Varese - Luisa Oprandi racconta le sue passioni per la scuola, il volontariato e la politica. È la prima donna a sfidare i candidati del centrodestra
"Amo Varese e la sua gente"

Sulla porta del suo ufficio è appeso un pezzo del discorso di Pericle agli Ateniesi. “Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia”. Il senso dell’impegno civile e politico di Luisa Oprandi può essere sintetizzato così.
«Dalla mia nonna ho imparato l’attenzione agli altri, la disponibilità verso gli ultimi, coloro che hanno maggiore bisogno. Per questo casa mia è sempre aperta. Da mio padre invece l’amore per il territorio, per la mia città. Quando è morto, tra le sue carte, ho trovato tre quaderni in cui aveva catalogato tutte le foto fatte in decenni di attività professionale. Lui è stato il fotografo di Varese e ha lavorato anche per La Prealpina. Così lasciò un vero patrimonio perché voleva ricostruire la storia della città attraverso le immagini. Dieci anni fa con l’aiuto di Mario Chiodetti e Roberto Genuardi ho realizzato una mostra fotografica sulla Varese degli anni ’60».

Sua mamma la chiama Betti. «Per lei sono una Betonica perché, ogni volta che usciamo insieme, mi fermo a parlare con tanta gente, e così lei sostiene che sono una pettegola, ma questa per me è davvero una passione. Amo Varese e amo la sua gente».
Luisa Oprandi ha 50 anni. È nata a Varese, per l’esattezza a Valle Olona «quasi a San Fermo, in una casa che guarda verso il Monte Rosa. La montagna e il trekking sono un’altra delle mie grandi passioni e appena posso vado a camminare. Mi piace farlo anche in città e infatti lascio sempre la macchina in periferia e attraverso Varese a piedi».

La sua formazione è tutta umanistica. «L’incontro con Suor Ludovica, la mia professoressa delle medie, mi ha fatto scattare la scelta dell’insegnamento. Dopo il liceo Classico al Cairoli, ho fatto l’Università alla Cattolica laureandomi con una tesi su Riccardo Bacchelli. A vent’anni la mia intraprendenza mi aveva portato a conoscerlo di persona e da lì iniziò una lunga frequentazione che mi permise di immergermi nella cultura».
Sono anni importanti, di grande fermento sociale. Insieme ad altri ragazzi cattolici forma un gruppo che inizia a svolgere attività di volontariato, un altro filo conduttore della sua storia. Luisa Oprandi ha iniziato a insegnare che ancora non si era laureata. Il 1991 è un anno di grande svolta per lei perché arriva al liceo Manzoni per non lasciarlo più, e nello stesso periodo si sposa. Si separa e divorzia dopo qualche anno. «Sono grata al mio ex marito per l’esperienza che abbiamo vissuto insieme. L’averla interrotta è stata dura, ma vissuta con grande rispetto per le scelte di ognuno di noi».

L’insegnamento è un elemento costante della sua vita. Come mai?
«Ho iniziato a 22 anni e da allora è stato il mio lavoro. Penso che l’incontro quotidiano con i ragazzi sia una grande ricchezza alla quale farei fatica a rinunciare. Ti obbligano a non sentirti mai a posto. Devi sempre trovare un modo per entrare in relazione con loro e ti insegnano a non bastare a te stessa. Questa esperienza mi ha formato molto e continuo a imparare molto dai ragazzi, anche dai loro silenzi o dai piccoli gesti».

Luisa Oprandi da bambinaCome era lei da piccola?
«Una peste. Sono sempre stata molto vivace. C’è una foto di mio padre che a due anni mi ritrae con il pallone dell’Inter, altra mia passione. Già da piccola amavo lo spettacolo e ho iniziato a suonare presto e a fare teatro sia italiano che dialettale. Per me il contatto con gli altri è sempre stato importante e in modo particolare con i più deboli».

Nasce da qui l’impegno nel volontariato?
«Sono cresciuta all’oratorio negli anni in cui questa era un’esperienza importante in un ambiente aperto e libero. Ho iniziato presto a fare l’educatrice degli adolescenti scoprendo la passione per ciò che ti mette in cammino. Un’altra esperienza importante è stata quella del teatro alla Nostra famiglia di Castiglione Olona. Da qualche anno sono poi impegnata nella mensa dei poveri in via Luini a Varese».

Come è arrivata all’impegno politico?
«Ho frequentato la scuola di formazione del cardinal Martini. Da lì poi il primo incarico nel consiglio di circoscrizione per conto della Dc. Poi, delusa dagli scandali di tangentopoli, ho smesso per alcuni anni, anche se sono rimasta legata ai Popolari. Quando si è avviata la formazione del Pd, nel 2007 ho accettato di entrare nel comitato promotore e ho preso la tessera. L’ho fatto perché mi piace pensare a un partito aperto, che dia spazio alla partecipazione dei cittadini. Sono convinta che la disaffezione della gente per la politica sia tutta legata a questo senso di impotenza, del non poter contare. Il Pd è una risposta positiva. Nel 2008 sono stata eletta nel consiglio provinciale».

Da qui alla candidatura a sindaco del comune di Varese il passo è lungo però, come ci è arrivata?
«Tutto è partito da un mio gesto autonomo e spontaneo. Le donne sono molto pratiche e concrete. Voglio bene alla mia città e credo nell’impegno politico, così ho scritto una lettera a otto dirigenti del partito (tutti maschi) esprimendo la mia disponibilità per candidarmi alle primarie. Da lì si è avviato tutto un iter che ha portato poi a scegliere me come candidata del partito e della coalizione».

luisa oprandi elisabetta cacioppoLa Lega governa da 20 anni e sembra con il vento in poppa...
«A me ogni ventennio suona male e preoccupa, ma a parte questo credo che Varese abbia bisogno di cambiare perché si avverte una situazione di grande immobilismo. Giro molto nelle castellanze e ascolto le persone. Appena fuori dal centro la città è abbandonata a se stessa ed è poco sicura a partire dalle condizioni delle strade e dei luoghi pubblici».

Come vorrebbe Varese?
«Vorrei una città dove chiunque possa sentirsi a proprio agio. Una città per tutti a misura di persona. La mia priorità sarà questa: dare pari opportunità a tutti. Così facendo Varese sarà più bella e più sicura».

Varese non ha mai avuto un sindaco donna...
«Se è per questo credo che non abbia mai avuto nemmeno una candidata in una grande forza politica».

Che significato ha per lei?
«Beh, per prima cosa non c’è stato bisogno delle quote rosa, anche se penso che seppur penalizzanti, in alcuni casi sia state necessarie per cambiare. Per Varese penso sia un bel segnale di cambiamento perché ci sarà uno stile diverso. I cittadini vogliono maggiore familiarità con i propri amministratori. Penso che il femminile abbia un modo diverso di guardare alle cose».

Come farà a convincere gli elettori a votare per lei?
«Amo Varese e la vivo. Posso essere ciascuno di loro e interpreto con uno spirito di servizio questo ruolo. La mia attività verrà svolta in totale trasparenza perché credo che chuinque debba poter capire cosa fanno gli amministratori. Assieme possiamo vincere e affrontare ogni difficoltà, convinta che la partecipazione sia la maniera giusta di governare la città».

Quali sono le sue passioni?
«Scrivere. Sono pubblicista e ho pubblicato su Luce, Il giorno, La Prealpina. La più grande passione però è la lettura. Leggo due, tre libri alla settimana».

Marco Giovannelli
Giovedi 31 Marzo 2011