I Lynyrd Skynyrd ritornano col secondo album e con un pezzo clamoroso: Sweet Home Alabama
Insieme a Free Bird, che era sul primo disco, diventerà il brano simbolo della band.

Passare da una copertina con il gruppo in stile “gang di strada” a una tutta colorata con tanto di foglie di Cannabis sembrava un po’ emulare gli Allman di Brothers and sisters (anche se già Eat a peach era molto psichedelica). Ma a ben guardare nel caso dei Lynyrd non ci fu quella leggera svolta: forse la differenza rispetto al loro primo disco sta in una maggiore cura rispetto a quel suono tutta energia che li aveva lanciati. Certo comunque che questo disco, sebbene tutto di ottima qualità, verrà per sempre associato allo strepitoso pezzo di apertura: quella Sweet Home Alabama a cui avevo accennato presentando Harvest di Neil Young. Quest’ultimo aveva parlato male delle tendenze razziste del sud in Alabama e Southern Man, e loro qui gli rispondono di girare alla larga visto che non han bisogno di lui. Ma la questione era ambigua perché anche loro tra le linee criticavano il governatore – “Boo Boo Boo” dopo la parola governor – ed alla fine con Neil diventarono amici e rispettivi fans. Come dicevo, però, non fermatevi al primo pezzo: c’è ancora il grande Al Kooper alla produzione ed il disco è uno dei migliori del Southern Rock.
Curiosità: a parte tutte le polemiche del caso, è curioso notare che dei tre autori di Sweet Home Alabama – Ronnie Van Zandt, Gary Rossington e Ed King – nessuno era dell’Alabama! Van Zandt e Rossington erano di Jacksonville in Florida, dove si formò il gruppo, mentre King era californiano.
La rubrica 50 anni fa la musica
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