Saronno - Intervista al candidato di Partito Democratico, Socialisti, Verdi, che ha avviato anche una campagna porta a porta nelle case: “Ogni giorno sempre più vicini al ballottaggio, il centrosinistra si ricompatterà”
Porro: «Cambiare la città con otto grandi sogni è possibile»

 

Ha 53 anni e definisce la classe del ’56 come l’annata molto forte che ha per la città ha fatto molto. Luciano Porro, sposato da 25 anni, tre figli, è medico di base da vent’anni dopo specializzazione in malattie infettive e un’intensa attività negli anni ’80 a Milano come assistenza ai malati di Aids. «Poi ho dovuto scegliere – spiega - e dopo il boom della malattia e per il contatto continuo che si aveva con le persone, mi sono dedicato esclusivamente ad essere medico di famiglia». (tutti i candidati e le news elettorali di Saronno)
Cresciuto all’oratorio di via Legnani, che esiste da circa 120 anni, è orgoglioso del proprio percorso all’interno della città: consigliere comunale dall’80 al ’90 per la Dc, ha lasciato la politica prima dell’arrivo di Tangentopoli. È tornato nel ’94, facendo nascere la lista Civica di centrosinistra Costruiamo insieme Saronno, che ha portato all’elezione di Angelo Tettamanzi. Da allora è rimasto sempre attivo in politica, oggi è candidato sindaco, scelto con il percorso delle primarie all’interno del Pd, sostenuto da Partito Democratico, Socialisti saronnesi, Verdi per Saronno. La sua campagna elettorale non è fatta solo di comizi, ma anche incontri nelle case dove le persone si autorganizzano per incontrarlo e farlo conoscere ai vicini.
Sul perché non sia stata trovata un’alleanza con gli altri candidati che si riferiscono a un elettorato di sinistra o centrosinistra (Proserpio e Nappo), Porro spiega che «ci siamo incontrati più volte, abbiamo semplicemente deciso di andare ognuno per la propria strada, ma solo temporaneamente».
 
Sembra però che non si stia lottando all’interno del centrosinistra, tra candidati, per “rubarsi” voti. In caso di ballottaggio cosa accadrà?
«Noi puntiamo ad arrivare al ballottaggio. Con Proserpio e Nappo, i rapporti sia personali che come forze politiche, sono sicuramente ottimi. Abbiamo già deciso che in caso di secondo turno (e siamo sempre più sicuri che accadrà ogni giorno che passa) ci ricompatteremo e andremo uniti».
 
Passiamo al programma. La prossima amministrazione dovrà stendere il Piano di Governo del Territorio. Quale linea utilizzare?
«Il pgt è l’ultima occasione per Saronno di darsi un’identità e un futuro. In tutti questi anni non c’è stata una progettazione per il futuro della città. Si è costruito tanto e questo ha permesso di incamerare molti oneri di urbanizzazione destinati soprattutto a copertura delle spese correnti. Non c’è stata da parte dell’amministrazione comunale la capacità di intendere il ruolo del comune anche come imprenditore, di mediazione con i privati. Il comune deve portare a casa il più possibile l’interesse pubblico. Il pgt deve pensare allo sviluppo futuro, salvaguardare le aree agricole esterne e gli spazi verdi all’interno, pensare a uno sviluppo della città che sappia riequilibrare gli spazi vuoti e quelli per la cultura, per la mobilità, per il lavoro, per la socialità, per il commercio».
 
Per quanto riguarda le aree dimesse?
«Nell’insieme hanno un’estensione di 500 mila metri quadri. Non sono di proprietà del comune, e non ci sono i soldi per acquistarle. Si devono dettare però gli indirizzi. Bisogna fare un’operazione con i privati, ma, come dicevo prima, il Comune si deve fare imprenditore: mediare e portare a casa il più possibile l‘interesse per la città. L’amministrazione deve saper cogliere l’opportunità delle aree dimesse per regolare lo sviluppo dei prossimi 20-30 anni. Se il comune perde questa occasione storica, unica e irripetibile, perde il treno di poter gestire il futuro dei prossimi decenni».
 
Saronno è al centro di tre province, quasi quattro con la futura Monza. Quale identità ha oggi la città? Come consolidarla o rinnovarla?
«Saronno oggi un’identità non ce l’ha più. Forse l’aveva fino a qualche decennio fa. Oggi Saronno, proprio con l’occasione del pgt e per via della crisi economica, deve darsi un’anima nuova. La città è all’interno di un grande comprensorio e può diventare il motore trainante di tutto la zona. Non ci si può imporre in maniera egemonica ai comuni limitrofi, ma insieme a loro stabilire delle regole per lo sviluppo, dal punto di vista del traffico, dell’ambiente, delle piste ciclabili, del costruito. Essere di province diverse può essere un ostacolo, ma tra i comuni del comprensorio saronnese ci si può consorziare: se esiste una volontà si può fare presione sulle province perché nascano delle realtà locali».
 
