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Gallarate - L'ex segretario cittadino del carroccio è candidato alle Regionali. Per lui anche Giancarlo Giorgetti, che difende a spada tratta la proposta del 75% di tasse al Nord
Sandro Rech, "un imprenditore per far ripartir la locomotiva"

«Meno Sprech, vota Rech». Nello slogan, Sandro Rech gioca un po’ con il cognome d’origine austriaca («Il ramo della famiglia viene da Feltre, Belluno»). Per i gallaratesi non è certo un nome sconosciuto: Sandro Rech è stato segretario cittadino della Lega Nord, ma da candidato alle Regionali preferisce presentarsi mettendo in primo piano non tanto la storia politica, quanto il percorso personale: «In lista non mi sento solo leghista ma anche un imprenditore che mette la sua esperienza per trovare la soluzione alla crisi economica del Nord, che è sempre stata locomotiva, ma oggi arranca per colpa delle scelte di Monti». Accanto a lui, all’evento di presentazione, un manipolo di fedelissimi che l’hanno affiancato fin dalla grande sfida della corsa solitaria contro centrosinistra e PdL a Gallarate, subito ricordata anche dall'onorevole Giancarlo Giorgetti, intervenuto per l’occasione. Accanto a lui c’è anche il segretario di circoscrizione Andrea Cassani, che ricorda che la persona è stata «scelta dalla base, tutti i segretari hanno espresso il suo nome. Ringraziamo Salvini e Matteo Bianchi che hanno dato ascolto al bisogno del territorio».

Rech, da maroniano lombardo, concentra l’attenzione sulla proposta del 75% delle tasse che dovrebbero rimanere in Lombardia. Picchia sullo stesso tasto anche Giorgetti: «Il 75% non è uno slogan elettorale, i nostri calcoli dicono che su 120 miliardi di prelievo fiscale, torna in Lombardia il 36%, contando altre voci di Stato si arriva al 68%. Per questo abbiamo fatto una proposta chiara e definita, senza sparare una cifra più alta: tutti sono in difficoltà a rispondere a questa nostra provocazione». Per il resto, da Giorgetti arriva la difesa dell’accordo con Berlusconi per finalità tattiche («ci serve per vincere in Lombardia»), la promessa di un «braccio di ferro con Roma e con Bruxelles», il richiamo ancora una volta anche ai temi più strettamente conservatori in altri campi: «Abbiamo fatto una scelta di campo contro amnistia e nozze gay, da noi ci saranno anche molto peccatori, ma mi sembra evidente che votando Monti si vota una deriva che apre strada allo sbaraccamento della cultura tradizionale».

r.m.
Domenica 10 Febbraio 2013