Il diritto alla salute in carcere a Busto Arsizio si fa concreto con gli screening della Lilt
Presentata questa mattina l'iniziativa rivolta ai detenuti e agli agenti di Polizia Penitenziaria della casa circondariale di Busto Arsizio. La nuova direttrice Pitaniello: "Aperti a collaborazioni sulla salute"
La salute è un diritto garantito dalla Costituzione che va fatto rispettare anche in carcere. Lo ha capito bene la LILT varesina che è da tempo in campo per combattere la patologia oncologica in tutti i luoghi in cui le è permesso operare.
La prevenzione entra in carcere a Busto Arsizio con Lilt
Negli ultimi anni sono cresciute in modo significativo le visite e le prestazioni sia rivolte alla cittadinanza nel corso della varie campagne, sia di welfare aziendale effettuate in istituzioni e aziende del territorio. Ora la LILT – associazione provinciale di Varese – entra nella casa circondariale di Busto Arsizio con conferenze tematiche e visite specialistiche gratuite rivolte sia ai detenuti sia al personale che opera all’interno dell’Istituto.
La salute è un diritto per tutti
L’iniziativa, che ha avuto la piena collaborazione della nuova direttrice della struttura Maria Pitaniello, è stata presentata questa mattina (martedì) proprio in carcere dal presidente della Lilt Ivanoe Pellerin: «Non può mancare l’attenzione anche a quelle situazioni che non appaiono così evidenti nel contesto cittadino ma che, al contrario, sono parte integrante del tessuto sociale. Proprio per questo è doveroso rivolgere uno sguardo interessato e prudente affinché nessuno possa sentirsi trascurato o “lasciato indietro”. Nell’ampia interpretazione della prevenzione, che riaffermo con forza essere l’arma più importante per combattere il cancro, questa possibilità deve essere alla portata di tutti. Ho detto in molte occasioni di come la LILT sia presente su tutto il territorio della provincia. Ebbene, essere a disposizione anche della Casa Circondariale conferma e avvalora un nostro preciso impegno».
La nuova direttrice apre le porte al mondo esterno
A fare gli onori di casa, davanti ad un gruppo di detenuti che ha preso parte alla presentazione, la direttrice Pitaniello: «Desidero ringraziare di cuore il presidente Pellerin e la sua sensbilità per l’attenzione che la LILT ha riservato all’istituto di Busto Arsizio, una realtà che è parte integrante del territorio. Ci è stato offerto non solo un momento di informazione ma anche la possibilità di eseguire le visite gratuite a favore dei detenuti e nei confronti di tutto il personale. E’ un gesto che, oltre al valore della prevenzione nell’interesse della salute di ciascuno di noi, rinsalda i valori morali di integrazione e di sostegno».
Tra sovraffollamento, paura e poca considerazione di se stessi
La direttrice ha sottolineato come questo servizio arrivi in un momento storico complicato per il carcere di Busto Arsizio, soprattutto per il sovraffollamento: «Serve a riaffermare il valore della cura del sè per migliorare le condizioni di vita nel carcere in un momento storico difficile caratterizzato dalla piaga del sovraffollamento».
Conferenze e visite
Il percorso è iniziato con due conferenze inerenti i tumori urologici, seguiranno visite specialistiche urologiche. Questa importante iniziativa è solo il primo step di un progetto che prevede altri momenti informativi e visite di altre specialità.
L’invito di tutte le realtà istituzionali a non disertare lo screening
Alla presentazione era presente anche l’assessore ai Servizi Sociali Paola Reguzzoni che ha invitato i detenuti e gli agenti ad approfittare di questa opportunità: «So che soprattutto i maschi hanno più paura di questi screening perchè temono di scoprire qualcosa di negativo. Questo ragionamento deve essere superato, in Italia tutti hanno diritto ad essere curati e la medicina continua a fare progressi anche in questo campo».
La comandante della Polizia Penitenziaria Rossella Panaro ha sottolineato il successo che l’iniziativa sta avendo tra gli agenti: «Già una cinquantina quelli che si sono prenotati». Anche la responsabile sanitaria del carcere, Enza Iorio, parla di una prima risposta dei detenuti: «Sono una ventina quelli che si sono già prenotati per le visite del 5-6 ottobre. Sper in un effetto emulazione che allarghi la platea dei detenuti che si sottoporranno al controllo». L’invito a partecipare attivamente alla campagna è arrivato anche dal direttore dell’Asst Valle Olona Eugenio Porfido.
Il tema della fragilità psichica dei detenuti
Infine la direttrice ha risposto anche ad una sollecitazione riguardante il tema della salute psichiatrica, dopo gli ultimi casi di suicidio, aggressioni agli agenti, danneggiamenti: «Il problema del rischio suicidiario così come gli altri problemi di natura psichiatrica qui sono connessi in modo importante al problema delle dipendenze, sia quelle classiche da droga o alcol che quelle da farmaci. Da parte nostra stiamo lavorando ad una nuova normativa insieme alla parte sanitaria e a quella trattamentale per la gestione delle problematiche relative ai suicidi ma c’è bisogno di un lavoro di squadra con l’esterno: servono volontari, insegnanti, associazioni, datori di lavoro che ci permettano di implementare azioni efficaci che diano uno sbocco a queste persone».
Cosa fa la Lilt
L’impegno di Lilt nella lotta contro i tumori si dispiega principalmente su tre fronti: la prevenzione primaria (stili e abitudini di vita), quella secondaria (promozione della cultura della diagnosi precoce) e la prevenzione terziaria ovvero l’attenzione verso il malato e la sua famiglia, la riabilitazione e il reinserimento sociale.
Senza creare allarmismi è bene presentare qualche dato: in Italia quest’anno i nuovi casi di tumore stimati saranno 390.700. Nel dettaglio, la stima è di 205.000 nuovi casi negli uomini e di 185.700 nuovi casi nelle donne.
La patologia oncologica è comunque potenzialmente più prevenibile ed oggi anche più
“curabile” rispetto al passato.
A proposito di guarigione: nel 2006 i guariti erano 2 milioni e mezzo e si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, pari al 5,7% della popolazione italiana. Interessante notare che l’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020 circa 2,4 milioni, il 65% del totale e il 3,8% della popolazione, hanno avuto una diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni di persone, pari al 39% del totale, hanno ricevuto la diagnosi da oltre 10 anni, il 55% dopo 5 anni e rimane poco meno del 50% da 10 anni dalla diagnosi in poi. L’appiattimento della curva dopo dieci anni indica che i pazienti raggiungono la stessa attesa di vita di chi non si è ammalato e non muore più a causa della malattia o delle conseguenze del tumore stesso.
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