“Non ricordo di essere stato dai carabinieri”, sul filo della reticenza il processo sul metodo mafioso di Varese

Testimonianze a metà, amnesie alcoliche, analfabetismo e disagio in un corollario di situazioni surreali in un processo che vuole far luce su diversi episodi contestati che hanno a che fare con violenza e sopraffazione

aula tribunale varese

Prestiti usurai? «No no, erano amici di famiglia, anzi, devo essere grato agli imputati perché mio padre era in carcere e mi hanno aiutato economicamente in quel periodo». Minacce? «Assolutamente, mi hanno detto solo “Ti stacco l’intonaco”, ma non era una minaccia, si figuri». Botte per strada per il recupero di macchinari risultati “rubati“? «Mai successo, non ricordo nulla».

Il processo sul “metodo mafioso“ nel Nord del Vaeresotto è stato rinviato al 23 settembre per sentire i testi rimanenti in un procedimento che sembra avere dell’inverosimile, cioè quasi nessuno dei testimoni fino ad ora sentiti sembra offrire un quadro chiaro degli episodi che vengono contestati agli imputati, nemmeno venti, che gravitano intorno all’universo rinchiuso fra il Lago di Lugano e le prime vallate del Varesotto.

Eppure il capo d’imputazione è piuttosto chiaro: agli imputati del processo partito da indagini su incendi d’auto nella Valmarchirolo vengono contestati fatti specifici: botte per mancato pagamento di cocaina, aggressioni stradali per svariate motivazioni, intimidazioni a dipendenti pubblici, estorsioni. Ma nessuno ricorda.

Nell’ultima udienza un teste ha esordito con un «non so leggere» quando il presidente del collegio l’ha esortato a ripetere la formula di rito, l’impegno a dire la verità. Da lì è stato un crescendo stile patologico di amnesie, giustificazioni, estensioni letterali di natura alcolica «bevo, bevevo» tali da far dimenticare al teste anche il posto dove lavora. «Ma lei dove lavora?». «Non me lo ricordo, in Svizzera, purtroppo ogni tanto bevo», ha risposto l’uomo, 55 anni con indosso la maglia dell’impresa edile per la quale fa il piastrellista oltreconfine.

«Si ricorda di essere stato convocato dai carabinieri?». «No, no, non ricordo». Un atteggiamento che vede giudici e pubblici ministeri pazienti nel cercare di ricostruire, nel tentare di definire una prova e di valutare ogni atteggiamento. Anche quelli di chi non vede, non sente, e soprattutto non parla.

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Pubblicato il 11 Giugno 2025
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