Da Dadamaino ad oggi, al Maga di Gallarate tre nuove mostre alla scoperta dell’arte contemporanea
Fino alla prossima primavera allestiti tre diversi percorsi, partendo dall'artista d'avanguardia "allieva" di Fontana fino ad arrivare a più recenti ricerche di Michele Ciacciofera e Giovanni Campus

Avanguardie e nuove tendenze protagoniste al Maga, il Museo d’Arte Gallarate, dove aprono tre nuove mostre, allestite nell’ambito del progetto ‘Italia 2050. Centro di ricerca per l’arte italiana 1950-2050′, che ha l’obiettivo di conservare e valorizzare il patrimonio artistico dal secondo dopoguerra ai nostri giorni.
Le tre esposizioni: ‘Dadamaino 1930-2004’, ‘Condensare l’infinito’ e ‘Tempo in processo. Rapporti, misure, connessioni’, visitabili dal 17 dicembre al 7 aprile 2024.
Questa nuova stagione è stata presentata dal presidente del Maga, Angelo Crespi, alla presenza dell’assessora alla cultura di Regione Lombardia Francesca Caruso e dell’assessora alla cultura del Comune di Gallarate Claudia Mazzetti. Nuovo allestimento alla conclusione di «un anno fantastico, un anno incredibile iniziato con la mostra di Andy Wahrol» ha detto Crespi, prima della presentazione dei tre singoli percorsi espositivi al museo di via De Magri a Gallarate.
L’assessora regionale Francesca Caruso ha sottolineato il contributo di Palazzo Lombardia (70mila euro) per un intervento importante: «Si tratta di un progetto ambizioso, il compimento di un lungo lavoro che il Maga ha sviluppato sin dalla sua nascita. La finalità, grazie anche al supporto di Regione Lombardia, è custodire il passato e impegnarsi a trovare possibili chiavi di lettura per interpretare il presente e immaginare il futuro del patrimonio artistico».

