Anticevich brilla in storia: “Un privilegio giocare per un club come Varese”
L'ala australiana si presenta con qualche parola in italiano e crede nella salvezza: "Questo gruppo vale più della classifica che ha. La pressione? Dev'essere uno stimolo per lavorare meglio"
In attesa di quello in campo, l’esordio di Grant Anticevich con addosso una maglietta biancorossa non manca di sorprendere. Il giovane lungo australiano, di passaporto croato, si è infatti presentato con qualche parola di italiano, per aver studiato la nostra lingua in patria («parlo un pochino ma mi sono dimenticato tante cose») e perché ha dimostrato di conoscere meglio di tanti altri la “collocazione” di Varese nella storia del basket europeo.
Merito delle origini (nonni croati emigrati per lavorare in Australia) e della sua esperienza tedesca lo scorso anno quando venne a Masnago – vincendo – con la squadra di Goettingen: «Ricordo che entrando qui per la rifinitura e poi per la partita alla sera si avverte il peso di un luogo importante come è questo palazzetto. Quando Varese mi ha contattato ho ripensato a quella sera, e credo sia un privilegio per me vestire la maglia di un club di così grande tradizione in Italia e in Europa».
Grant, che vestirà la maglia numero 11 e la “fascetta” sulla fronte («la indosserà anche a Varese») che lo rende particolarmente riconoscibile e originale in campo, crede nelle carte salvezza della Openjobmetis. «Ho visto la partita domenica qui al palazzetto, ho fatto qualche allenamento e penso che il record di vittorie e sconfitte non renda il merito a questo gruppo. Da parte mia proverò a mettere a disposizione le mie caratteristiche tecniche: prima di firmare ho parlato con coach Kastritis e mi sembra che il suo stile di gioco sia adatto a quello che posso fare in campo».
I rimbalzi, prima di tutto: il fondamentale che per Varese rappresenta un vero e proprio tallone d’Achille. «In difesa porto cerco di dare sostanza soprattutto a rimbalzo, cercando di prenderli ma anche di creare le condizioni perché finiscano a noi, quindi con tagliafuori e attenzioni di questo tipo. In attacco posso dare qualcosa con il mio tiro e credo di essere abbastanza tagliato per distribuire il gioco, per scegliere la soluzione migliore per muovere la palla verso i compagni».
La pressione, specie per una squadra in lotta per salvarsi, secondo Grant non deve essere presa come una situazione negativa. «Giochiamo a basket perché è quello che amiamo fare. Poi siamo anche dei professionisti e la pressione fa parte della nostra vita ma vi garantisco che si avverte sempre, che tu sia primo in classifica o che la squadra sia nelle posizioni di rincalzo. Quindi la pressione deve essere lo stimolo che ci fa lavorare sodo in settimana. L’allenatore ha i suoi dettami e credo che seguendoli tutti insieme i risultati arriveranno».
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