“La carenza di personale negli ospedali è drammatica ma non ci dicano che non ci sono soldi”

In apertura di congresso, il primario di chirurgia di Cittiglio Rausei elenca i gravi problemi e le contraddizioni di un sistema in grave affanno

Ospedale del ponte

Carenza di personale, difficoltà in corsia, scarso appeal tra i giovani. Sono questi i principali problemi che gli operatori sanitari stanno affrontando nelle aziende pubbliche. Nemmeno la notizia di un accordo per il nuovo contratto dei medici ospedalieri sembra migliorare il clima che si respira.

Le difficoltà sono state ricordate venerdì scorso, 6 ottobre, durante il congresso organizzato dall’Unità operativa di chirurgia di Cittiglio e Angera della Sette Laghi.

In apertura dei lavori, il primario dottor Stefano Rausei ha indicato le criticità che sta vivendo il servizio sanitario pubblico e le contraddizioni del sistema.

« il 28 settembre scorso è stata firmata la preintesa sul nuovo contratto collettivo dirigenti sanità con l’apparente soddisfazione di tutte le parti in causa. Credo, però, che mai come in questo momento noi medici, voi infermieri, così come tutto il personale sanitario, abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce. …

La drammatica carenza del personale, nonché la mancanza di vocazione per alcune specialità mediche (tra le quali molte delle chirurgiche) e ormai anche per le qualifiche infermieristiche ancora non è stata in grado di sensibilizzare chi, ad ogni livello, potrebbe quantomeno iniziare a produrre un cambiamento al fine di rendere più di appeal le nostre professioni.

Non si dica che non ci sono i soldi. È vero che secondo la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza del 2023 è previsto che il rapporto per l’Italia tra spesa sanitaria e PIL attualmente al 6.6% nel 2026 scenderà al 6.1%, ma, secondo le fonti del Ministero della Salute, le risorse straordinarie per l’attuazione del PNRR e il rinnovamento della sanità pubblica italiana oggi in fase di investimento superano i 20 miliardi di euro. E il rinnovamento della sanità pubblica, in qualsivoglia modo lo si declini, non può prescindere dal personale sanitario.

Non si dica che non si possono superare gli esistenti vincoli legislativi, quando per la pandemia siamo stati abituati ad ogni tipo di disposizione emergenziale, immediatamente attuativa. E addirittura, per quanto ci riguarda, hanno consentito l’assunzione dei medici in formazione fin dai primi anni del loro percorso specialistico.

E non si dica che non siamo in una situazione di emergenza per il nostro SSN.

Pochi giorni fa quindi abbiamo scoperto che il nostro nuovo contratto stabilirà solo un minimo incremento retributivo e soltanto il riconoscimento del diritto al riposo e al recupero di tutte le ore in eccedenza accumulate.
Ma se numericamente ci riduciamo e non vi sono prospettive di un sicuro ricambio, come sarà possibile recuperare quelle ore?

E ancora, perché dobbiamo tollerare la convivenza con le cooperative nelle nostre stesse aziende, che si trovano costrette a riconoscere un valore decisamente diverso all’ora lavorata in orario di un suo dipendente rispetto a quella di un professionista ospite, preso a cottimo, e che per l’azienda stessa non nutre granché interesse?

Perché, in ultimo, non si trova conforto neanche nell’eliminazione del penale dalla responsabilità professionale di noi sanitari o quantomeno nell’introduzione di dissuasori del facile ricorso al contenzioso medico-legale?

Eppure, nell’attesa che queste domande almeno smuovano l’interesse necessario, dovuto e ormai improrogabile da parte di chi ci governa e rappresenta, oggi noi medici, voi infermieri, così come molti altri professionisti della salute, siamo qui, numerosi, a parlare di protocolli che hanno come obiettivo quello di migliorare la sicurezza delle cure e addirittura di rendere costoefficace la gestione chirurgica del paziente, che rimane sempre e comunque al centro della nostra attenzione».

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Pubblicato il 09 Ottobre 2023
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