Rispetto ad un artista pop (nel senso originale del termine), le nuove mostre portano alla scoperta di lunguaggi dell’avanguardia meno noti al grande pubblico. In questo senso Claudia Mazzetti ha richiamato la funzione di un museo, che è «conservare ma subito dopo esporre, aprire a tutti»: è su questo che abbiamo lavorato in questi anni».
Dadamaino al Maga di Gallarate
La retrospettiva dedicata a Dadamaino (Edoarda Emilia Maino, 1930-2004), una delle maggiori protagoniste dell’avanguardia del secondo Novecento, curata da Flaminio Gualdoni, realizzata in collaborazione con l’Archivio Dadamaino, con il supporto di Galleria Arte Martinelli (Lodi, Miami Beach), ripercorre attraverso 80 opere le tappe fondamentali della carriera dell’artista milanese, partendo dall’esordio della sua ricerca sulla pittura monocroma e sulla superficie spaziale della tela, avvenuto alla Galleria Prisma nel 1959, anno in cui Dadamaino abbandona l’informale per adottare quelle formulazioni astratte che caratterizzeranno tutta la sua evoluzione creativa.
La rassegna prende avvio con l’importante ciclo dei Volumi, tele monocrome aperte su grandi perforazioni. È proprio nel 1959 che viene presentato il primo Volume, nella collettiva La donna nell’arte contemporanea alla Galleria Brera a Milano, che da subito rivela l’influenza di Lucio Fontana sul lavoro e sulle riflessioni concettuali ed estetiche di Dadamaino.
La prima sezione della mostra mette in dialogo la serie dei Volumi, realizzata tra il 1958 e il 1960, e quella dei Volumi a moduli sfasati, prodotta nei primissimi anni sessanta, con le opere della collezione del MA*GA di Lucio Fontana, Enrico Castellani e Piero Manzoni, Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Enzo Mari, Getulio Alviani, Alberto Biasi.
Il contrappunto visivo mette in luce l’importanza che ebbe per la ricerca di Dadamaino la frequentazione della compagine avanguardistica che si concentrava a Brera nel passaggio tra gli anni cinquanta e sessanta. Dadamaino espone infatti alla galleria Azimut di Milano dove, oltre ai fondatori Enrico Castellani e Piero Manzoni, incontra i protagonisti di una tranche significativa di quella che può ben considerarsi “la nuova concezione artistica”, come titola il secondo numero della rivista “Azimuth”.
L’affermazione di Dadamaino sulla scena artistica italiana prosegue negli anni sessanta con la collettiva Arte Programmata del 1962 alla Galleria La Cavana di Trieste, che definisce il suo passaggio dalla ricerca spaziale sulla tela intagliata a uno studio sul colore e sul segno come elemento ottico visivo.
Il successo arriva anche a livello internazionale quando, tramite Lucio Fontana, Dadamaino viene invitata a esporre alla mostra Nul allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1962, che metteva insieme grandi esponenti della ricerca visiva come Arman, Enrico Castellani, Piero Dorazio, lo stesso Lucio Fontana, Yayoi Kusama, Heinz Mack, Piero Manzoni, Henk Peeters, Otto Piene, Francesco Lo Savio, Jef Verheyen, Herman de Vries.
L’iniziativa al Maga segue lo sviluppo cronologico della ricerca di Dadamaino con il ciclo su cui l’artista si concentra tra il 1963 e il 1965: si tratta degli oggetti e dei disegni ottico cinetici frutto degli incontri con gli artisti del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) di François Morellet, con cui partecipa alle rassegne di Nouvelle Tendance. Anche in questo caso, in mostra le opere di Dadamaino dialogano con i protagonisti delle ricerche ottico e visuali presenti nella collezione del Museo MA*GA: Grazia Varisco, Enzo Mari, Davide Boriani, Bruno Munari, Getulio Alviani, Gianni Colombo, Nanda Vigo.
Per l’occasione sarà riproposto al pubblico, dopo il restauro, l’ambiente Spazio elastico di Gianni Colombo del 1967, parte della collezione permanente.
Il percorso espositivo sfocia poi negli anni della maturità della poetica di Dadamaino, ove spicca l’installazione di carte di vario formato dal titolo I fatti della vita, proposta per la prima volta da Galleria Grossetti a Milano nel 1979 e successivamente, nella sua più grande estensione di 461 carte, nella personale alla Biennale di Venezia nel 1980.
La mostra si completa con le tele con lettere dell’Alfabeto della mente, e la gigantesca opera Il movimento delle cose, lunga trenta metri, su cui si svolge la “scrittura” di Dadamaino e che fu presentata in una sala personale alla XLIV Biennale di Venezia del 1990.
Catalogo Nomos Edizioni, con testi di Flaminio Gualdoni ed Emma Zanella.
La mostra di Michele Ciacciofera al Maga di Gallarate
Condensare l’infinito, è il titolo della personale di Michele Ciacciofera (Nuoro, 1969), curata da Alessandro Castiglioni, realizzata col supporto di BUILDING, che presenta un progetto che evoca i viaggi dell’artista che, dalla Sardegna, percorrendo l’arco alpino, giungono in Bretagna e infine in Scozia, alla ricerca di quelle forme archetipiche che sono alla base di culti e identità di popoli che tramite pratiche scultoree arcaiche aspiravano a creare un dialogo tra la terra e il cielo, tra l’umano finito e l’assoluto infinito. L’esperienza diretta dei luoghi e soprattutto la loro interiorizzazione da parte di Ciacciofera sono fattori fondanti per la realizzazione dell’opera d’arte.
Dopo la tappa al MA*GA, la rassegna verrà accolta, nella seconda metà del 2024, dal Centre d’Art Contemporain Passerelle a Brest, in Bretagna.
La rassegna, che prende la forma di una installazione ambientale, è suddivisa in tre partizioni, ricreando nello spazio espositivo del MA*GA degli allineamenti scultorei, come nelle regioni dove insistono i menhir.
In un dialogo poetico si confrontano forme verticali tridimensionali con installazioni orizzontali o ancora con opere pittoriche o sonore, capaci nell’insieme di rievocare tanto il culto delle acque caro al Mediterraneo quanto quello sacrale delle pietre, in un grande inno alla natura a cui complessivamente il lavoro di Ciacciofera è rivolto.
Il percorso espositivo al MA*GA si conclude con una installazione site-specific in ceramica e muschio naturale in dialogo con una opera pittorica, sotto forma di trittico, che rimanda alla mostra ospitata da BUILDING TERZO PIANO a Milano e curata da Angelo Crespi, in programma dal 16 gennaio al 17 febbraio 2024 e si completa con la sezione allestita all’interno delle Vip Lounge del Terminal 1 dell’aeroporto di Milano Malpensa, dove si potranno ammirare delle sculture murali Janas Code emblematiche della produzione di Ciacciofera. Ritmate da linee perpendicolari che evocano gli assi dello spazio e del tempo che, intersecandosi, ne formano il reticolo, queste opere sono create a partire da un materiale di costruzione, a cui viene attribuita una nuova significazione, ma la cui funzione originaria di supporto è preservata.
A corredo una monografia Johan & Levi editore.

La mostra di Giovanni Campus al Maga di Gallarate
La personale di Giovanni Campus, curata da Emma Zanella, mette in luce l’ultimo impegnativo progetto dell’artista sardo (Olbia, 1929), iniziato alla fine del 2020, che ruota attorno alla pratica del disegno che fin dai primi lavori degli anni cinquanta accompagna la sua ricerca teorica, artistica e persino la quotidianità.
Il disegno infatti è per l’artista un percorso esperienziale poetico il più delle volte autonomo, capace di portare la progettualità sulle soglie del limite, in una dimensione marcatamente speculativa.
In questo ultimo ciclo in particolare, il disegno a china, per propria natura lento e meditativo, è una riflessione sul senso globale del lavoro nella sua temporalità e consequenzialità.
In ogni immagine, in ogni foglio c’è infatti un prima e un dopo che si collegano con le fasi di ricerca dell’artista dagli anni sessanta fino alle ultime recenti opere. Campus mette in pratica una operazione di attraversamento della propria storia, dei passaggi fondamentali, dei lavori più complessi e anche più intimi per indagare con lucidità la dimensione temporale del fare e del pensare l’arte.
Questo focus dedicato a Giovanni Campus nasce in occasione della recente e importante donazione di un fondo di dieci opere scelte dall’artista per la collezione permanente del Maga.
Come parte dell’attività istituzionale del Maga le iniziative sono sostenute in qualità di main partner da Ricola, SEA Aeroporti di Milano, Missoni, Saporiti Italia; special partner: Banca Generali Private; partner: Lamberti; supporter: Camal – le vie del cotone, Engel & Völkers.
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