A metà strada tra Milano e Malpensa, Saronno è diventata sempre più una città multietnica. Come affrontare questa realtà? Cosa fare?
«L’Italia e Saronno sono già realtà multietniche. Bisogna saperle governare e utilizzare in positivo le differenze che le popolazioni straniere hanno portato, prendendo il buono che c’è in queste culture. Non è una politica a favore degli immigrati, ma con i migranti. In alcune associazioni viene già fatto, anche nelle scuole. I giovani certe differenze non le colgono più. Io credo che anche l’amministrazione comunale debba coinvolgere le culture diverse, dando la possibilità di crescere insieme alla città, rendendole partecipi di alcuni percorsi comuni, anche a livello decisionale, cominciando proprio dalla scuola. L’integrazione deve diventare un’opportunità, non un ostacolo».
 
Il problema sicurezza? Come affrontarlo?
«Il coinvolgimento dei migranti deve essere applicato anche a questo. Il problema sicurezza esiste, non si può negarlo, ma i migranti, gli stranieri, coinvolgendoli maggiormente possono aiutare a risolverlo. La repressione è l’ultima strada da perseguire, si può fare molto altro, oltre all’attività di controllo di carabinieri e polizia locale, i cui strumenti vanno sicuramente potenziati e meglio organizzati. L’ideale per prevenire la questione riguardante la sicurezza è quella di andare a occupare in maniera viva e vitale gli spazi, coinvolgendo il mondo associativo, i giovani. Lo spazio Anteprima appena aperto è una buona iniziativa, ma può essere migliorata e soprattutto ampliata».
 
Palazzo Visconti è l’edificio più antico della città, distrutto da un incendio due anni fa. Oggi inutilizzato. È una priorità il suo recupero?
«È l’edificio storico laico più importante della città. Sebbene sia stato uno dei punti fondamentali della seconda amministrazione Gilli, abbiamo tutti visto cosa è successo. Se non fosse stato per l’incendio non sarebbero stati nemmeno fatti quei primi interventi sulla copertura. Secondo noi, invece, è una delle domande a cui dare una risposta. Deve diventare l’occasione di sviluppo della socialità, della cultura, dell’economia saronnese. Palazzo Visconti rientra in uno dei nostri grandi sogni per la città: una volta restaurato potrà diventare centro attrattivo capace di richiamare persone anche da lontano. Ci sono edifici che sono stati ceduti al Fai, che in passato è riuscito a recuperare edifici che sembravano persi. Sulla sua destinazione, secondo noi non deve esserci il municipio come proposto dalla Giunta Gilli. Pensiamo debba diventare un centro con contenuti di richiamo, come sale espositive, mussali, laboratori, con la possibilità di avere un centro ristoro. Un’attrazione unica per tutta la regione».
 
Ma dove trovare i fondi?
«Il comune da solo difficilmente ce la potrà fare, anche dimettendo altri stabili comunali. Si tratta di trovare la strada, come quella del Fai o di altri enti, con cui il comune si consorzia. In modo da restaurare l’edificio e trovare insieme alla città cosa metterci dentro. Non si può promettere nulla riguardo ai tempi di recupero. Non sappiamo cosa andremo a trovare nelle casse del comune».
 
Nel caso venisse eletto, quali sarebbero quindi le priorità?
«Abbiamo dei progetti, ma per prima cosa dovremo verificare le disponibilità delle casse comunali. Sembra banale dirlo, ma la prima cosa che sicuramente va affrontata sarà quella di dare risposte ai problemi di tutti i giorni, come le manutenzioni. Quello che oggi i cittadini vivono di più, e che vedono trascurati, sono proprio le strade, i marciapiedi, i giardini. Ci sono situazioni di degrado che la gente vive. Non si possono fare le grandi opere se non si parte dalle piccole cose. Altra priorità è non far mancare il sostegno alle persone in difficoltà. Se c’è da scegliere se sistemare una strada e dare da mangiare a chi è in crisi, sceglieremo sicuramente la seconda».
 
Lei ha steso un documento con gli otto grandi sogni per la città. Cosa unisce queste idee? Quale la più importante?
«Sono sogni che si sono tramutati in progetti. Sono stati stesi in base ai bisogni raccolti con i cittadini. Come ad esempio la realizzazione del parco tematico “Città dei bambini”, all’interno dell’area Isotta Fraschini. È un modo per far vivere il parco, inserendo dei percorsi didattici, di apprendimento, con diversi momenti di attrazione che i piccoli vivono diversamente, a seconda della attitudini sensoriali. Un parco vicino alla stazione e al centro storico. Quest’ultimo è un altro grande sogno: farlo diventare un “centro commerciale naturale” dove le famiglie possano passare il tempo senza doversi chiudere in una struttura anonima. Sono solo due degli otto sogni, oltre a Palazzo Visconti, alla cittadella dello sport, alla città dei giardini e della bicicletta, alla casa delle associazioni. Sono progetti tangibili che abbiamo chiamato “sogni”, ma che possono diventare realtà».
Manuel Sgarella
Mercoledi 3 Giugno 2009