La Resistenza vista con gli occhi di un bambino: il racconto del varesino Aldo
Nel cuore delle celebrazioni abbiamo avuto il privilegio di incontrare e ascoltare le parole di Aldo Seregni, che il 25 aprile 1945 aveva 8 anni
Era mescolato alle centinaia di persone, di ogni generazione, che hanno festeggiato a Palazzo Estense l’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo: nel cuore delle celebrazioni abbiamo avuto il privilegio di incontrare e ascoltare le parole di Aldo Seregni, che il 25 aprile 1945 aveva appena 8 anni.
Con gli occhi del bambino che era, Aldo ha raccontato in prima persona gli eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese: «Io mi chiamo Aldo Seregni – esordisce –.Nel 1942 la mia famiglia è fuggita da Milano, con la carrozzeria dove mio padre lavorava, e ci siamo trasferiti in queste zone. Nel ’45 mio padre salì in cima a una ciminiera della ditta dove lavorava, con una bandiera alta 15 metri, e rischiò la vita per metterla, perché alcuni pioli immurati nella ciminiera erano traballanti. Ma mio padre era alpinista, per cui non c’era problema: con i moschettoni è arrivato fin lassù».
«Avevo 8 anni e mi ricordo bene quel periodo. Ho vissuto dal ’42 nel varesotto, prima a Venegono Superiore, e poi, dal ’65, dopo essermi sposato – mia moglie era di Cavagnano – ci siamo trasferiti prima a Induno, poi a Varese, dove viviamo ancora oggi, nel rione di San Fermo. Del 25 aprile 1945 non ho un aneddoto proprio mio, ricordo solo l’arrivo di mio padre quella mattina, che arrivò in bicicletta da Vigevano perché andava a prendere il riso. Eravamo in sei in famiglia e a quei tempi scarseggiava».
Con il piccolo Aldo riemerge, nei ricordi, anche l’ammirazione per il papà: «Mio padre era un antifascista della prima generazione: quando eravamo ancora a Milano, in via Mola, fu accoltellato in chiesa da qualcuno che non ricordo bene, e mia madre conservava un’immaginetta dei santi con sopra alcune sue gocce di sangue».
Ma non solo: «Nel ’43 avevo questa maestra che era una fascistona, e ricordo che venne a casa mentre io avevo l’influenza, per inveire contro mio padre perché voleva a tutti i costi che io entrassi nei Balilla. Mio padre assolutamente non volle e io nei Balilla non ci sono mai stato».
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