Nel processo Aspem reti in aula a Varese ricostruiti i lavori al Lido Schiranna

Sentito il padre del titolare della ditta che ha eseguito le opere nelle difficili condizioni in cui sono state portate a termine le ristrutturazioni delle solette nell'immobile delle pèiscine. La conferma: “Abbiamo versato soldi ad Agorà”

tribunale

La ditta “Sciretta“ che si è occupata delle ristrutturazioni al Lido Schianna di Varese sette anni fa, ha inviato soldi nei conti di Agorà, associazione politica varesina che gravitava nell’area di Forza Italia. Un fatto noto, ma che è stato ribadito nel corso dell’udienza di giovedì dinanzi al Collegio di Varese nel quale sono stati affrontati ancora una volta i labirintici – fino a un certo punto – percorsi che si addentrano nelle mappe datate oramai a qualche anno fa riferibili ai legami fra politica, potere e affari nel Varesotto, in particolare nel capoluogo.

Un processo che, come si ricorderà, vede imputate tre persone per la verifica delle eventuali responsabilità penali relative alla gestione delle piscine della Schiranna (di proprietà comunale) e sulle condotte imputabili all’amministratore unico di Aspem Reti srl Ciro Calemme (committente dei lavori al comparto piscine e vice presidente di Agorà – «ma non al tempo dei fatti contestati 2014-2016», specifica il diretto interessato – , movimento gravitante nell’area politica di Forza Italia che faceva capo a Nino Caianiello), al direttore dei lavori Giacomo Battiston e all’imprenditore/esecutore di alcuni lavori di ristrutturazione Matteo Sciretta, titolare dell’omonima ditta di lavorazioni edili.

Erano corrette le assegnazioni per le opere di ristrutturazione dei fabbricati in riva al lago di Varese? E gli importi pagati erano conformi alla qualità dei lavori svolti? Fra i testi messi all’indice delle difese ha di certo spiccato oggi la figura di Gerardo Sciretta, padre del titolare dell’impresa, di fatto factotum dell’azienda tanto da coordinare il lavoro dei due – tre dipendenti che si sono alternati nelle lavorazioni, fra la primavera e l’inverno del 2016 per consolidare le solette dell’immobile. «Un lavoro disumano», ha spiegato il teste, «pesantissimo, scomodo poiché abbiamo dovuto lavorare sdraiati, e con una panchetta sotto la testa per martellare i manufatti deteriorati, spazzolare il ferro dalla ruggine delle travi e sostituire diversi travetti metallici ammalorati dal tempo. Questo per la gran parte del lavoro svolto che solo in minima parte ci ha consentito di lavorare a ritmi sperditi e in piedi», ha spiegato il lavoratore assunto nella ditta del figlio, poi chiusa «per mancanza di lavoro».

Un lavoro di corretta fattura, senza che nessuno, né il Comune, né il nuovo amministratore unico di Aspem reti Srl subentrato a Calemme avesse da ridire, ha sottolineato, senza venire contraddetto, uno dei difensori, l’avvocato Alberto Zanzi.

Ma quali erano i legami fra gli Sciretta e Calemme? Anche in questo caso è arrivata dal teste la risposta. Cioè si «conoscevano da anni», tanto che erano stati assieme ad un viaggio a Bruxelles, viaggio immortalato in una foto con l’europarlamentare azzurra Lara Comi, fotografia riprodotta in aula e mostrata al teste Gerardo Sciretta dall’avvocato di parte civile (Comune di Varese) Marco Lacchin: «Sì, sono stato a Bruxelles, a visitare istituzioni della Comunità europea», ha spiegato il testimone al quale è stato domandato se anche Nino Caianiello (allora dominus di Forza Italia in provincia di Varese) fosse stato dipendente della Sciretta e la risposta è stata positiva: «Sì, l’abbiamo assunto per pochissimo tempo poiché avevamo in programma di prendere dei lavori in una centrale Snam in provincia di Vicenza. Ci serviva una consulenza, e abbiamo pensato a Nino Caianiello, che poi non ha proseguito a lavorare con noi, visto che la commessa è sfumata, abbiamo deciso di non eseguire il lavoro».

Sempre il difensore Lacchin ha poi chiesto conto di alcuni fogli trovati nel corso di una perquisizione della Finanza negli uffici della “S.G. di Sciretta Matteo“ con diciture abbastanza chiare, che non si prestano a difficile interpretazione: «Versati partito bruto 5.000», e «bonifico partito euro 6.000», cifre di una contabilità appunto posticcia, su fogli di carta che attesterebbero i pagamenti ad Agorà e vergati con la grafia della moglie di Gerardo Sciretta, che si occupava della contabilità dell’impresa artigiana.

Domanda della Parte civile: «Perché Sciretta versava soldi ad Agorà?». Intervento del giudice: «Domanda non ammessa».

Prossima udienza: 21 dicembre, quando in aula parlerà Ciro Calemme (peraltro presente in aula anche nell’udienza di oggi, come sempre dall’inizio del processo).

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Andrea Camurani
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Pubblicato il 16 Novembre 2023
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