Dice “sei un gorilla” alla moglie incinta, poi botte e violenze: chiesti 12 anni
L’uomo in aula ammette le responsabilità “ma solo per qualche schiaffo, per il quale chiedo scusa”. La sentenza il 9 luglio
Prima “semplici” spintoni, poi frequenti litigi, manie di controllo, richieste continue di giustificazioni legate a conoscere con precisione gli spostamenti della moglie.
Situazione talmente grave che la donna, di origini straniere, nordafricane come l’imputato a processo per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, aveva le valigie pronte: “Non ce la faccio più”, aveva confidato alla ginecologa durante i controlli preventivi al parto. Poi altre violenze, fisiche, anche di fronte alla figlia di tenera età, oltre agli abusi sessuali, ai rapporti violenti, e pretesi.
Una ricostruzione fatta dal pubblico ministero in aula al termine del processo. “Ho sbagliato, sono qui per pagare, ho alzato la voce e ho dato qualche schiaffo ma non l’ho mai obbligata a subire rapporti sessuali”, ha detto l’imputato rilasciando spontanee dichiarazioni in aula, al termine delle quali le conclusioni della pm sono state lapidarie: richiesta di condanna a 12 anni di reclusione considerate le aggravanti contestate (in particolare la violenza assistita da parte della bambina). Una posizione condivisa dalla parte civile che ha nelle sue conclusioni raccontato i retroscena delle vicende contestate: “La chiamava gorilla per le dimensioni della signora a causa della gravidanza, non le permetteva di truccarsi, ha abusato di lei sessualmente, e con la forza”; alla luce di questi elementi il difensore ha chiesto al tribunale di quantificare il danno.
Il difensore ha parlato di un periodo di grave frustrazione dell’uomo in cui sono avvenuti i fatti, ammessi dall’imputato: “I maltrattamenti ci sono stati, ha distrutto la sua famiglia”, ma “ha negato di aver commesso la violenza sessuale, è sempre stato rispettoso della moglie sotto questo profilo e nessuno dei ben 7 testimoni sentiti nel corso del processo hanno fatto riferimento ad abusi sessuali”. Per questo il difensore ha chiesto la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestato per il reato di maltrattamenti e l’assoluzione per l’imputazione più grave. La sentenza il 9 luglio.
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