“Mi seguiva anche al lavoro in Svizzera”, a processo a Varese lo stalker frontaliere
Chiamate, messaggi continui e pedinamenti, anche oltreconfine: l’uomo accusato di atti persecutori. “Avevo paura, un’amica dormiva con me”

Lui sposato con figli. Lei single. Una relazione, che poi viene a trovarsi in una condizione d’impasse: «O me, o lei». E alla fine prevale la scelta di troncare, ed è qui, in questo contesto, che l’uomo non accetta il distacco, e diventa ossessivo, tanto da non dare tregua alla ex, spingendosi a seguirla.
Addirittura a cercare il contatto, e a farle vedere la sua presenza pure fuori dal posto di lavoro: non importa se lei fosse impiegata in una ditta in Canton Ticino, non lontano da Chiasso, dove lui arrivava con la moto. Poi parcheggiava. E sulla sella l’attendeva, aspettava che la sua ex fidanzata uscisse per farle notare la sua presenza. Un racconto dettagliato in aula di fronte al giudice perché questa storia diventa un’ipotesi di reato – l’uomo è naturalmente da considerarsi innocente fino a prova contraria – che integra gli atti persecutori, cioè atteggiamenti che se rivolti verso un soggetto hanno il potere di modificare le abitudini.
«Condotte reiterate», dice la legge, «minacce o molestie in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». Una cornice che difatti coincide col racconto sentito in aula a Varese: «A fine luglio 2019 si era interrotta la nostra relazione, ma nonostante questo continuava a seguirmi dappertutto, fuori dal mio posto di lavoro. Mi seguiva poi fino a casa mia, a Malnate dove spessissimo si faceva trovare, specialmente nel fine settimana. Veri e propri pedinamenti: andavo all’Iper per la spesa? Lui arrivava. Uscivo dalla parrucchiera? Me lo trovavo di fronte. Poi messaggi, insulti».
Quali?, ha chiesto il pubblico ministero durante l’esame in aula della persona offesa. «Bastarda pu.., devi morire tu e tutta la tua famiglia. Avevo paura, mi diceva: “Starò sempre nella tua testa”».
Per un periodo la donna che ha denunciato l’ex, si era trasferita dalla madre in un paese vicino ma anche in questo caso l’ombra di quella relazione andata in frantumi riappariva sotto forma di particolari rumori prodotti dalle accelerazioni dell’uomo che passava non distante alla nuova abitazione della vittima.
«Era come se volesse dirmi: “Sono qui”». Nella prossima udienza verrà ascoltata l’amica della donna, che la aveva assistita facendole compagnia per qualche tempo, convivendo con lei.
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