di lava, formazione ed esplosione di duomi di lava, deformazione del suolo, terremoti vulcanici (anche pre-eruttivi), emissione di gas vulcanici (anche pre-eruttivi), collassi strutturali e di versante, maremoti di origine vulcanica.
Napoli e zone circostanti viste dal satelliteSecondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, «La pericolosità vulcanica viene tipicamente riferita e stimata per ciascuno dei fenomeni pericolosi sopra elencati. Ad esempio, la pericolosità da colate di lava è la probabilità che una determinata regione sia interessata dallo scorrimento di una colata di lava in un determinato intervallo di tempo. La pericolosità vulcanica è una delle tre componenti che determinano il rischio vulcanico. Il rischio vulcanico, infatti, è dato dal prodotto di tre fattori: la pericolosità, il valore esposto e la vulnerabilità. La pericolosità è la probabilità che un certo fenomeno pericoloso investa una certa area in un certo periodo di tempo. Il valore esposto descrive cosa è esposto al pericolo. È dato dal numero di persone, dal numero e dalla tipologia delle costruzioni, dalla superficie di terreno agricolo, dalle infrastrutture, ecc., che sono presenti sul territorio potenzialmente investito dal fenomeno pericoloso. La vulnerabilità è la percentuale del valore esposto che si stima verrà perduto per effetto di un determinato fenomeno pericoloso».
Dal 2016, il Centro di Pericolosità Vulcanica (CPV) coordina le ricerche dell’INGV sulle tematiche della pericolosità vulcanica e promuove il miglioramento dei modelli di calcolo e delle banche dati che sono necessari alla definizione di scenari di pericolosità vulcanica a breve, medio e lungo termine. In particolare, il CPV assicura il trasferimento di questi risultati al Dipartimento di Protezione Civile (DPC) in modo da consentire l’elaborazione di strategie efficaci per la mitigazione del rischio vulcanico. I risultati di questa attività garantiscono e costantemente migliorano il funzionamento del sistema di allerta per il rischio vulcanico di una certa area.
In questa materia, il Giappone è un modello da studiare con i suoi circa 200 vulcani, di cui una cinquantina e oltre ancora attivi, come il famoso monte Fuji o il Sakurajima da sempre in costante attività. Nel 2023 è stato pubblicato il nuovo piano evacuazione per eruzione del Monte Fuji. I tre governi locali hanno comunicato alla popolazione residente le nuove direttive in caso di eruzione. La novità più importante del nuovo piano è la richiesta ai cittadini di non lasciare l’area di massimo rischio, all’ordine di fuga, con le automobili, come previsto dall’ormai datato vecchio piano, ma a piedi. Questo per evitare la congestione delle strade. Anche perché la “zona rossa” di evacuazione totale e immediata include un totale di 800mila residenti sparsi in 27 comuni. Inoltre, si è previsto di imporre la fuga dei turisti quando il rischio di eruzione del Fuji sia ancora a un livello precedente rispetto a quello che farà scattare l’evacuazione dei residenti. Il nuovo piano, inoltre, valuta che la caduta di cenere vulcanica sarà copiosa anche in un’ampia area della megalopoli di Tokyo con 9 milioni di abitanti, che si trova a circa 100 km di distanza. Una particolare attenzione è dedicata nel piano agli anziani, alle persone in sedia a rotelle e, in generale, a coloro che possono avere delle difficoltà oggettive nell’evacuazione. A essi verrà richiesto di lasciare l’area allo scattare dell’allerta di Livello 4, quando ormai i turisti saranno tutti fuori, e saranno assistiti. Le scuole e gli asili chiuderanno i battenti al Livello 3 e i bambini passeranno sotto il controllo di genitori e tutori. In generale, i residenti nella zona rossa non interessati da cadute piroclastiche/esplosioni e situati in un’area in cui l’arrivo della lava è stimato entro tre ore, dovranno andar via a piedi immediatamente all’inizio dell’eruzione. Si valuta che la velocità della lava sia più o meno quella di un pedone che cammini in un’area urbana. Ovviamente, però, chi vuole lasciare l’area preventivamente con le auto e altri mezzi, ai livelli precedenti come i turisti, potrà farlo.
Anche in Italia, è ora di aggiornare i piani. A giugno, il Comune di Napoli ha pubblicato la gara per la realizzazione dello studio del piano di esodo di Protezione Civile in caso di emergenza per rischio eruzione del Vesuvio. Il sindaco Gaetano Manfredi ha dato mandato per indire il bando e arrivare alla realizzazione di un piano di evacuazione completo per tutta la città. Occorrono studi specialistici con simulazioni di evacuazione di centinaia di migliaia di persone.
È cruciale prepararsi adeguatamente alle possibili eruzioni vulcaniche, soprattutto in regioni densamente popolate. La storia ci ha insegnato quanto devastante possa essere l’impatto di tali eventi sulla vita delle persone e sull’ambiente circostante. Il coinvolgimento di istituti come l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’implementazione di piani di evacuazione come nel caso del Giappone sono passi fondamentali per mitigare il rischio e proteggere la vita umana. Mentre non possiamo eliminare il rischio di eruzioni vulcaniche, possiamo sicuramente ridurne l’impatto attraverso una pianificazione accurata e una risposta coordinata.
«“Dudù, noi a Napoli campiamo solo di miracoli» – Totò.
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Il problema non è solo COME evacuare un milione di persone ma DOVE evacuarle!