Santino Bosoni, «Ricordo ancora quando le bombe distrussero Masnago»
Durante i bombardamenti dell'aprile 1944, Santino perse suo padre Severino Bosoni. Nel suo racconto, la memoria viva di quei giorni dolorosi
L’allarme che suona nel cuore della notte, la fuga nel bosco, le bombe che illuminano il cielo come se fosse già giorno e, il mattino dopo, la scoperta peggiore. Nato a Casciago nel 1933, Santino Bosoni è il figlio di Severino Bosoni, una delle vittime dei bombardamenti di Masnago dell’aprile 1944, ed è tra i pochissimi testimoni che ancora oggi conservano la memoria dolorosa di quei giorni.
Il primo bombardamento
La notte del primo bombardamento, quella tra sabato 1 e domenica 2 aprile del 1944, Severino aveva 11 anni e si trovava a letto nella casa delle corti di via Trieste, dove viveva insieme alla sua famiglia. «All’improvviso – ricorda Santino – mia madre entrò in camera urlando che dovevamo scappare perché stavano per bombardare. Uscimmo immediatamente di casa insieme alle mie due sorelle e cominciammo a correre fuori dal paese, verso gli alberi. Durante il bombardamento il rumore era assordante, eravamo circondati dalle esplosioni, le bombe illuminavano a giorno il bosco. Finito il bombardamento, ritornammo a Casciago, dove trovammo gli altri abitanti. Nessuno di loro si era fatto male. Mancava solo mio padre, ma sapevamo che si trovava fuori casa per lavoro, quindi non ci preoccupammo. Rientrammo a casa e tornammo a letto».
Purtroppo, però, il padre di Santino si ritrovò proprio in mezzo a quell’inferno. Severino era un operaio della Aermacchi e quella notte era toccato a lui fare la guardia di notte allo stabilimento insieme allo zio di Santino. L’Aermacchi produceva alcuni tra i migliori aerei da caccia italiani, ed è proprio per colpire la fabbrica di Masnago, che gli aerei alleati bombardarono la città. «Quando scattò l’allarme – racconta Santino – mio padre e mio zio cercarono subito di mettersi in salvo. Le chiavi per aprire il cancello della fabbrica erano custodite dal portinaio, al quale però mancava una gamba. Mio padre e mio zio, allora, presero in spalla anche lui e tutti e tre insieme lasciarono lo stabilimento e si rifugiarono sulla collina del Kursaal (oggi il Palace Grand Hotel ndr). Una volta lì, mio padre vide le esplosioni su Masnago, vicino casa nostra, e si mise a correre per raggiungerci. Fu lungo la strada che un’esplosione lo colpì».
La notizia della morte di Severino arrivò alla sua famiglia solo il giorno successivo. «La mattina – spiega Santino – scoprimmo che mio padre era rimasto ucciso nel bombardamento. Arrivarono a casa nostra il podestà e i carabinieri. Dissero tante belle parole a mia madre, ma non bastarono certo a consolarla. Quel giorno andai a vedere gli effetti del bombardamento. Ricordo ancora i campi di Masnago ricoperti dalle bombe inesplose».
Severino Bosoni aveva 36 anni la notte del bombardamento. Fu l’unica vittima di Casciago durante il primo attacco. Lasciò sua moglie, due figlie, il figlio Santino e sua figlia Severina, ancora in grembo, battezzata con il nome del padre che non ha mai potuto incontrare.
Un’immagine dei danni provocati dai bombardamenti del 1944 a VareseIl bombardamento del 30 aprile 1944
Se il primo bombardamento si concentrò su Masnago, quello del 30 aprile colpì anche diverse aree di Casciago. «Quella domenica – racconta Santino – stavo uscendo da messa, facevo il chierichetto, quando è scattato l’allarme antiaereo. Ci mettemmo subito al riparo, ma riuscimmo comunque a vedere il caos del bombardamento. Una bomba colpì anche la stazione di Casciago. Ricordo ancora l’edificio distrutto, i binari completamente squarciati e i corpi delle vittime coperti da un telo accanto alle macerie».
«Nelle immagini delle guerre di oggi rivivo ancora quei momenti»
Sono pochissime in Italia le persone ancora in grado di ricordare gli episodi della Seconda Guerra mondiale. Situazioni dolorose, difficili da immaginare per chi non le abbia vissute, e che ancora a 80 anni di distanza rimangono impresse nella memoria di chi c’era. «Non ci furono più attacchi aerei a Varese dopo i bombardamenti di aprile – sottolinea Santino -, ma per mesi ogni volta che l’allarme cominciava a suonare eravamo costretti a fuggire nei boschi, spaventati. Ricordo quei momenti con precisione, e ancora oggi quando in tv mostrano i combattimenti in corso in Ucraina e in Palestina è come riviverli un’altra volta».
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
lenny54 su "I miracoli del personale non bastano". Riflessioni in pronto soccorso in attesa di una sutura
mariocas su Sottopassi ancora allagati a Busto Arsizio. Perchè qualcuno ci finisce sempre dentro?
elenera su Alberi secolari? "Ecoballe, cinquant'anni fa lì c'erano campi"
ccerfoglia su Sottopassi ancora allagati a Busto Arsizio. Perchè qualcuno ci finisce sempre dentro?
Felice su Sottopassi ancora allagati a Busto Arsizio. Perchè qualcuno ci finisce sempre dentro?
Felice su Alberi secolari? "Ecoballe, cinquant'anni fa lì c'erano campi"
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.