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I cento anni del Partito democratico e i valori della Stato democratico

Berlinguer
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5 Marzo 2021

Egregio Direttore,

in occasione del centesimo anniversario della nascita del Partito comunista italiano il mio semplice intervento intende contestare culturalmente vuote e retoriche derive ultranazionaliste, razziste e xenofobe provenienti da un pericoloso e violento rigurgito dell’estrema destra neofascista e neonazista che ipocritamente sostiene un sovranismo privo di cultura per la difesa della “Patria” e della razza “ariana” contro i più deboli che lottano per difendere o per ottenere i propri diritti civili e sociali mentre nega, o comunque giustifica, l’immane tragedia dello sterminio perpetrato proprio dai nazifascisti nei confronti degli ebrei, anche italiani!

Tuttavia ritengo pericolosi per la vita democratica e per la libertà di espressione del pensiero nel nostro Paese non solo i neofascisti e i neonazisti ma anche gli integralisti dell’estrema sinistra radicale, che ancora inneggiano al terrorismo, i quali vorrebbero cambiare la società, certamente sempre più egoista e indifferente verso gli altri esseri umani in difficoltà e interessata solo all’arido profitto economico e materiale, con la violenza e non con la lotta politica!

A tale riguardo ricordo che il P.C.I., dopo la dura lotta di Liberazione contro il nazifascismo, ha sempre condannato gli estremismi e la violenza nello Stato democratico. Nell’aprile 1944 Palmiro Togliatti attuò la “svolta di Salerno” con la quale il Partito comunista, per continuare la lotta antifascista, fece un compromesso politico di unità nazionale con tutti i partiti antifascisti che facevano parte del C.N.L. entrando con lo stesso Togliatti nei Governi presieduti dal Maresciallo Pietro Badoglio, dal socialista riformista Ivanoe Bonomi, dall’azionista repubblicano Ferruccio Parri e dal democristiano Alcide De Gasperi, inoltre Togliatti impedì un’insurrezione popolare armata, evitando così un bagno di sangue pericoloso per le stesse basi civili e sociali della nostra giovane Repubblica democratica, dopo l’attentato subito nel luglio 1948.

Nell’ottobre 1977 Enrico Berlinguer, proseguendo nell’apertura ai cattolici iniziata nel marzo 1963 a Bergamo da Palmiro Togliatti sui valori comuni della pace e della giustizia sociale riconosciuti nella nostra Costituzione e trattati nel Concilio Vaticano II°, scrisse un’importante lettera al Vescovo Luigi Bettazzi in cui affermava che il P.C.I. voleva non solo costruire in Italia un partito laico e democratico, non teista, non ateista e non antiteista ma anche uno Stato laico e democratico non teista, non ateista e non antiteista. Nel gennaio 1978 Berlinguer incontrò il Presidente della D.C. Aldo Moro, evidenziando l’opportunità di una partecipazione del Partito comunista al Governo, ma la discussione politica fu vanificata dal barbaro rapimento e dal vile assassinio di Moro da parte dei terroristi delle Brigate Rosse dopo i quali Berlinguer dichiarò che «tutte le energie devono essere unite e raccolte perché l’attacco eversivo sia respinto (…) adottando tutte le iniziative e tutte le misure opportune per salvare le istituzioni e per garantire la sicurezza e l’ordine democratico».

Dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e il vile assassinio a Genova nel gennaio 1979 dell’operaio e sindacalista comunista Guido Rossa da parte dei terroristi delle Brigate Rosse anche Luciano Lama e tutta la C.G.I.L. si schierarono apertamente contro il terrorismo e contro le posizioni estremiste extraparlamentari in difesa dello Stato democratico e delle sue Istituzioni.

Karl Marx affermava che i lavoratori devono ribellarsi alle ricche classi dominanti che li opprimono e li sfruttano per ottenere l’uguaglianza e la giustizia sociale ma, dopo la sconfitta del regime fascista e la conquista della Libertà, che il popolo deve sempre difendere anche con la forza poiché mai conquistata definitivamente, è aberrante sostenere ancora la necessità della lotta armata per conquistare il potere e per imporre la propria ideologia in uno Stato democratico in cui tutti dovrebbero rispettare le istituzioni pubbliche e le regole della libera e civile convivenza e competizione politica a vantaggio del Bene comune. Lo Stato democratico non deve essere cambiato con la violenza ma deve essere riformato con la lotta politica e con la forza delle idee per garantire i diritti sociali e civili dei più deboli nei confronti dei più forti.

Colgo l’occasione per porgere i miei più cordiali saluti.

Alberto Morandi
Laveno Mombello

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