Il bullismo si combatte con l’educazione
31 Ottobre 2019
Di criminalità giovanile e di baby gang si parla sempre più spesso come fenomeno diffuso anche sul nostro territorio. Il fenomeno è legato al disagio di adolescenti che vivono molto spesso un’infanzia povera di stimoli in famiglie distratte e preoccupate per problemi legati al lavoro e che demandano un’educazione completa alla scuola.
Sono spesso adolescenti abbandonati alla vita e che dalla vita ricevono pochissimo.
Sono adolescenti delusi e incattiviti che cercano di affermarsi con la forza, rinnegando l’adulto. L’appartenenza a una baby gang fa in modo poi di annullare la responsabilità personale. Prende forma il disprezzo e l’aggressione: la rabbia diventa odio e riempie pomeriggi e serate vuote in cui il peggio diventa possibile in un perverso meccanismo di ribellione.
Anche problematiche scolastiche, come gli insuccessi, le scarse motivazioni, le bocciature e le incapacità comunicative e relazionali con gli insegnanti, possono predisporre gli adolescenti a comportamenti estremi e avvicinarli a stili di vita pericolosi.
E se le motivazioni hanno una radice sociale che si incunea nelle pieghe di una famiglia disattenta o svogliata o di una scuola impreparata a gestire fenomeni di grande aggressività e spregiudicatezza, che dal bullismo sconfinano nella delinquenza, siamo comunque tutti chiamati a fare delle riflessioni.
Insegno da 32 anni e ho conosciuto migliaia di ragazzi e pur venendo in contatto con tante realtà personali e familiari, non credo di conoscere una ricetta ma soltanto, forse, una cura preventiva che passa soprattutto per la capacità di chi educa a stimolare una socialità costruttiva e a sviluppare nei propri alunni l’empatia. I nostri ragazzi trascorrono sui “media” molte ore della loro giornata, leggono poco, non riescono a “sentire” l’altro e a provare emozioni vere. E allora è una crescita emozionale che la scuola deve favorire e insieme alla famiglia rivedere il mandato educativo che dovrebbe fondarsi su regole condivise nel rispetto delle Istituzioni, degli adulti e dei coetanei.
La famiglia dovrebbe poi ricreare un ruolo qualitativamente significativo, dedicandosi con più slancio e ritrovato fervore nell’educazione dei propri figli, rispondendo alle loro domande, lavorando sull’emozione e infondendo in essi la sicurezza di essere amati e non solo accuditi, ribadendo la propria guida in accordo con la scuola, anch’essa chiamata ad assolvere al suo mandato coniugando le esigenze dell’istruzione e della legalità.
Mariassunta Miglino, assessore alla Cultura del Comune di Saronno
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Don Bosco ritorna tra i giovani ancor, ti chiaman fermenti di gioia e d’amor…