Varese si mobilita per Gaza: cittadini e sanitari in piazza contro Teva e il massacro del sistema sanitario palestinese

L’iniziativa, promossa dal movimento BDS Italia (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), ha avuto come filo conduttore la denuncia delle violazioni sistematiche dei diritti umani e della distruzione mirata del sistema sanitario palestinese

Piazza Biroldi, davanti all’Ospedale del Ponte, è diventata ieri uno spazio di memoria, denuncia e impegno civile. Nella cornice della quinta Giornata nazionale della campagna “Teva? No grazie”, cittadine e cittadini si sono riuniti per manifestare solidarietà alla popolazione di Gaza e chiedere il boicottaggio dell’azienda farmaceutica Teva, accusata di complicità con l’esercito israeliano.

L’iniziativa, promossa dal movimento BDS Italia (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), ha avuto come filo conduttore la denuncia delle violazioni sistematiche dei diritti umani e della distruzione mirata del sistema sanitario palestinese, con particolare attenzione agli operatori sanitari assassinati, torturati o detenuti arbitrariamente.

Durante il presidio sono stati letti uno ad uno i nomi di molti dei medici, infermieri, paramedici uccisi mentre svolgevano il proprio lavoro negli ospedali di Gaza. Una lettura lenta, rispettosa e carica di emozione, interrotta soltanto dai volantini distribuiti ai passanti con le ragioni della campagna contro Teva: un’azienda che, secondo i promotori, approfitta delle restrizioni imposte da Israele all’economia palestinese e sostiene direttamente l’esercito israeliano.

Una lettera da oltre 50.000 sanitari: “Non possiamo restare a guardare”

In un mese una lettera è stata sottoscritta da più di 50.000 operatori sanitari italiani, un appello accorato e documentato che fotografa in modo crudo la devastazione del sistema sanitario di Gaza e l’uso sistematico della fame come arma.

“Abbiamo giurato di proteggere la vita umana, e non lo stiamo facendo”, si legge nel documento, che snocciola dati drammatici: oltre 1400 operatori sanitari uccisi, 686 attacchi documentati dall’OMS contro strutture sanitarie, un sistema sanitario al collasso, dove mancano letti, disinfettanti, farmaci salvavita e persino l’acqua potabile.
Le cifre sull’insicurezza alimentare fanno tremare i polsi: oltre due milioni di persone a rischio carestia, mezzo milione a rischio di morte per fame, l’80% dei bambini malnutriti e il 65% della popolazione senza accesso a acqua potabile.

L’appello: rompere i legami con chi è complice

Nel cuore della protesta c’è una richiesta chiara: interrompere i rapporti commerciali con Teva. Ma l’obiettivo è più ampio. Si chiede alla società civile e alle istituzioni italiane di assumersi la responsabilità morale e giuridica che deriva dai pronunciamenti della Corte Internazionale di Giustizia, che ha invitato gli Stati a cessare ogni forma di cooperazione che possa agevolare il genocidio in corso.

“Non possiamo restare a guardare mentre esseri umani vengono uccisi con bombe, ma anche con strumenti più subdoli: la fame, la distruzione delle strutture sanitarie, la negazione dell’aiuto umanitario”, si legge nella lettera, che chiama all’azione gli Ordini professionali, i Comuni, le Regioni, e soprattutto il governo italiano.

La manifestazione di Varese

Il presidio di Varese è solo uno dei tanti che si sono tenuti in tutta Italia, ma rappresenta un segnale forte, proveniente da un luogo simbolico: un ospedale pediatrico, proprio mentre a Gaza si continua a morire nei reparti di neonatologia e nei centri per grandi ustionati, spesso allestiti in tende improvvisate.

È da qui che si leva la voce di chi cura, di chi salva vite, ma oggi si sente impotente. Una voce che chiede non solo cessate il fuoco immediato, ma anche giustizia, verità e responsabilità. Perché – come hanno ricordato gli operatori presenti in piazza – non è più tempo di silenzio. È tempo di agire.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Giugno 2025
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