Borghesia, anarchia, alcolismo e Poesia. Il canto popolare di Fabrizio De André
Nasceva in questi giorni del 1940 uno dei più grandi cantautori italiani del Dopoguerra. Un libro di Luigi Viva racconta la sua vita
Nasceva in questi giorni del 1940 uno dei più grandi cantautori italiani del Dopoguerra. La Premiata Forneria Marconi, meglio nota come PFM, è un gruppo rock ancora oggi attivo che a partire dal 1978 contribuì notevolmente al successo del cantautore genovese. PFM ricorderà De André in un grande evento al Teatro di Varese il prossimo 20 aprile.
Il punto di partenza è che De André fu figlio del prof. Giuseppe De André, un personaggio molto noto a Genova, città della quale fu anche vicesindaco repubblicano negli anni Cinquanta, diventando poi un importante e ricco manager nell’industria dello zucchero. Fabrizio De André fu dunque anzitutto un giovane e ricco borghese, ma anche un anarchico e scapestrato etilista, che subì molto il confronto personale sia con il padre che con il brillante fratello Mauro. A scuola non andava male, era uno studente medio, ma a volte aveva dei momenti di completa estraneazione, nei quali viveva in un mondo tutto suo. Si accompagnava poi spesso con un casinaro sboccato, benché ottimo studente, tale Paolo Villaggio, destinato ad una brillante carriera comica nei film di Fantozzi a partire dal 1975.
Ad ogni modo la famiglia non fu mai troppo severa nei confronti del figlio ed il padre lo assecondò anzi agli inizi della sua carriera artistica, diventando cofondatore della casa discografica Karim, la prima a pubblicare i dischi di Fabrizio De André. L’unico momento nel quale i familiari cercarono di limitare la vita sregolata del secondo erede fu quando vennero a sapere che Fabrizio si era fidanzato con Anna “la gorilla”, una prostituta di Genova nota per la sua folta peluria.
Fabrizio De André è stato un artista completamente fuori dagli schemi, un ‘superuomo’ che nel XXI secolo potrebbe forse trovare un alter ego, non culturale ma certo umano, in Vasco Rossi, cantautore al quale Faber si sentì da subito molto legato. De André era un personaggio che andava contro tutto e tutti, eppure in questo suo percorso controvento esprimeva una straordinaria poesia, un’umanità così pregnante da andare oltre qualunque morale e persino oltre la musica, sublime, che accompagnava i testi. C’è stata nelle sue canzoni una grande tenerezza, come ne La canzone di Marinella (lanciata da Mina nel 1967) ma egli seppe mettere in poesia anche temi tabù come la prostituzione in Via del campo e in Bocca di rosa o la vita carceraria in don Raffae’; vennero affrontati anche argomenti a sfondo filosofico o sacro come ne Il pescatore o in Si chiamava Gesù, un disco quest’ultimo al quale si potrebbe dare un’interpretazione blasfema e che invece venne apprezzato e trasmesso dalla Radio Vaticana. Altro vinile celeberrimo fu La guerra di Piero, quello dei “mille papaveri rossi”.
Poco noto è anche quanto De André sia stato dissacrante, anarchico e contraddittorio persino con se stesso. Si pensi che a suo tempo ebbe uno scambio epistolare dal carcere con il boss della camorra Raffaele Cutolo, del quale aveva apprezzato sinceramente alcune poesie. E’ storia inoltre testimoniata che l’autore di Marinella si impegnò, durante una delle sue notti insonni, con l’aiuto fattivo di Tonino Bozzi (noto libraio genovese) in un irrefrenabile arrangiamento pornografico del suo disco più famoso il quale, a causa del successo ottenuto, aveva finito col dare di sé un’immagine perbenista che doveva essere contraddetta. E così fu.
Fabrizio De Andrè morì a Milano, a Città Studi (il posto giusto per un uomo col suo fermento culturale) nel gennaio del 1999. Fu stroncato probabilmente dal vizio del fumo, che aveva sostituito l’alcool dopo la promessa di smettere fatta al padre sul letto di morte, nel 1985.
Scheda libro: Luigi Viva – “Non per un dio ma nemmeno per gioco. Vita di Fabrizio De André” – Feltrinelli – 2023
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