Chiesto il rinvio a giudizio per madre e figlia, educatrici del nido privato di Buguggiate
Nei guai le due donne colpite da misura cautelare a seguito di indagini partite da una segnalazione interna. Venti le parti civili. La Procura: “Condotte accertate consistenti in aggressioni verbali, urla e percosse"

Il reato è tristemente diffuso (anche se, è bene specificarlo, è solo contestato visto che siamo ancora nella fase della fine delle indagini preliminari) e si tratta del maltrattamento in famiglia che per esteso, giuridicamente, si applica anche a chi ha responsabilità su persone che necessitano di assistenza o minori. Proprio come quanto ipotizzato dalla Procura di Varese per madre e figlia che operavano in una struttura per l’infanzia di Buguggiate che sono state colpite nel 2022 dalla misura cautelare dell’obbligo di dimora in un comune diverso da quello dove è posizionato il polo per l’infanzia (bimbi molto piccoli, in tenera età. Foto di repertorio).
In questo momento il procedimento a carico delle due educatrici ha fatto un passo avanti che consiste nella richiesta di rinvio a giudizio presentata dai magistrati che verrà discussa nel corso della prossima udienza del 7 marzo dove compariranno anche i legali che hanno raccolto le posizioni delle parti offese, una ventina di bambini i cui genitori chiederanno di essere ammessi come parti civili.
Soggetto attivo in questa partita è stata l’associazione varesina «Articolo3» che si è fatta promotrice dell’assistenza a queste famiglie affidando il coordinamento legale della vicenda all’avvocato Andrea Brenna che patrocinerà la maggior parte dei genitori, assieme alle colleghe di studio Francesca Panajia, Evelyn Cugnasco e Caterina Monestier.
Le telecamere posizionate dal Reparto operativo dei carabinieri e dell’aliquota territoriale di Azzate all’interno della struttura avrebbero ripreso importanti elementi di prova che sono – come avviene nella maggioranza di casi analoghi – importanti elementi di prova che verranno apprezzati durante il dibattimento. L’inchiesta, spiegano i legali, è nata a seguito di una segnalazione interna alla struttura. La Procura, ai tempi, parlò di «condotte accertate consistenti in aggressioni verbali, urla e percosse»
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