“Nei boschi di Castiglione Olona facevamo attività di controllo dei pusher“
Parla uno dei carabinieri coinvolti nel ferimento di uno spacciatore. Il militare non ha chiesto l’affievolimento della misura cautelare per rimanere più vicino alla famiglia. E in aula ha reso dichiarazioni per chiarire la sua posizione

Non vi era l’intenzione di rapinare, tantomeno di attentare alla vita di chi si occupava dello smercio di sostanze stupefacenti nei nei boschi di Fondocampagna, a Castiglione Olona, che lo scorso anno sono stati la cornice di un grave fatto di sangue, vale a dire il ferimento di un pusher per il quale sono stati arrestati tre militari.
Due di essi hanno fatto richiesta di affievolimento della misura cautelare in carcere e sono ad ora agli arresti domiciliari mentre il terzo, che pure avrebbe potuto richiede anch’egli i domiciliari, non ha voluto volontariamente accedervi per motivi familiari: così facendo si sarebbe dovuto allontanare, e di molto, da Varese, dove vivono alcuni suoi parenti stretti verso i quali non intende allungare le distanze. Dunque sì, il militare è ad ora detenuto a San Vittore, ma è comparso in aula qualche giorno fa per una delle prime udienze che lo ha visto parlare coi giudici per chiarire la sua posizione. Dato per scontato che l’operare fuori dai confini dell’attività di servizio non è permesso, la deposizione dell’imputato ha permesso di chiarire – dando la sua versione – cosa stesse facendo in quei boschi, ai primi di luglio del 2024.
Assistito dal suo avvocato, Fabio Fiore, il militare ha spiegato che «era in corso un’attività di controllo e osservazione verso alcuni soggetti che svolgevano attività di pusher»: così possono tradursi sommariamente, e de relato, le giustificazioni addotte a quanto avvenuto in orario notturno, fra venerdì e sabato sera (5-6 luglio ’24): coltellate al ventre di un cittadino marocchino irregolare, pure lui ora a processo per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Insomma uscite per osservazione e controllo delle attività illecite in quelle zone ritenute “calde“ per il via vai di clienti alla ricerca di coca, eroina e hascisc.
L’accusa mossa dalla Procura vede invece un quadro differente, vale a dire che i militari erano lì per compiere una rapina ai danni dello spacciatore, rapina poi finita nel sangue. Il 25 giugno la prossima udienza del processo sempre finanzia al Gup di Varese.
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